Fromadzo: dalla tradizione casearia casalinga alla certicazione DOP

Fromadzo: dalla tradizione casearia casalinga alla certicazione DOP
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Si dice che storicamente nelle famiglie valdostane si consumava quotidianamente l’attuale “Valle d’Aosta Fromadzo DOP”. Il formaggio di casa, il Fromadzo appunto, è da sempre esistito sulla tavola dei nostri antenati e, a differenza dalla Fontina, che prevedeva l’utilizzo del latte intero, il “Valle d’Aosta Fromadzo DOP” permetteva la scrematura del latte per la produzione del burro. Fontina e burro, considerati ricchi e preziosi, fungevano solitamente da prodotti destinati al commercio, realizzati in alpeggio e quindi raramente consumati dai loro produttori o peggio ancora da chi affidava le mucche per l’estate.

La produzione del Fromadzo avveniva, sino alla fine degli anni Sessanta, solamente nelle latterie turnarie, capillarmente diffuse su tutto il territorio, soprattutto nei villaggi più marginali di difficile accesso. Nei decenni successivi, come conseguenza dello spopolamento della montagna e grazie anche a cospicui finanziamenti regionali, queste strutture sono state sostituite da una quindicina di caseifici cooperativistici o privati.

L’attuale tecnologia di produzione, raccolta e codificata nel disciplinare DOP del 1996, rispecchia esattamente la tradizione e prevede l’utilizzo di latte valdostano da almeno 2 mungiture, eventualmente addizionato con percentuali minime di latte caprino.

Il latte appena munto viene convogliato nelle vasche raffreddate con acqua a bassa temperatura. Una volta raffreddato e lasciato riposare per un periodo che va dalle 12 alle 36 ore viene successivamente fatto confluire nelle caldaie di coagulazione, trattenendo la parte grassa, la famosa panna da affioramento, che nel frattempo si è raccolta in superficie, destinata solitamente alla produzione del pregiato burro. Una volta riscaldato il latte semi-scremato a una temperatura di circa 32 gradi viene aggiunto il caglio e lasciato riposare per circa 30 minuti per permettere la coagulazione. Viene poi effettuata la rottura della cagliata in grumi di circa 1 centimetro e poi si procede con il riscaldamento a circa 43 gradi. Dopo una decina di minuti di giacenza la cagliata viene estratta dalla caldaia e posta nelle apposite fustelle forate per lo spurgo e la pressatura di circa 12 ore. La produzione termina con le operazioni di salatura, le forme vengono riposte su scaffali in abete rosso e sottoposte a spazzolatura con cadenza settimanale per circa 60 giorni. Il colore giallo paglierino iniziale della superficie si trasforma, per effetto della spazzolatura, fino a raggiungere una tonalità tendente al grigio con sfumature rossicce che sono la caratteristica colorazione del formaggio stagionato.

Quale è la vita del Fromadzo oggi? Ne abbiamo parlato con Danilo Grivon della Fromagerie Haut Val d’Ayas, caseificio cooperativo e unico produttore di rilievo, certificato da CSQA, che produce circa 3.500 forme di un peso medio di 3,5 kg, nella versione semi grassa (tra il 20 e il 35 per cento di sostanza grassa sul residuo secco). Danilo Grivon ricorda che non è mai stato selezionato un fermento dedicato e quindi, per rispettare il disciplinare, il Fromadzo è prodotto con i soli fermenti presenti nel latte di partenza, condizione che determina una certa variabilità del prodotto, ma che nel contempo ne decreta l’assoluta “naturalità” essendo il risultato di solo latte e caglio. Questa variabilità restituisce all’assaggio un gusto molto distintivo, dalla caratterizzazione complessa, con profumo e sapore che tendono naturalmente all’erbaceo, al fieno fresco, con una punta di tostatura e di leggero amaro finale. Un sapore netto e deciso lo definisce Danilo Grivon, che piace molto o non piace. Queste caratteristiche impegnative, a volte possono rappresentare un problema, ma però hanno permesso al Fromadzo di continuare a essere testimone della storia della caseificazione alpina e gli hanno dato la possibilità di distinguersi all’interno della sua variegata famiglia di appartenenza, quella delle tome. Negli anni passati sono stati dedicati eventi al “Valle d’Aoste Fromadzo DOP” grazie a progetti e fondi europei, attività non facilmente replicabili basandosi sui soli numeri commerciali del prodotto. In gastronomia è usato per guarnire i primi piatti, in insalata con renette e sedano e anche come spiedino con pancetta, uva e mostarda…. Forse è la sorella minore delle 4 DOP valdostane, ma comunque sempre un testimone autentico delle nostre tradizioni casearie, dal carattere particolare, come quello dei valdostani.

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