Estrema d’alpeggio, Fontine vendute a 22 euro al chilo con il progetto di Arpav e Gal

Estrema d’alpeggio, Fontine vendute a 22 euro al chilo con il progetto di Arpav e Gal
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Quando la Fontina è d’eccellenza, il suo costo al chilogrammo può salire anche oltre i 20 euro. Così è per alcuni produttori di “Estrema d’alpeggio Fontina Dop”, nata nel 2019 per promuovere la Fontina Dop d’alpeggio, prodotta secondo il disciplinare dell’Associazione regionale proprietari d’alpeggio valdostani - Arpav, quindi fatta con latte di bovine di razza valdostana che si nutrono esclusivamente di erba fresca senza alcun tipo di integrazione a base di mangime, con l’utilizzo di soli fermenti dell’Institut agricole régional di Aosta. Il progetto “Estrema d’alpeggio Fontina Dop” è finanziato dal Gal Valle d’Aosta. Quest’anno, l’Arpav prevede una produzione di 700-800 forme di Estrema d’alpeggio.

«Arpav Estrema d’alpeggio è un progetto Gal di durata triennale. - afferma Bernard Clos, presidente dell’Arpav che conta una cinquantina di soci per circa 30mila ettari di territorio - Questo è il terzo anno ma noi lo consideriamo il secondo visto che anche la nostra associazione ha dovuto fermare i propri impegni per quanto accaduto nel 2020 con la pandemia. Per quanto riguarda il 2021 posso dire che siamo partiti bene e sono già stati firmati alcuni contratti di vendita, perlopiù con la grande distribuzione della Lombardia e del Veneto, a 22 euro al chilogrammo più Iva. L’unico inconveniente legato a questo tipo di allevamento è che le mucche sono più stanche, perché è risaputo che il mangime aiuta molto. Questo significa stare di più al pascolo, in parole chiare adottare un altro modo di gestire le bovine, rispetto all’allevamento che tutti già conosciamo».

L’Arpav ha definito di recente anche la propria iscrizione a Confagricoltura e Proprietà fondiaria italiana. «E’ un percorso normale per noi. - spiega Bernard Clos - In Valle d’Aosta non esiste la sezione Proprietà fondiaria e, per questo motivo, ci siamo iscritti alla Confagricoltura fondiaria italiana che è rappresentata a Torino e a Milano. Tramite loro possiamo finalmente fare sentire le nostre idee, il nostro modo di vedere il territorio, il nostro modo di affrontare i problemi, non ultimo il modo di dialogare con la politica».

Bernard Clos non le manda a dire quando afferma che dal punto di vista della proprietà «E’ necessario riunirsi in associazione, per fare sentire le nostre necessità, per difenderci da quella opinione pubblica che crede che il territorio sia di tutti, quindi è preso da tutte le Amministrazioni pubbliche ed è messo a disposizione della popolazione, senza nulla riconoscere ai proprietari; perché ormai questa politica che va sempre più a sinistra fa una politica per il territorio di tutti. Non è così, perché il nostro territorio è passato per l’acquisto, per la successione, per la denuncia dei redditi; è una cosa privata. Di “dominio pubblico”, ma riguarda sempre una proprietà. Al gestore, proprietario d’alpeggio viene riconosciuta l’importanza della tutela del territorio poi però nulla gli è riconosciuto economicamente. Con tutto l’abuso che c’è, vedi l’introduzione del lupo senza il nostro consenso, vedi l’invasione dei cani senza nessuna regola, gli alpeggi sono ormai diventati a uso e consumo di chiunque. Se solo qualcuno è proprietario di un alpeggio e non ha nessuna attività turistica mette tutto a disposizione del turista senza avere nulla in cambio. A questo punto per noi proprietari c’è solo da prendere le valigie e andare via dalla Valle d’Aosta».

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