Fotografato il buco nero al centro della Via Lattea, è la prova che esiste

Fotografato il buco nero al centro della Via Lattea, è la prova che esiste
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Una risultato straordinario che ha stupito la comunità scientifica mondiale. Giovedì scorso, 12 maggio, infatti, con una conferenza stampa che si è tenuta online in contemporanea in vari centri di ricerca, è stato svelata la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. L’oggetto astronomico, denominato “Sagittarius A*”, si presenta come un anello infuocato. Tra i protagonisti di questo eccezionale risultato c’è nuovamente l’astrofisica aostana Elisabetta Liuzzo. Un nome già noto, il suo, perché sempre lei nel 2019 aveva annunciato la prima immagine mai ottenuta di un altro buco nero, quello nella galassia M87. Elisabetta Liuzzo è ricercatrice all'Istituto nazionale di astrofisica-Inaf, il gruppo di Bologna che ha partecipato allo sviluppo del programma informatico per la calibrazione dei dati dell’Event horizon telescope-Eht, un sistema di telescopi, gestito da un team formato da centinaia di scienziati di tutto il mondo. Giovedì scorso, Elisabetta Liuzzo è intervenuta sul palco della Sala Cimino nella sede dell’Istituto nazionale di astrofisica di Roma. Per acquisire lo scatto «Sono stati necessari più radiotelescopi, distribuiti in diversi paesi della Terra. - ha spiegato Elisabetta Liuzzo - Agli 8 radiotelescopi del 2017, ne sono stati aggiunti altri per aumentare la qualità dell’immagine». Ciò perché, ha aggiunto, Elisabetta Liuzzo, «Catturare l’immagine dell’ombra di un buco nero richiederebbe un telescopio di dimensioni con diametro di circa 10.000 chilometri, tecnicamente impossibile da costruire. Per oltrepassare questo limite pratico, è stato necessario applicare la tecnica Very Long Baseline Interferometry (VLBI)». Ovvero un insieme di antenne dislocate, anche a distanza di migliaia di chilometri, per simulare un telescopio virtuale delle dimensioni terrestri. A migliorare le performance dello strumento, ha avuto un ruolo cruciale «Alma, un interferometro di 66 antenne, senza il quale non si riuscirebbe a rilevare l’anello di fotoni - ha precisato Elisabetta Liuzzo - Acquisire l’immagine di “Sagittarius A*” è stato come fare la fotografia nitida di un corpo in movimento. Tra noi e il centro della nostra galassia c’è molta materia che distorce il segnale. Per questo sono state necessarie tecniche più innovative per poter analizzare i dati».

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