Energie rinnovabili con biomasse, presunta frode allo Stato per 143 milioni di euro
Mercoledì 27 gennaio la Guardia di Finanza e i Carabinieri Forestali di Pavia hanno sventato una maxi truffa di ben 143 milioni ai danni dello Stato e dei contribuenti. L’operazione, che ha visto impegnati circa 200 militari, ha portato a oltre 50 perquisizioni effettuate in diverse regioni del Centro Nord, dal Trentino al Lazio, e si è conclusa con 11 misure cautelari. Al centro dell’indagine, avviata nell’ottobre del 2019, la centrale a biomasse legnose Biolevano di Olevano Lomellina, in provincia di Pavia. Ai domiciliari è finito anche Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem (che deteneva quote della società Biolevano), considerato dagli inquirenti il “principale promotore” del raggiro sugli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Per capire meglio la portata dell’operazione è necessario fare qualche passo indietro. «Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose» si legge nel comunicato della Procura di Pavia. «La legge, però, subordina tale incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale e, per tale motivo, impone rigide regole sulla provenienza e sulla tracciabilità delle biomasse bruciate. Ma la nobile finalità di contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas serra, pur preservando il patrimonio boschivo nazionale, non sembrava interessare i vertici della Biolevano che, invece, erano proiettati ad accaparrarsi fraudolentemente gli ingenti incentivi statali». Si trattava di contributi notevoli, se si considera che per ogni milione di energia venduta, la società Biolevano percepiva dal dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) oltre 3 milioni di euro di contributi. Ciò era reso possibile grazie ad un accordo siglato nel 2012 tra l’azienda di Pavia e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Da accordo, la Biolevano si impegnava ad utilizzare esclusivamente legname, tracciato e proveniente da un raggio di massimo 70 chilometri rispetto all’impianto. Nei fatti secondo la Procura ciò non avveniva: la società avrebbe reperito la legna praticamente ovunque, acquistandola a prezzi molto bassi e importandola addirittura dall’estero. Secondo quanto si apprende dai documenti relativi all’indagine, tra le centinaia di carichi «attenzionati», i militari della Guardia di Finanza hanno accertato come parte del legname «falsamente tracciato ed a km zero» provenisse dalla Svizzera e anche dalla Valle d’Aosta e come, molti degli autisti, viaggiassero persino con 2 documenti di trasporto: uno vero con provenienza non incentivabile che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso redatto ad hoc che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del Ministero che tutto era regolare. Nel comunicato della Procura viene descritto l’iter perpetrato per realizzare il raggiro ai danni della collettività: «Per assicuratasi la materia prima ad un prezzo nettamente inferiore ai propri competitors (dal 30 al 50 per cento in meno) per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato ai vertici della Biolevano bastava falsificare le carte, cioè falsificare i documenti di trasporto e le fatture. Con tali artifizi e raggiri gli arrestati sono riusciti a frodare negli ultimi 5 anni contributi per oltre 143 milioni di euro. Soldi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ma in ultima analisi prelevati dalle tariffe delle bollette elettriche pagate da tutti noi cittadini, attraverso una specifica voce in bolletta a sostegno delle energie rinnovabili».