Dopo un’amnesia lunga 14 anni riapre i battenti il Castello di Saint-Pierre
Dopo 14 anni di attesa e oltre di 8 milioni di euro di investimento, il Castello di Saint-Pierre, il più scenografico tra i manieri della nostra regione, ha - finalmente - riaperto le sue porte. E’ stato un restauro lungo, anzi troppo lungo, al quale si è aggiunta la necessità di creare nelle sale, anguste e di complicato accesso, gli spazi migliori per presentare il Museo regionale di Scienze naturali, un lavoro sicuramente non facile - coordinato dalla responsabile Santa Tutino - considerata proprio l’articolata dislocazione della superficie utilizzabile. Un tempo ospitato in quella che ora è diventata la biglietteria, sulla destra entrando, dopo essere saliti con l’ascensore (una novità che sarà molto apprezzata), il Museo di Scienze naturali nato su impulso di Efisio Noussan, imprenditore e collezionista, ha trovato una sua corretta collocazione e contribuirà sicuramente a richiamare migliaia di visitatori. E’ infatti indubbio che il Castello di Saint-Pierre, o meglio la sua riapertura, sarà un successo. Un successo annunciato e incredibilmente «dimenticato» per 14 anni, i tempi biblici per il suo restauro, che hanno privato Saint-Pierre di tantissimi turisti e che ora, modificate con il tempo pure le aspettative del pubblico, accorreranno sicuramente per vederlo per completare un circuito favoloso, che nello spazio di pochissimi chilometri mette uno a fianco all’altro i castelli di Sarre, Aymavilles, Sarriod de la Tour e Saint- Pierre.
Di proprietà del Comune di Saint-Pierre, che lo acquisì dalla famiglia Bollati e che lo dotò di nuovi arredi nei primi anni del Novecento (attualmente conservati nell’ex sala del trono, tornata ad essere la sala degli stemmi, il primo spazio ad accogliere il pubblico) il Castello rifatto alla fine dell’Ottocento in uno stile improbabile, ma tanto amato dai turisti, ora trova ai propri piedi gli spazi della Cofruits e del Pain de Coucou, tanto che la sua apertura segnerà pure un momento significativo per la valorizzazione dei prodotti tradizionali.
Le 16 sale destinate al Museo, a cominciare dalla prima con la memoria degli allestimenti, testimonianza degli antichi mobili espositivi vetrati, si arriva sino in cima al «viret» l’ampia scala a chiocciola in pietra, in uno spazio che verrà molto amato, con le pareti che tutte insieme ospitano immagini spettacolari della nostra regione, garantendo un’immersione virtuale nel paesaggio naturale.
E’ logico che in questi spazi - con ripide scale e passaggi di ridotte dimensioni - non sia possibile la visita per i portatori di handicap, che hanno quindi a loro disposizione delle postazioni che consentiranno loro di accedere, da un monitor, alle varie sale, un esempio della tecnologia che aiuterà la diffusione delle informazioni, anche se per i valdostani rimarranno sempre quali «must» l’ultimo orso e l’ultimo gipeto abbattuti in Valle d’Aosta, d’altronde posizionati in una vetrina della prima sala, che tutti coloro che hanno visitato sin dagli anni Ottanta il Museo ricordano ancora.