Discarica di Pompiod, il Comitato valuta azioni legali

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Il Comitato discarica sicura di Pompiod «Sta valutando la realizzabilità di una pratica legale collettiva volta a tutelare il diritto alla salute dei cittadini interessati e la possibilità di ristoro dei danni arrecati, derivanti da quelle che appaiono sempre più come pratiche scorrette». La nota del Comitato prosegue evidenziando che «Dopo due chiusure e altrettante riaperture, l’Amministrazione regionale pare intenzionata a concedere il rinnovo dell’autorizzazione per la discarica di Pompiod. Poco importa della natura dei materiali che sono stati finora depositati e che rimarranno lì, dove non dovrebbero essere, perché sarebbe pericoloso spostarli. Si commissionano studi e si analizzano normative per poter autorizzare il conferimento di migliaia di metri cubi di rifiuti (16 metri di innalzamento della quota di sommità) sopra quelli già portati, confidando nell’indistruttibilità e nella durata eterna di teli di gomma». Il Comitato, pertanto, chiede: «Perché le Amministrazioni competenti non provvedono ad imporre la chiusura e bonifica finale della discarica, così come previsto in calce alle autorizzazioni in questi casi? Perché, vista l'impossibilità di determinare con certezza l’inesistenza o la portata dei rischi connessi, non si adottano le misure restrittive previste per legge? Perché non si interviene imponendo l’applicazione di tutte quelle misure di tutela e rispetto del territorio e dei suoi abitanti previste dalla normativa?». Secondo il Comitato «Si arriva a proporre un testo di aggiornamento del piano regionale di rifiuti della Regione Valle d'Aosta, partendo da un presupposto che pure le vicende giudiziarie intervenute hanno evidenziato essere inapplicabile: quello che il rinnovo dell’autorizzazione, essendo stato presentato due anni prima dell'approvazione del nuovo piano rifiuti, sia soggetto alla previgente normativa. Tale presupposto, va a minare tutte le condivisibili nuove regole entrate in vigore con l’approvazione del testo sui rifiuti, creando una incomprensibile disparità di trattamento (e enormi differenze sul piano della tutela ambientale e della tutela della salute dei cittadini) tra vecchi impianti e impianti di nuova creazione che, al contrario, devono rispettare normative molto più restrittive. Si autorizza, in modo a nostro parere eccessivamente discrezionale, un rinnovo automatico delle autorizzazioni esistenti, senza prevedere l’obbligo di applicazione di modifiche ed eventuali revoche, che permettano di attenuare i rischi rispettando le normative via via introdotte». Il Comitato conclude: «Ci pare di aver capito che, a questo punto, l’interesse politico sia quello di risolvere semplicemente un problema che la stessa amministrazione ha creato, non intervenendo per tempo nella predisposizione di siti opportunamente dislocati e rispettosi della mutevole normativa in materia, e sostenendo e indicando invece come utilizzabile, addirittura in via prioritaria, un sito che le perizie del Tribunale hanno dichiarato presentare una serie rilevante di irregolarità gestionali, amministrative e ambientali potenzialmente pericolose per la salute dei cittadini. Siamo a sottolineare quella che a noi pare rappresentare una grave carenza di programmazione, che viene risolta con provvedimenti crediamo inadeguati e rischiosi».

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