Dopo undici anni il nome del killer di Giuliano Gilardi resta un mistero

Dopo undici anni il nome del killer di Giuliano Gilardi resta un mistero
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Il 27 dicembre del 2011, un martedì, il cadavere di Giuliano Gilardi venne trovato nella casa nel borgo di Senin di Saint-Christophe in cui abitava. Un caso che, a distanza di 11 anni, è rimasto senza colpevoli ma con tanti misteri. Qualcuno entrò all'alba di quel giorno nell'alloggio di Giuliano Gilardi, prima infierì su di lui con una serie di coltellate e poi lo colpì alla testa con un corpo contundente, come rilevò in seguito l'autopsia. Un uomo, o una donna, che però conosceva le abitudini della vittima, dato che la mattina presto il pensionato era solito aprire la porta d'ingresso per lasciare uscire di casa il suo cane Yuma e ritornare a letto in attesa del rientro dell'animale. Un particolare noto a pochi e che favorì l’omicida. Il fatto che nessuno dei vicini abbia sentito abbaiare il cane fa appunto sospettare che l'assassino fosse una persona abituata ad entrare e a uscire da quella casa, quindi conosciuta dal cane. Un caso, quello di Giuliano Gilardi, che sembrava essere giunto a una svolta dato che era stato riaperto dalla Procura di Aosta ad aprile dello scorso anno. Invece a novembre sono stati gli stessi inquirenti a chiedere al Giudice delle indagini preliminari l'archiviazione del fascicolo per omicidio. Infatti secondo i pm Luca Ceccanti e Manlio D'Ambrosi non sono emersi elementi per sostenere l'accusa in giudizio. Erano indagati Salvatore Agostino, operaio edile pregiudicato 61enne, Cinzia Guizzetti - già principale indiziata del delitto nella prima inchiesta che era poi stata archiviata -, l'ex marito di quest'ultima, Armando Mammoliti, e Domenico Mammoliti, operaio edile noto alle Forze dell'Ordine.

Il principale indizio in mano agli inquirenti era la compatibilità, emersa in base a una perizia svolta con incidente probatorio, tra il Dna di Salvatore Agostino e quello estrapolato da un chewing gum rinvenuto nel letto di Gilardi dopo l'omicidio. Domenico Mammoliti è stato coinvolto in varie vicende giudiziarie: dall’operazione Hybris - per reati quali tentata estorsione, danneggiamento, rapina e tentato omicidio - al blitz antidroga Home Delivery, su un traffico di cocaina che veniva acquistata in Lombardia. Quello di Salvatore Agostino è un altro nome noto alle Forze dell’Ordine, dato che in passato era stato arrestato per delle rapine a Pont-Suaz di Charvensod e Fénis e condannato per la tentata estorsione a un imprenditore.

«Io continuo a essere ottimista. Prima o poi sarà fatta giustizia. Io continuerò nelle mie ricerche, non è che mi abbatto. - aveva dichiarato Anna Maria Inforzato, ex moglie di Giuliano Gilardi - In 10 anni non ho mai puntato il dito contro nessuno, figuriamoci se lo faccio adesso ma ci sono personaggi che sono entrati in casa nostra a commettere un omicidio, che cosa vogliamo fare?».

L'avvocato Giacomo Francini, che ha assistitito Cinzia Guizzetti, ex compagna di Giuliano Gilardi, aveva commentato: «Rispetto a una richiesta di archiviazione per la posizione della signora Guizzetti non posso dire altro che me l'aspettavo, a fronte delle deduzioni difensive svolte».

Il caso Pino Betemps: un altro giallo diventato un mistero

Sempre a Saint-Christophe, a poche centinatia di metri di distanza in linea d’aria, è stato commesso un altro brutale omicidio rimasto senza colpevoli: quello di Giuseppe - detto Pino - Betemps. Si tratta di 2 delitti diversi, sia per come sono stati compiuti sia per le personalità delle vittime. Pino Betemps non frequentava praticamente nessuno e si prendeva cura del fratello disabile. Giuliano Gilardi era un uomo brillante che amava i viaggi in moto e la compagnia. I fili mai annodati di di questi 2 misteriosi fatti di sangue si intrecciano. Come i moventi che sono tuttora ipotesi evanescenti legate a killer forse destinati a restare per sempre privi di un nome e di un volto. Il 72enne Giuseppe Betemps era un uomo schivo, riservato e, secondo chi lo conosceva, senza nemici. Il suo corpo è stato rinvenuto il 19 ottobre 2021, un martedì, a Marseillan dai vicini di casa che prima avevano soccorso il fratello disabile, Franco, 69 anni, poi ricoverato all’Ospedale regionale “Umberto Parini” di Aosta e ora ospite di una struttura per anziani. L'uomo era incosciente, infreddolito e denutrito, sdraiato davanti alla porta di casa. Solo dopo è stato scoperto il cadavere di Pino Betemps in cantina, morto almeno da 4 giorni. Aveva una corda al collo ma era arrotolata e non stretta a cappio. Sulla pelle, poi, non c’erano le tipiche “bruciature” provocate da un’impiccagione. E d’altro canto in quella cantina non ci sono travi a cui appendersi. L’autopsia disposta dalla Procura ha evidenziato altri particolari che avvalorano la tesi dell’omicidio rispetto a quella del suicidio. Ovvero ferite alla nuca, oltre alla frattura di un polso e del naso. La corda, attorno al collo, potrebbe essere stata utilizzata per “finire” il pensionato. Elementi che, anziché dipanare, aggrovigliano ulteriormente la matassa di un delitto apparentemente incomprensibile. Durante la perquisizione dell'abitazione di Giuseppe Betemps, però, erano stati trovati anche 1.500 euro in contanti. Da qui l’ipotesi che l’autore dell’omicidio cercasse dei soldi. Insomma, alla fin dei conti il movente più accreditato è quello di una rapina finita male. L’unico indagato per quel delitto - che aveva sempre respinto fermamente tutte le accuse - era Agnesi Saia, 62 anni, un piccolo impresario edile che abitava a Sorreley e che si è tolto la vita in casa con un colpo di arma da fuoco. Il cadavere di Agnesi Saia era stato rinvenuto nella serata di giovedì 11 agosto. Alla base del suicidio ci sarebbero state difficoltà economiche, come spiegato in un messaggio ritrovato dagli investigatori: la sua abitazione infatti era andata all'asta in primavera e, proprio il giorno prima di farla finita, Agnesi Saia avrebbe dovuto lasciarla.

Il coinvolgimento di Agnesi Saia nell’inchiesta della Procura sulla morte di Pino Bétemps era arrivato in seguito ad una perquisizione della sua casa dove gli inquirenti avevano prelevato tra l’altro 2 paia di scarpe con presunte macchie ematiche. Tuttavi Agnesi Saia, che era assistito dall’avvocato Stefano Moniotto di Aosta, si mostrava assolutamente tranquillo ed era sicuro di poter provare facilmente la sua estraneità all’omicidio di Pino Betemps. D’altro canto il perito della difesa, il genetista torinese Marzio Capra, noto per la consulenza prestata nel processo sulla morte di Yara Gambirasio, aveva escluso qualsiasi collegamento tra le presunte tracce ematiche trovate sulle calzature sequestrate a Agnesi Saia e la vittima del delitto. Anche un primo esame con il Luminol non aveva confermato la presenza di sangue. Agnesi Saia sosteneva che si trattasse di macchie di fango e di olio, dato che aveva usato quelle scarpe in giardino. Peraltro nello scantinato dove è stato scoperto il corpo di Pino Bétemps non sono state rilevate tracce di Dna diverso da quello della vittima.

Da sinistra Giuseppe Betemps e Giuliano Gilardi, nella foto a destra le Forze dell’Ordine davanti alla casa di quest’ultimo dopo il ritrovamento del cadavere. Entrambi abitavano a Saint-Christophe: il primo è stato ucciso nel 2011 e il secondo nel 2021 ma gli autori dei delitti non sono stati scoperti

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