«Dichiarazioni surreali sulla mia candidatura alle Europee»
Portare i voti dei valdostani a qualcuno a cui non frega nulla della Valle d’Aosta. E’ questo che deve avere pensato Laurent Viérin dopo le ultime interlocuzioni, durate per l’intera giornata di mercoledì scorso, 1 maggio, prima di rinunciare alla candidatura. Depositato il simbolo a Roma di “Federalismo e Autonomie”, trovati 3 compagni di avventura, un rappresentante della comunità occitana e 2 donne, una consigliera comunale piemontese ed un’imprenditrice lombarda, tutto si è incagliato non con Italia Viva di Matteo Renzi ma con i componenti della lista, in particolare con i rappresentanti di +Europa, gli ex radicali. «Con Matteo Renzi si era concordato il rispetto delle nostre prerogative, - racconta Laurent Viérin - anzi il confronto è stato molto positivo e utile. Poi abbiamo capito che non potevamo fare parte di un gruppo di 6 movimenti con idee molto diverse e senza una sensibilità verso le minoranze linguistiche. Anzi +Europa è addirittura contraria alle autonomie differenziate, come era possibile un accordo? Non è mai stata nostra intenzione candidarci senza una condivisone sui valori dell’autonomia. Abbiamo capito che ai responsabili delle diverse componenti della lista Stati Uniti d’Europa non fregava nulla della Valle d’Aosta. Invece Matteo Renzi ed Enrico Borghi, con i quali avevamo trovato l’intesa iniziale, si sono dimostrati persone serie e rispettose, al contrario di chi abbiamo incontrato dopo.»
E’ certo che Laurent Viérin, il primo a proporre attraverso la sua disponibilità un confronto tra gli autonomisti valdostani per le elezioni Europee, dopo la rinuncia dell’Union Valdôtaine ad una candidatura, si aspettava una reazione diversa. «Dopo la mia candidatura, alla quale avrei anche rinunciato volentieri a favore di qualcun altro nell’ambito di una ritrovata Reunion fra autonomisti, - spiega Laurent Viérin - si sarebbe potuto aggregare concretamente il mondo autonomista. Invece si è aspettato, lasciando spazio alle altre forze politiche, che hanno approfittato nel vuoto creatosi, quando invece una convergenza avrebbe avuto un senso e pure un risultato. Si sarebbe potuto cambiare il candidato ma una convergenza doveva esserci tra tutti gli autonomisti.»
«Ora leggo con stupore le affermazioni surreali della presidente dell’Union Valdotaine Cristina Machet, - prosegue Laurent Viérin - che afferma di non aver candidato nessuno alle Europee, a causa della nostra candidatura. Una dichiarazione che fa sorridere, se si pensa che la rinuncia ad una candidatura unionista è arrivata ufficialmente lunedì 26 febbraio, ben prima della proposta della mia persona, giunta sabato 9 marzo, una proposta avanzata proprio per reagire a quella scelta e al fine di stimolare il dibattito nel campo della Reunion, peraltro mai arrivato. Ed ero, allora, l’unico candidato. Ora se ne sono aggiunti 6. Se si voleva, quindi, appoggiare questo progetto, andava fatto allora, e non ora con i “se” e con i “ma”.»
«Quelle della presidente Machet sono, comunque, affermazioni perfettamente in linea con quanto accade nella Réunion ed in linea con la credibilità di certa politica. - evidenzia Laurent Viérin - Infatti, sulla Réunion va fatta una considerazione, al di là di quelle già espresse, e la clamorosa ipocrisia dimostrata, appunto, in occasione delle Europee, che erano un’occasione per dimostrarne la reale volontà di concretizzazione, ma che invece ne hanno sancito la palese non volontà.»
«Una semplice considerazione che ci fa ormai capire quanto la Reunion - che dopo più di un anno e mezzo è ormai diventata una favola a cui nessuno crede - sia ormai stata ridotta piuttosto ad un semplice ritorno all’ovile - afferma Laurent Viérin - con la logica delle “porte aperte alla Renault”, che fa seguito alla geniale affermazione della Presidente unionista che dichiara che “le porte sono sempre aperte”. Si è quindi ridotto quello che doveva essere un progetto serio di “Réunification” ad una semplice riadesione all’UV, magari con cosparsa di ceneri sul capo, che sarà accettata probabilmente per sfinimento da qualcuno che non ha più casa e progetto, ma che ritengo abbastanza umiliante per chi crede profondamente in ciò che è stato costruito negli anni. Sicuramente non una volontà di riunire le diverse sensibilità, senza rinnegare le scelte di ognuno negli anni, per la costruzione di una nuova Union.»
«Un rientro all’ovile, quindi, che forse qualcuno vede come un’occasione per riaccasarsi, tranquillamente, - osserva Laurent Viérin - come se non fosse successo nulla. Una semplice riadesione che poteva quindi avvenire in qualsiasi momento - e da tempo - da chiunque interessato, come singolo individuo. Ma che nulla ha a che vedere con il progetto di ricostruzione e ricomposizione, a cui Orgeuil Valdôtain ha lavorato tanto, rispettoso delle idee di ognuno per un progetto di una rinnovata casa comune, da costruire assieme. Un pentimento, o forse una riconversione che ricorda molto la famosa affermazione che “Paris vaut bien une Messe”, con tanti auguri di buona riuscita per chi lo farà.»