Fulvio Marcoz, la Valle d’Aosta nel cuore di un ingegnere diventato scultore e scrittore
Ingegnere di professione, scrittore per nostalgia. Si potrebbe sintetizzare così il percorso di vita di Fulvio Augusto Marcoz, aostano trapiantato a Roma per esigenze lavorative che ha conservato nel cuore l'amore per la sua terra, quella Valle d'Aosta che ne ha stimolato i ricordi e le suggestioni, sapientemente raccontati nei libri che scrive.
Suo papà Carlo, nato ad Aosta nel 1909, figlio del notaio aostano Leopoldo, era l’ingegnere che per molti anni diresse lo stabilimento della Cogne, la grande azienda siderurgica cittadina, mentre la mamma Luisa Vigliardi, nata a Morgex, anche lei del 1909, per qualche tempo aveva svolto l'attività di maestra elementare per poi dedicarsi completamente alla famiglia. Papà Carlo e mamma Luisa si erano sposati nel 1934 nella Cattedrale di Aosta.
Il nostro personaggio, Fulvio Augusto Marcoz è quindi nato il 18 giugno del 1937 proprio ad Aosta ed i primi ricordi lo riportano agli iniziali anni della sua vita: “Il mio primo fratello, Leopoldo, nato nel 1935, purtroppo venne a mancare nel 1938. Rimasi così solo io, a consolazione dei miei genitori, come mi è sempre stato ricordato in famiglia. Fortunatamente poco dopo nacquero mia sorella Adriana, nel 1939, poi mio fratello Guido, nel 1941, e la famiglia raggiunse la sua configurazione definitiva”.
“Abitavamo in una grande casa, Villa Elisa, che all'epoca si trovava in rue Saint-Martin-de-Corléans per poi passare nel tempo in via Parigi, che chiaramente ancora non esisteva, tanto che parte del grande giardino sarebbe stata inglobata nella nuova via Parigi. - rammenta Fulvio Marcoz - La casa era circondata da un vasto frutteto, che la nonna paterna Lisetta Balla curava con amore e attenzione. Se mio papà Carlo, lavorava alla Cogne, la mamma Luisa, dopo avere smesso di insegnare, seguiva la nostra crescita e aiutava la nonna nella cura del frutteto.”
Gli anni dell’infanzia, coincidenti in gran parte con quella della Seconda Guerra Mondiale, per Fulvio Marcoz sono trascorsi a Villa Elisa, “Mentre nei mesi estivi ci si spostava in una nota casa di villeggiatura in montagna, Villa Tea dei Fumasoli, che si trovava sopra Peroulaz di Pila, raggiungibile a piedi da Aosta, che poteva ospitare fino a sei famiglie. Per tutti gli anni della guerra, oltre alla nostra, cinque famiglie di colleghi di nostro papà con i figli piccoli, passarono l’estate a Villa Tea, lontani dalla città. Furono per i bambini giorni bellissimi, in grande libertà, isolati dal rumore della guerra con i padri che arrivavamo il sabato, carichi di provviste e di notizie dal mondo esterno. Si viveva come una grande comunità e ogni esperienza era condivisa. Non scorderò l’episodio dell’uccisione di una vipera sul sentiero vicino a casa e il seguente compito dato a tutti i ragazzi, ormai scolarizzati, di scrivere un componimento dal titolo “Caccia alla vipera” la cui rilettura collettiva impegnò alcune serate. Nell’ultima estate di guerra, nel 1944, passarono diverse volte dei gruppi di giovani partigiani armati che suscitavano l’interesse di noi ragazzini e la preoccupazione dei genitori che chiedevano loro, con molta ansia, notizie sull’andamento del conflitto. I giovani partigiani erano molto tranquilli e fiduciosi, convinti della prossima fine delle ostilità e del fatto di essere loro i padroni della montagna, mentre i loro avversari non si sarebbero mai mossi dal fondo valle. In realtà le cose non andarono sempre così; ci furono alcuni scontri in zona che angosciarono non poco i nostri genitori. Comunque le amicizie che si crearono tra noi adolescenti in quelle estati furono le amicizie di tutta la vita successiva.”
Con la fine della guerra, tutti si sentirono finalmente liberi e, per le vacanze estive, la famiglia Marcoz come altre famiglie valdostane, scelse altri luoghi. “Iniziò la corsa verso il mare che i ragazzi della mia età non avevano mai visto data l’estrema difficoltà degli spostamenti durante gli anni del conflitto. Dopo una prima esperienza verso l’Adriatico, il posto scelto dai valdostani divenne Alassio, in Liguria, dove si ritrovavano gran parte dei compagni di liceo.”
Appunto dopo le scuole elementari e le medie trascorse tranquillamente, gli anni del liceo furono molto intensi, pieni di curiosità e si consolidarono vecchie e nuove amicizie che sarebbero durate nel tempo. “Il Liceo Ginnasio in quell’epoca, e si parla dei primi anni Cinquanta, era il solo liceo di Aosta e raccoglieva tutti i giovani che pensavano di continuare gli studi per accedere all’università. Le classi erano solo cinque, due per il ginnasio e tre per il liceo. I professori erano conosciuti da tutti e molto preparati; il preside Pietro Gerbaz gestiva il Liceo Ginnasio in viale della Stazione come una famiglia allargata. Era il periodo della grande ricostruzione, un periodo pieno di slancio e di voglia di fare.”
La parola amicizia è sempre ricorrente nei ricordi di Fulvio Marcoz. “Il gruppo dei ragazzi del liceo aveva scelto come ritrovo un bar nella via principale di Aosta, il Petit Bar di via Jean Baptiste De Tillier, che si frequentava assiduamente per giocare a carte e per conversare. In quegli incontri si parlava della città, dell’università, degli amori, di ragazze e di sci. La passione per lo sci e la montagna restarono immutate nel tempo e, nelle domeniche invernali, l’appuntamento era sulle nevi. Allora si usciva all’alba con gli sci in spalla si raggiungeva la stazione degli autobus e a bordo di questi mezzi raggiungevamo Les Fleurs dove partiva la seggiovia per Pila. La disponibilità delle automobili private era ancora molto limitata. Gli impianti di risalita erano solo due e precisamente la seggiovia Les Fleurs-Pila e la Pila-Chamolé che erano lente e fredde. Infine si arrivava in alto sul dosso di Chamolé, dove ci accoglieva sullo sfondo del cielo la statua di un incredibile Cristo delle Nevi di legno, inchiodato sulla croce e inarcato verso l’alto in un disperato grido di dolore. Quell'opera dello scultore Mario Stuffer, che gestiva l’improvvisato bar a pochi metri di distanza, per noi era un'icona indimenticabile e potente che salutavamo prima di scendere veloci su quella che all’epoca era per tutti la pista del bosco.”
Finito il Liceo classico, sull’esempio di papà Carlo, arrivò la decisione di iscriversi a Ingegneria al Politecnico di Torino, e pieno di curiosità scelse la specializzazione in elettronica che era la novità del momento. “Ormai non andavo più al mare con la famiglia ma approfittavo dei mesi estivi per recarmi all’estero. Fu allora che su invito di un compagno di università, Emilio Maraini, passai un’estate a Tripoli, dove era nato, ospite dei suoi genitori. Era il 1957, il paese era governato da una monarchia filoccidentale e molti degli italiani della nostra ex colonia erano rimasti, anche se il clima politico stava deteriorandosi. Trascorsi un’estate indimenticabile, tipicamente coloniale. La situazione delle persone che frequentavamo era privilegiata. La mattina al mare, al club degli europei, dove si restava tutto il giorno e alla sera a casa di amici a giocare a carte o ballare. Tuttavia i discorsi degli adulti erano cauti, si parlava poco di continuare a restare a Tripoli. Gli adulti erano preoccupati e prospettavano per i figli un futuro in Italia. Ricordo i discorsi di alcuni amici ebrei del mio compagno Emilio, molto più espliciti rispetto al futuro. Erano sicuri della necessità per loro di dover lasciare il paese in tempi brevi per l’evidente ostilità montante nei loro confronti dovuta alle tensioni con lo Stato d’Israele. Gli italiani che conobbi erano molto riservati e non affrontavano volentieri l’argomento del domani. Gli avvenimenti successivi diedero ragione ai loro timori allora ancora inespressi. Nell’estate successiva, trascorsi alcuni mesi a Londra con l’obiettivo di imparare l’inglese. Quindi fu la volta di Parigi, sempre città di riferimento in casa per il bilinguismo della nostra regione. L’ultimo grande viaggio, l’ultimo prima della laurea, fu il giro della Spagna con la mitica Fiat 600 in compagnia del fratello più piccolo, Guido, ormai anche lui all’università.”
Rientrato dalla Spagna, conseguì la laurea in Ingegneria e dopo pochi mesi puntuale arrivò la chiamata alle armi. “Partii per il servizio militare nel Genio Aeronautico. Dopo il periodo di addestramento svolto a Firenze, fui assegnato a Roma al Ministero con alcuni altri amici colleghi del Politecnico. Avevamo seguito il classico percorso previsto per i bravi ragazzi di buona famiglia: laurea al Politecnico, poi sottotenenti nel Genio Aeronautico, infine al Ministero a Roma, tutti grossomodo della medesima età e tutti impegnati con una fidanzatina, che si aspettava di essere sposata al più presto.”
Dopo il servizio militare, Fulvio Marcoz iniziò a lavorare in una società di elettronica professionale del Gruppo Finmeccanica a Roma. “Seguendo l’esempio degli altri colleghi entrati in azienda con me, mi sposai facendo una scelta che mi avrebbe allontanato definitivamente dalla Valle d’Aosta. Il fascino di Roma, l’interesse per il nuovo lavoro, la presenza degli ex colleghi, il matrimonio, riempivano di novità la vita e davano poco spazio ai ripensamenti. Tornavo tuttavia spesso ad Aosta, sia per le vacanze invernali sia per quelle estive, ed ero informato di tutto ciò che succedeva dai miei genitori, da Adriana e da Guido.” Quelli furono tempi intensi. “L’arrivo di due figli maschi, Marcello, nato nel 1970, e Federico, alla fine del 1971, l’acquisto di una casa al mare e un lavoro molto stimolante, che mi portava spesso all’estero, mi impegnavano molto e mi fecero trascurare i segnali dell’allentarsi del rapporto coniugale che portò alla rottura del matrimonio. Iniziò una separazione che, fortunatamente, permise di continuare a crescere i figli in modo civile, condividendo l’amore per il mare, la barca, la casa all’Argentario e tutte le giornate trascorse in acqua.”
Passarono rapidamente molti anni e “Con Marcello e Federico si trascorrevano in Valle d’Aosta tutte le estati per le ferie e per tenere vivo il rapporto con i cugini e con le montagne. Crescendo i figli divennero autonomi, ma anche da adulti sposati continuarono a frequentare le montagne specialmente per la passione per lo sci”.
Sul lavoro invece gli impegni erano sempre maggiori e carichi di responsabilità. “L’azienda in cui lavoravo, si era ingrandita e aveva aperto nuovi insediamenti sia a Roma sia a Napoli, coinvolgendomi. Il lavoro e le responsabilità erano cresciute, come le persone da gestire e coordinare. Per quarant’anni ho operato nell’ ambito dell’elettronica destinata alla Difesa nazionale, in particolare nella Selenia, oggi Selex Sistemi Integrati. In questi quarant’anni sono stato prima ricercatore e poi manager sempre in ambiti che si occupavano di innovazione o di finanziamenti per la stessa. Il mio campo di specializzazione è stato quello della radaristica prima e dell’informatica poi, settore di cui ho seguito tutta l’evoluzione, fin dai pionieristici anni Sessanta al 2002, anno della pensione, quando con la nuova presidenza della Finmeccanica, sono stato incaricato di occuparmi come consulente del coordinamento della ricerca e dell’innovazione, con particolare riguardo alla ricerca europea e questo sino al 2014.”
Nonostante gli impegni lavorativi, il legame con la Valle d'Aosta non si è mai interrotto. “Tornavo almeno due volte all'anno ad Aosta per incontrare i genitori e i fratelli. La prima in gennaio alla Fiera di Sant'Orso, dove, con un cugino più giovane, Alberto Bethaz, scultore di statue di legno, esponevo sul suo banco anche i miei lavori d’intaglio. Infatti, tra lo stupore degli amici romani, avevo iniziato, nei fine settimana nella casa di campagna, ad intagliare santoni di legno secondo le tradizioni valdostane e quindi non potevo mancare all’appuntamento con la Foire. La seconda volta nei mesi estivi, per un periodo più lungo, quando salutavo tutti i parenti e gli amici e ritrovavo le mie montagne.”
“In quegli anni, la nascita e lo stabilizzarsi di un legame affettivo - ama ricordare Fulvio Marcoz - veniva a riempire e dare nuovo senso alla mia vita fino a consolidarsi in un nuovo vincolo matrimoniale. Quindi da allora vengo in Valle d’Aosta con mia moglie non solo per rinnovare e tenere vivi i tanti legami rimasti e quelli nuovi, ma anche per dare spazio alla nuova impegnativa passione di intagliatore di santoni di legno con la partecipazione alla Fiera di Sant'Orso e il confronto con gli artisti valdostani.”
Una delle altre passioni coltivate da Fulvio Marcoz è stata la scrittura, passione questa trovata in età adulta e come lui stesso ama specificare “Mi definisco “scrittore per nostalgia” proprio della mia regione e il primo libro che ho pubblicato in Valle d'Aosta, dal titolo “Frammenti”, era il 2017, ripercorre le vicende della mia infanzia. Con il romanzo “Il Bar della gioventù postbellica”, pubblicato nel 2018, ho voluto descrivere una società di provincia con le sue virtù e i suoi difetti partendo dal nostro punto di ritrovo, il Petit Bar di Aosta, dove si viveva il piacere dello stare insieme. L'ultima mia fatica letteraria è stato il libro “Incontri” pubblicato nel 2020 che è in parte autobiografico e meno legato all’esperienza aostana”.
Dalla volontà di seguire le orme lavorative di papà Carlo sino alla necessità di scrivere le emozioni che la sua amata Valle d'Aosta gli ha sempre saputo regalare in un vero e proprio tourbillon di ricordi. Ancora oggi due volte all'anno Fulvio Marcoz ritorna nella sua terra per rivedere il fratello Guido e la sorella Adriana e per incontrare i cugini e gli amici di sempre. Appena riesce sale a Courmayeur, oasi incantata di quest'uomo, comunque capace di vivere a distanza l'amore per la sua montagna che però non rinuncia a frequentarla direttamente almeno in estate.