Erbe di montagna che diventano distillati sopraffini nella storia raccontata dalle sorelle Cortese
Acqua buona e erbe di montagna. Due componenti fondamentali per la produzione di liquori e di amari - oppure di elixir come si diceva un tempo -, tramandati dalla tradizione popolare e diventati dalla metà del diciannovesimo secolo, grazie anche al miglioramento dei trasporti e alla crescita continua del nuovo movimento turistico, un’attività imprenditoriale. Così la Valle d’Aosta si affacciò al nuovo secolo, il Ventesimo, con le prime produzioni «made in Vda», grazie alla lungimiranza di Laurent Ottoz - che registrò il marchio «Elixir Génépi des Alpes Valdotaines» addirittura nel 1912 -, di Paul Lanier e dei Marguerettaz ad Aosta, oppure di chiara derivazione valdostana come l’«Elixir Chanousia» della ditta torinese Anselmo o il «Saint- Rhémy» della Sarti di Bologna, prodotti con erbe provenienti dalla nostra regione.
E’ in questo contesto - potremmo definirlo pioneristico - che nel 1920 a Saint-Vincent Silvestro Dotto fonda la ditta Fratelli Dotto, anche se di fatto la nuova azienda non ha più legami con la precedente società familiare di Foglizzo, attiva appunto nel settore della distillazione. Ed è proprio nel 1920 che nel piccolo paese del Canavese nasce la figlia di Silvestro, Pia Dotto, che cresce a Saint-Vincent dove, oltre agli alcolici, la Fratelli Dotto propone pure le bibite, come la diffusa gazzosa.
La storia di Silvestro Dotto e di Pia Dotto è ora la storia poco più che centenaria della Distilleria Cortese, tra le poche testimonianze rimaste di realtà artigianali legate al mondo dell’alcol, testimonianza tutta femminile rappresentata dalle sorelle Silvana e Gabriella Cortese.
«Nostro papà, Giuseppe Cortese, classe 1918, nativo di Bassano del Grappa, era venuto da soldato in Valle d’Aosta, dove nel 1944 aveva conosciuto Pia durante una festa, nella quale suonava il pianoforte. Per tre anni si sono scritti lettere d’amore, poi nel 1947 è tornato a Saint-Vincent e si sono finalmente sposati.» Per i successivi cinque anni la coppia visse a Bassano del Grappa, dove nacquero le loro due figlie, Silvana del 1948 e Gabriella del 1950. «Nel 1952 mamma e papà decisero di trasferirsi a Saint-Vincent con noi piccole, così subentrarono alla Fratelli Dotto creando il marchio Distilleria Cortese. Era il periodo dell’inizio del boom del turismo, per cui la grappa, che durante la guerra veniva venduta principalmente ai militari, ha trovato nuovi sbocchi commerciali nel fondovalle, come anche nelle nuove mete di villeggiatura come la Val d’Ayas e la Valtournenche, in particolare a Champoluc e a Breuil Cervinia, mai fuori regione, anche per la scarsità delle materie prime, in primo luogo dell’artemisia per produrre il génépy.»
Gli anni Cinquanta in Valle d’Aosta sono il periodo dell’esenzione fiscale per l’alcol, un fattore decisivo per la nascita di nuove aziende che si affiancano alla Ottoz, leader del mercato che al génépy nel 1938 ha affiancato il famoso liquore «Cervinia». Nel 1950 i fratelli Pierino e Leandro Garrone creano il marchio «Génépy de Cogne» e nel 1953 quello «Amaro Aosta» ancora attivo, nel 1954 il reduce del Battaglione Sciatori Monte Cervino Angelo Minuzzo inventa il suo «Généry Fior d’Alpe» a Verrès, antenato della futura La Valdotaine di Saint-Marcel, nel borgo di Sant’Orso i noti distillatori Levi creano la loro grappa e mettono le basi della St. Roch di Quart, poi è la volta di tanti altri come la Vertosan di Sarre, la Savio di Chatillon, l’Alpe di Hone arrivata da Bollengo per dare vita al famoso «Herbetet». Un settore quindi molto vivace, che rimane tale per decenni, con modifiche societarie, con cambiamenti di gusti e di normative - chi non ricorda il divieto dei coloranti con la sparizione delle fantasiose cromie dalle bottiglie - che però le sorelle Silvana e Gabriella Cortese mantengono sempre in famiglia, ancora protagoniste della loro nicchia storica di mercato.
Un vero primato in Valle d’Aosta, per queste imprenditrici in prima persona e depositarie delle ricette segrete dei diversi liquori che creano, e che negli anni hanno avuto continui affinamenti ed innovazioni. La Distilleria Cortese è, infatti, a conduzione strettamente familiare, con una sola persona «esterna» alla famiglia, che imbottiglia e si occupa delle consegne. La produzione ammonta a circa ventimila bottiglie l’anno: la parte del leone la fa il «Génépy Cortese», a seguire le grappe e gli altri liquori, che seguono un poco di più le mode.
«Ora sta tornando in voga l’amaro e noi produciamo l’“Amaro Cervino”. - precisa Gabriella - Alcuni anni fa erano molto richieste le creme. Ora lo sono meno i liquori dolci. Poiché siamo piccoli restiamo legati, tuttavia, pure a singole richieste, che ci spiace non soddisfare più anche se magari abbiamo un solo cliente, pertanto risulta difficile per noi escludere alcuni prodotti dalla nostra offerta.»
«Ai tempi del nonno Silvestro e di papà Giuseppe si distillava la grappa utilizzando le vinacce portati dagli agricoltori dei dintorni, tra Donnas e Chambave. - spiega Silvana Cortese - Una metà restava al distillatore e l’altra andava al conferitore. Da qui è nata la necessità di imbottigliarla e di venderla a bar, ristoranti e hotel, ed ai privati, valdostani e villeggianti, attraverso le piccole botteghe che un tempo erano una caratteristica della Valle d’Aosta. Ora che questo tessuto commerciale in pratica non esiste più, comunque utilizziamo per proporre i nostri prodotti i punti vendita della specialità valdostane, le enoteche e il Gros Cidac di Aosta, da decenni nostro cliente. Chiaramente oltre che al dettaglio vendiamo pure in azienda.»
«Sulla grappa - continua Silvana Cortese - un tempo la concorrenza era forte. Inizialmente distribuivamo solo nella bassa e media Valle, adesso arriviamo fino a Pila, Courmayeur e La Thuile. I turisti di un tempo chiedevano quali erano le specialità locali e le acquistavano, con quelle legate all’alcol in una posizione preminente, perché in generale se ne consumava molto di più. Ora con le limitazioni attuali, ad esempio i controlli sui guidatori, i consumi sono molto inferiori, una volta il commercio era più ampio e pure erano molto più interessanti i margini di ricarico.»
«Nostro papà Giuseppe è morto nel 1972, a soli cinquantaquattro anni, di cancro. - continua Gabriella Cortese - Così siamo dovute subentrare giovanissime, a ventiquattro e ventidue anni, alla guida della distilleria. Abbiamo sempre vissuto a Saint-Vincent, frequentando qui le scuole elementari e medie, poi le superiori ad Aosta, io le magistrali e Silvana ragioneria. Quindi siamo entrate in azienda quando avevamo da poco terminato le scuole superiori, ci siamo entrambe sposate, io con Franco Duguet nel settembre del 1975 e Silvana con Dino Lorenzoni nel giugno del 1970, ma i nostri mariti non si sono mai occupati della nostra distilleria. Una terza sorella, Paola, del 1954, laureata in biologia, ha scelto un’altra strada professionale e ci aiuta sporadicamente, ora che è in pensione. Ognuna di noi ha un figlio: Raffaele Duguet è il mio, Mauro Lorenzoni è il figlio di Silvana e Francesco Musto è il figlio di Paola, ma nessuno di loro lavora nella Distilleria Cortese.»
Da quando agli inizi degli anni Settanta le due sorelle Silvana e Gabriella hanno iniziato a gestire l’azienda hanno provato ad introdurre delle innovazioni nella produzione - come i liquori dolci ai frutti di bosco, alla menta e alla liquirizia, al pino e al ginepro con le erbe dentro la bottiglia, addirittura al limoncello e al pastis, acquistando le essenze in modo da andare incontro alle richieste dei turisti stranieri.
«Se negli anni Cinquanta - commenta Silvana Cortese - si imbottigliava a mano e si filtrava con i sacchi di feltro, per poi passare a ritirare i vuoti del vetro da bar e ristoranti, ora le apparecchiature moderne che abbiamo acquistato consentono un notevole risparmio di tempo e di personale.»
«Ricordiamo ancora bene di quando i conduttori degli alpeggi ed i pastori che porta-vano le mucche sui pascoli più alti raccoglievano l’Artemisia e la scambiavano con alcol e grappa, realizzando per loro un paio di litri di génépy con finalità medicinali», prosegue Silvana. «Si cominciò così, appunto con l’Artemisia scambiata, a produrre un génépy “ufficiale”, da vendere al pubblico, che si è aggiunto alla produzione di grappe bianche ed aromatizzate alle erbe valdostane, di fernet, arquebuse e altri liquori digestivi. Dagli anni Settanta l’Assessorato regionale dell’Agricoltura ha iniziato ad incentivare la coltivazione delle erbe officinali, è stato un processo lungo che si è finalmente concretizzato da una ventina di anni e quindi siamo riusciti ad avere dei campi coltivati di Artemisia sopra i milleottocento metri. E’ una pianta che si chiama pioniera, perché dev’essere l’unica nel campo, non a caso spontaneamente cresce solo sulle morene dei ghiacciai libere da altre essenze. Per coltivarla bisogna togliere mezzo metro di terra, in modo che spariscano tutti i semi precedenti e poi il terreno va sempre tenuto pulito. E’ un lavoro eroico, perché necessita dell’alta quota e di una cura maniacale. Successivamente l’Assessorato dell’Agricoltura ha promosso dei corsi per la coltivazione e la conservazione delle erbe officinali. Adesso coloro che li hanno seguiti sono preparati dal punto di vista delle norme igieniche e burocratiche. Se prima abbandonavano i terreni di montagna, ora li hanno riconvertiti con la coltivazione di queste erbe, offrendo alle distillerie come la nostra le materie prime a kilometri zero e garantendo la conservazione dei campi, che sono catalogati. Si è stretto il rapporto tra agricoltori e aziende: i primi possono conservare e seccare le erbe e venderle in quanto tali, le seconde, in cambio, producono dei liquori - ad esempio nocini, alla ciliegia, al timo, al rosmarino, ai petali di rosa - per i coltivatori, che da soli non potrebbero realizzarli per la mancanza di licenze e di attrezzature, mentre ora li possono anche vendere direttamente nei mercatini. Questa abbondanza di erbe ha fatto sì che come Distilleria Cortese allargassimo la nostra produzione agli zuccherini aromatizzati alle varie essenze, un’antica tradizione delle famiglie piemontesi.»
Pertanto i precedenti sistemi di raccolta delle piante selvatiche, per i quali occorreva un apposito permesso della Regione, con quantitativi limitati, in quanto l’Artemisia è tutt’ora una specie protetta, sono stati completamente soppiantati dalla coltivazione catalogata.
«Le piante spontanee, sicuramente più profumate, non bastavano più - spiega Silvana Cortese - per sostenere una produzione cospicua ed inoltre contenevano troppo tuione, una sostanza simile all’assenzio, è della stessa famiglia, che crea assuefazione. Una parte del raccolto, che avviene una sola volta l’anno tra luglio e agosto, va essiccata. Per cui con la parte utilizzata fresca noi creiamo l’Artemisia Génépy, più aromatico, mentre con le piantine essiccate e messe in infusione i génépy dry e demi sec.»
Un altro cambiamento epocale che le sorelle Cortese hanno vissuto è stato quello, negli anni Settanta, del passaggio dall’utilizzo dei coloranti nei liquori alla produzione di bottiglie con contenuti naturali. «Un vero e proprio processo di educazione dei consumatori, che prima preferivano il Génépy verde a quello giallo, noi li producevamo entrambi, poi hanno capito che erano stati vietati per i possibili danni alla salute e di conseguenza sono cambiati anche i gusti», commenta Gabriella Cortese. «Alcuni coloranti, per esempio il rosso, sono stati perfino ritirati dal commercio, in quanto nocivi.»
L’Assessorato regionale dell’Agricoltura e la Chambre hanno recentemente messo a punto un sistema grazie al quale tutte le particelle di terreno coltivate con le erbe officinali sono censite, per cui se le distillerie le acquistano direttamente dagli agricoltori possono produrre un génépy IGP, Indicazione Geografica Protetta della Valle d’Aosta. «Per ora stiamo ancora smaltendo le scorte precedenti al sistema dell’IGP, per poi partire con questo nuovo metodo di catalogazione, che garantisce che siano erbe valdostane», conclude Gabriella Cortese. «Il marchio Artemisia Génépy è ora registrato, mentre fino a vent’anni fa in una bottiglia di génépy si poteva mettere qualsiasi erba.»
Novità entusiasmanti per le sorelle Cortese, che pur avendo dedicato una parte importante della loro vita all’azienda di famiglia, fondata nel 1920 dal nonno materno Silvestro Dotto e rifondata nel 1952 dal papà Giuseppe, guardano sempre con attenzione ai cambiamenti dei gusti dei clienti, alle richieste dei consumatori e alle migliorie tecniche. La storia della Distilleria Cortese è ben ancorata al passato e grazie ad Isabella e Gabriella - donne di montagna - la proprietà è stata mantenuta in famiglia, i momenti difficili non sono mancati, come pure quelli felici, nella consapevolezza di essere ancora una distilleria a conduzione familiare, partita da una nicchia di mercato con la raccolta spontanea delle piante ed arrivata alle nuove regolamentazioni per l’IGP, l’ultima in Valle d’Aosta ad avere una storia così lunga da avere superato il secolo. Un secolo di buon bere. Santé!