Discarica abusiva a Champdepraz Chiesta la condanna degli imputati
Un mese di reclusione e 57mila euro di multa ciascuno. È questa la condanna richiesta dalla Procura di Aosta durante l’udienza di martedì scorso, 16 novembre, nell’ambito del processo che vede accusati per abuso edilizio e discarica abusiva Luigi Berger, i figli Gian Luca e Federica e la nuora Paola Allietto.
A processo con gli imprenditori di Champdepraz è finito anche l’ex sindaco Yuri Corradin, accusato solo di abuso edilizio e per il quale l’accusa ha chiesto un mese di reclusione e 35mila euro di multa.
La richiesta delle condanne per i 5 imputati è del pubblico ministero Maria Luisa Verna che, nella sua requisitoria, ha ripercorso le accuse formulate dalla Procura secondo cui a Champdepraz sarebbero stati fatti lavori, in un’area di proprietà dei Berger, senza le necessarie autorizzazioni.
La sentenza sarà emessa venerdì 10 dicembre prossimo dal giudice monocratico Marco Tornatore. Quella sarà anche la data delle arringhe difensive degli avvocati degli imputati.
Secondo quanto sostenuto inTribunale dalla pm Maria Luisa Verna «Dagli atti acquisiti emerge la sussistenza di un disegno criminoso complesso, attuato con le condotte di imputazione» e finalizzato alla risoluzione di specifiche e contingenti esigenze delle società che fanno capo alla famiglia Berger. La pm La Verna ha anche puntualizzato che ciò è da ricondursi sia «Al soddisfacimento degli interessi economici della proprietà» sia al fine di un «Coordinamento operativo di dette condotte».
Le indagini e il dissequestro dell’area a Champdepraz
Le indagini a carico dei Berger, di Paola Allietto e di Yuri Corradin erano iniziate nel 2019. L’inchiesta è partita dal sollevamento del piano di campagna dell’area situata lungo la Dora Baltea, a qualche metro dall’entrata della Porta del Parco Mont Avic, attraverso la posa di conglomerato bituminoso derivante dai lavori di fresatura stradale, materiale che secondo gli inquirenti era ed è da considerare “rifiuto speciale” che doveva essere smaltito secondo specifiche procedure. Oltre questo aspetto, la Procura ha puntato il dito sul fatto che nell’area della Alfa Tech srl - circa 17 mila metri quadrati -, che è sempre nella stessa zona, il conglomerato sia stato stoccato in maniera non consona e del tutto senza autorizzazione.
A proposito di stoccaggio del materiale, da più parti si legge che la discarica abusiva sia stata individuata «Lungo il torrente Chalamy». Così non è. Per onore di cronaca va detto che il torrente Chalamy nel 1957 è in parte esondato nella zona dove oggi si trova la zona incriminata e che è quindi inserita in “zona gialla”. Parlare oggi di discarica abusiva lungo il torrente Chalamy, non è quindi corretto, perché la parte finale dell’asta torrentizia (ben visibile per via delle “briglie” di contenimento del flusso d’acqua) si trova molto più a monte, addirittura al di là della proprietà ex Follioley.
Ma per tornare alla questione del traffico illecito di rifiuti ha indagato anche la Direzione distrettuale di Torino. Fu il Gruppo Aosta della Guardia di Finanza a mettere in pratica il provvedimento di sequestro dell’area Alfa Tech, disposto dal giudice per le indagini preliminari Valentina Giuditta Soria.
Ma è stata la stessa Direzione distrettuale che poi ha chiesto il dissequestro della zona, escluso quello del capannone. Dissequestro che, però, martedì scorso non è stato preso in considerazione dalla pm Maria Luisa Verna. Il Pubblico ministero non ha fatto sue le motivazioni del decreto di revoca del sequestro preventivo disposto con decreto del 29 giugno 2020 in riferimento al terreno di proprietà della società Alfa Thec.
«Il conglomerato bituminoso - così si legge nel decreto di revoca di giovedì 14 ottobre scorso, disposto dal procuratore di Torino Valerio Longi - cessa di essere qualificato come rifiuto ed è qualificato granulato di conglomerato bituminoso se è utilizzabile per la produzione di aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego nella costruzione stradale».
Di sicura rilevanza «Ai fini della valutazione della richiesta del dissequestro - scrive ancora il procuratore Longi - si appalesa la documentazione prodotta, con particolare riferimento alle dichiarazioni di conformità a suo tempo inviate da Servival srl all’Assessorato dell’Ambiente e all’Arpa della Regione Valle d’Aosta, documenti di assoluta rilevanza ai fini della valutazione della sussistenza del reato».