Donato Savin porterà alla Fiera la suggestiva Dévéteya di Cogne

Donato Savin porterà alla Fiera la suggestiva Dévéteya di Cogne
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L’idea è nata in questa estate, ma il soggetto della Dévéteya di Cogne presentata già domenica scorsa, 21 gennaio, alla Fiera di Donnas arriva da molto più lontano. «E’ un ricordo d’infanzia, di quelli che non ti abbandonano mai, anche se la vita ti porta su altre strade», racconta Donato Savin. Il cinquantottenne artista di Cogne ha scelto le mucche come tema della sua Fiera di Sant’Orso numero trentadue. «Scelgo sempre un soggetto, per preparare il mio banco alla Fiera. Quest’anno ho voluto rifarmi ad un’altra delle tradizioni “per antonomasia” della nostra regione, ovvero l’allevamento delle bovine. Dentro la mia scultura c’è un po’ di tutto: come ogni bambino, oggi decisamente cresciuto, non posso dimenticare la festa per la desarpa, che noi a Cogne chiamiamo Dévéteya. Così anche il mondo delle batailles de reines sarà rappresentato, sul banco di via Porta Praetoria».

Donato Savin ha già presentato parte della sua produzione a Donnas, dove la Dévéteya ha fatto la sua apparizione attirando le attenzioni di tanti. Le undici bovine - di varie dimensioni - sono state messe in fila su un apposito mobiletto in legno di abete rosso che da l’idea di una mandria in movimento. Due mucche sono realizzate con la magnetite della miniera di Cogne, altre due in marmo verde. Le altre sette restanti sono di «Pietra della Valnontey, di quella scistosa con la quale i nostri vecchi facevano i tetti. - racconta Donato Savin - Dei tetti che ancora oggi, a distanza di decine di anni, sono ancora lì, quasi non sentissero il passare degli anni».

Accanto alla Dévéteya, però, la Fiera di Sant’Orso di Aosta vedrà la presentazione ufficiale di altre quattro regine di Donato Savin. «Sono sculture più stilizzate, realizzate con dell’onice che ho trovato nella zona di Saint-Nicolas», conferma l’artista di Cogne, che affiancherà quindi alla desarpa un altro “must” dell’allevamento delle bovine in Valle d’Aosta, ovvero le batailles de reines. «In questa mia opera è rappresentato uno dei momenti clou dei combats, ovvero l’incoronazione della regina».

Per andare a capire il perchè di questa scelta, bisogna andare indietro nel tempo di oltre cinquant’anni. «Quando penso alle mucche non posso non ricordare la mia infanzia. La mia famiglia, che abitava a Epinel, aveva solo tre animali, e d’estate insieme agli altri allevatori del nostro villaggio si mandavano le bestie in alpeggio ad Arpisson, dove c’era la montagna del nostro consorzio. Quando ritornavano a valle era sempre una grande festa», ricorda con un po’ di malinconia Donato Savin. «La scelta di scolpire le mucche è una scelta di cuore: dentro di me c’è la voglia di mantenere le tradizioni della nostra campagna, perchè senza l’agricoltura non può esserci turismo. E poi, diciamolo, in questo momento storico in cui il mondo sembra andare di fretta le attività legate agli animali ci permettono di avere la possibilità di riflettere un po’ di più su quanto ci circonda. Non di meno non posso che stimare le persone, e soprattutto i giovani, che si mettono in discussione in questo ambiente al giorno d’oggi».

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