Di corsa tra il cantiere e il cielo, la lezione di Alfredo Mammoliti: «Si vince con la testa e con i piedi ben piantati per terra»

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L'umiltà è un pregio che poche persone possono vantare realmente, Alfredo Mammoliti è una di queste. La passione per lo sport ma soprattutto per la montagna che porta nella mente e in particolare nel cuore, la semplicità con la quale descrive le sue imprese agonistiche ed i record che ancora detiene, senza dimenticare i sacrifici fatti a livello personale e professionale fanno da sfondo al racconto della sua vita.

"Sono nato il 27 novembre del 1964 ad Aosta. La mia famiglia, come tante, è arrivata in Valle d'Aosta dal sud e più precisamente dalla Calabria. Mio papà, Michele, classe 1922, nel 1955, la mamma, anche lei Mammoliti, Maria Immacolata del 1919, qualche anno dopo, nel 1958. Mio padre Michele - ricorda Alfredo Mammoliti - ha avuto diversi lavori: ha iniziato come muratore, quindi operaio allo stabilimento della Cogne di Aosta nei primi anni Sessanta, per poi gestire un banco di frutta e verdura in vari mercati della città e della regione. Purtroppo, per una grave malattia, morì presto, troppo presto, a soli quarantotto anni, l'8 agosto del 1970, mentre io, di anni, ne avevo appena cinque. Mamma Maria ha dovuto di punto in bianco prendersi carico di una famiglia numerosa. Infatti, sono l'ultimo di otto figli e dunque lascio immaginare il vuoto per la perdita quasi improvvisa del marito e la responsabilità di mandare avanti completamente da sola una famiglia composta dalla sorella più anziana, Francesca del 1944, per poi proseguire nell’arco di venti anni con Stella, Salvatore, Vera, Marsiglia che non c'è più, Giulia, Silvio e per ultimo appunto il piccolo Alfredo! Penso ancora oggi ai tanti sacrifici che nostra madre, casalinga mancata nel 2004, ha dovuto compiere e per questo non finiremo mai di ringraziarla per tutto il bene che ha fatto ad ognuno di noi.”

La casa dei Mammoliti era In via Vevey dove era il mulino con l’entrata dal grande portone del Palazzo dei Passerin, nel cuore del borgo di Sant’Orso. “Dopo avere frequentato le scuole elementari in piazza Arco d’Augusto e le medie alla “Jean Baptiste De Tillier” in via Piave, ho iniziato a lavorare in un’impresa di costruzioni di Aosta. Ho la passione per il mestiere del muratore che ho sempre fatto tuttavia, dove batte il cuore, professionalmente parlando, è per la mia specializzazione come piastrellista. La costruzione in generale mi piace nel suo sviluppo però dove sento di poter dare il meglio è nella posa delle piastrelle, tant’è vero che avendo ora una mia attività imprenditoriale ai miei collaboratori dico sempre che faccio il piastrellista proprio per l'amore che ho verso questo ruolo professionale. Dopo essere stato quindici anni dipendente, il mio datore di lavoro, Piero D'Agostino, ha cessato l'attività e da lì è nata la scelta, quasi obbligata, di mettermi in proprio. Sono ormai passati una trentina di anni da allora."

La passione per il lavoro si alterna ad un'altra altrettanto grande passione, questa volta non professionale: per Alfredo Mammoliti è lo sport, in particolare la corsa e la montagna. "Ho cominciato a correre per via del mio lavoro! Facendo il piastrellista per forza di cose stavo sempre in ginocchio e la sera, dopo dieci ore in cantiere, le ginocchia si presentavano gonfie. Andando a correre tutti i giorni riuscivo a non farle gonfiare più di tanto. Ed è così che è nato tutto. Ricordo ancora le mie prime sgambate lungo il perimetro della città. Mi piaceva correre e così una mattina mentre facevo il mio solito giro, chiamiamolo defaticante, mi sono imbattuto in una gara del circuito delle martse a pià. Mi sono ritrovato casualmente in mezzo ai partecipanti ma mi rendevo conto che, senza farlo apposta, andavo più veloce di loro! Alcuni ragazzi che gareggiavano li conoscevo bene, tant'è che nei giorni successivi, commentando l'accaduto, mi spronarono a partecipare a qualche gara ufficiale assieme a loro e quindi, convinto e soprattutto curioso di mettermi alla prova, mi sono iscritto alla mia prima competizione, sotto la spinta dell'amico Egidio Garino. Il mio esordio fu l'allora gara podistica della “Festa dell'Amicizia” che, con partenza da Gressan, arrivava a Pollein. La vinsi così come tutte le altre a seguire. Su undici gare disputate compresa una staffetta, sei le ho vinte. oltre a un secondo, un terzo, un quarto e per finire un ottavo posto ad una edizione di “Vivicittà” assieme a Roberta Brunet, mia compagna di classe della scuola media “De Tillier” che si classificò prima nella categoria femminile. Diciamo che meglio di così non poteva andare!”

“Avevo allora venticinque anni e, sportivamente parlando, a quell'età si è già in fase avanzata per una carriera sportiva: cominciavo - commenta Alfredo Mammoliti - quando altri erano al contrario già all'inizio del loro tramonto sportivo, però avevo la voglia di capire quali erano i miei limiti sportivi, fino a dove sarei potuto arrivare. Da solo, ho iniziato a prepararmi, a leggere e ad allenarmi con caparbietà e costanza. Il mio obiettivo era quello di partecipare alle gare in pista, in salita, nei percorsi misti e nelle lunghe distanze. Ho preso parte anche alla maratona di New York nel 1991, non prevista, solo perché si era liberato un posto nella compagine valdostana che doveva andare negli Stati Uniti. Premesso che non avevo mai gareggiato prima di allora in una maratona, andò così bene che arrivai primo tra i componenti del gruppo di Aosta che correva assieme a me. Giunsi al traguardo sotto le tre ore... lascio immaginare quanta soddisfazione abbia provato in quel momento, come ancora mi emoziono adesso nel raccontare quei fatti di oltre trent’anni fa."

Comunque ad Alfredo Mammoliti questi exploits sportivi legati alla corsa non bastano, sente che il suo fisico può andare ancora oltre. Ha quindi inizio un'altra sfida per lui, una sfida personale questa volta legata agli sport invernali. "Non avevo mai messo gli sci ai piedi così provai con il fondo, sempre da solo, da autodidatta dello sport quale mi piace definirmi. Da solo ho imparato, letto e studiato le varie tecniche e ho iniziato ad iscrivermi a diverse gare. Anche nello sci nordico le cose iniziarono ad andare bene a livello regionale, ottimi piazzamenti al “Trofeo delle regioni” e il migliore risultato ottenuto è stato nella “Marciabianca” di Enego nell'altopiano di Asiago nel 1993, vinta dal grande Gaudenzio Godioz, nella quale mi classificai decimo assoluto. Un piazzamento importante che sottolineo, come atleta non professionista in mezzo a quasi tutti professionisti provenienti dall'Esercito, dalle Fiamme Gialle, dalla Forestale e dalla Fiamme Oro! Fui anche particolarmente fortunato in quella circostanza perché il tempo, il giorno della competizione, era brutto e di conseguenza la sciolinatura per gli sci era praticamente uguale per tutti e li uscirono fuori la mia capacità fisica e il mio carattere nel non mollare mai fino al traguardo. Dallo sci nordico la voglia di andare oltre mi condusse allo sci alpinismo: ricordo ancora le prime gare con gli sci tradizionali mentre gli altri atleti gareggiavano con quelli da fondo. Posso tranquillamente dire che tutti gli obiettivi sportivi che mi ero prefissato li hoi gradualmente raggiunti con eccellenti risultati."

Tra i traguardi che Alfredo Mammoliti si era immaginato figurava pure quella straordinaria impresa di cui ricorre giusto quest'anno il trentennale, per la precisione il 13 agosto 1993, sulle Grandes Jorasses: la prima di uno skyrunner valdostano. "Avevo conosciuto Valerio Bertoglio, guardia del Parco del Gran Paradiso in servizio a Cogne che nel 1990 aveva realizzato il record salendo e scendendo dal Cervino di corsa. Affascinato dal suo entusiasmo nel descrivere l’impresa che aveva compiuto decisi di tentare qualcosa di simile, tuttavia mi posi come obiettivo quello di arrivare in cima ad un’altra vetta, con qualche grado in più di difficoltà. Ed ecco che maturai l'idea della cima delle Grandes Jorasses, una via che rispetto al Cervino è più impegnativa perché si tratta di un percorso misto roccia-ghiaccio, considerando però che la parte mista all’epoca era molto più estesa rispetto ad oggi, visto il preoccupante scioglimento del ghiacciaio e l’attuale aumento della roccia pulita sul percorso.”

“Mi allenai - rammenta Alfredo Mammoliti - fino a quando ritenni che il livello di preparazione fosse ottimale e, come si dice, tentai l'impresa! Un'avventura piena di peripezie: il ghiacciaio era in movimento tanto che due settimane prima della mia salita purtroppo persero la vita dieci alpinisti a causa del crollo di un seracco. Nell'ultima ricognizione la parte bassa non presentava particolari problemi in quanto i crepacci erano larghi poche decine di centimetri mentre quel giorno ne ho trovato uno più largo di un metro e mezzo e non riuscivo a saltarlo. E qui non posso non citare Gigi Reverchon, il custode del tennis di Aosta, personaggio molto noto in città, il quale mi doveva supportare nell'impresa ma essendosi pure lui trovato nella mia stessa situazione si era allontanato dal tragitto stabilito e quindi ho dovuto cercare prima il passaggio e poi lui, perché aveva con se la mia picozza e il bere e così, inevitabilmente, ho perso parecchio tempo. Comunque quell'imprevisto invece di scoraggiarmi mi ha paradossalmente caricato in quanto ho trasformato la rabbia per il ritardo accumulato in energia positiva e in maggiore concentrazione per portare a termine quanto mi ero prefissato. L'aiuto di Gigi Reverchon è stato fondamentale in quel frangente, lo voglio soprattutto ricordare come un amico, una straordinaria e bella persona che non c'è più. All'arrivo in vetta ad aspettarmi erano Valerio Bertoglio e Stefano Cerise, anche lui guardaparco del Gran Paradiso, poi iniziai subito la mia discesa verso Courmayeur."

Alfredo Mammoliti, la mattina di venerdì 13 agosto 1993 alle 6 partì dal piazzale dell'Hotel Miravalle di Planpincieux in Val Ferret, a 1.600 metri di altitudine, diretto verso la Punta Walker, nelle Grandes Jorasses a 4.208. Vestito al minimo per garantirsi la sopravvivenza (tuta da fondo, giacca leggera, cappello, guanti, ramponi, piccozza) affrontò il tutto con un solo obiettivo: salire e scendere dalla vetta nel minor tempo possibile. Dopo quattro ore, tre minuti e ventisei secondi fu di ritorno.

Un record, quello di Alfredo Mammoliti, che venne rilevato con precisione dall’Associazione cronometristi della Valle d'Aosta. "Non ancora soddisfatto del risultato ottenuto, l'anno successivo, nel 1994, decisi di ripetermi, questa volta partendo da Aosta per arrivare alla Becca di Nona. Oltre alla preparazione e all'allenamento fisico che svolgevo regolarmente dopo dieci ore di lavoro in cantiere, dovetti anche occuparmi della pulizia del sentiero di accesso alla vetta, perché allora nessuno praticava i sentieri che partivano dal basso, per questo mi sento di ringraziare il mio datore di lavoro Piero D’Agostino che mi consentiva di smettere alle 17 per potermi allenare in salita e contemporaneamente pulire il percorso. Nell'impresa fui sostenuto, tra gli altri, dai fratelli Sergio e Remo Pession di Quart che mi aspettavano in cima mentre un altro amico, Claudio Rosset, mi attendeva a metà della salita. Con il supporto di un fidato cronometrista il tempo fu di due ore e sette minuti per salire e di un’ora per scendere.”

“Il 7 settembre del 1994, mi dedicai - evidenzia Alfredo Mammoliti - ad un'altra salita e discesa di corsa, però questa volta la vetta da raggiungere era il Mont Emilius e in quella occasione impiegai due ore e cinquanta minuti a salire e un’ora e cinquanta minuti a scendere. Fu praticamente l'ultima sfida sportiva con me stesso, dopo di che ripresi in maniera costante e continuativa il mio lavoro e tutto questo vissuto, ormai da tanti anni, fa parte dell'album dei ricordi, dei bei ricordi per una passione che dentro di me non morirà mai.”

Come vede il mondo dello sport oggi, per Alfredo Mammoliti è un motivo di tristezza. "Innanzitutto, rispetto ad allora, è cambiato tanto. Mentre persone come Valerio Bertoglio e molti altri, compreso me, volevamo sfidare noi stessi, per passione, oggi vedo che prevale di più la competizione tra le persone. Se non sfidi innanzitutto te stesso, come puoi, sportivamente parlando, sfidare un avversario? Uso un termine pesante, oggi, a parte vincere a qualsiasi costo, pare che la vera competizione sia legata al sapersi vendere bene! Tante persone sono convinte che il correre in un prato equivalga ad essere forti in una cronoscalata di montagna, non è così! E poi, l'aspetto triste, è nel vedere spettacolarizzare il tutto. Purtroppo, secondo me, si è perso il rispetto per la montagna.”

“Ormai - sottolinea Alfredo Mammoliti - passa di tutto nei sentieri: dai trail running alle mountain bike. Una volta, in montagna ci si salutava e, a volte, raggiunta la vetta ci si abbracciava, talmente era grande la soddisfazione per aver raggiunto l'obiettivo. Oggi si cammina a testa bassa e il saluto è limitato a un semplice incrocio degli occhi, come se fossimo in una via di qualche grande città, di una metropoli. La montagna sotto certi aspetti è violentata, una volta era per coloro che, con grande umiltà e rispetto, tentavano di migliorare le proprie potenzialità. Adesso è diventata una moda andare in giro con i bastoncini e gli occhialini senza avere un ricambio nello zaino... quando lo si indossa, perchè pare che anche lo zaino sia diventato ingombrante. Si rischia in caso di bisogno di mettere in pericolo altre persone per non parlare poi dell'allerta del Soccorso Alpino Valdostano che per l'imprudenza di molti deve intervenire tralasciando oppure rimandando interventi seri per situazioni banalmente evitabili. Manca la consapevolezza di quanto la montagna sia rischiosa se non la si conosce e, peggio ancora, se la si vuole sfidare senza il giusto equipaggiamento e la corretta consapevolezza dei propri limiti, senza il continuo aggiornamento legato alle previsioni meteorologiche che vanno sempre monitorate, e non osservate solamente di sfuggita il giorno prima."

Una raccomandazione però Alfredo Mammoliti, autodidatta del mondo dello sport, obiettore di coscienza e dunque senza la trafila da atleta dell'Esercito Italiano, la vuole dare a quei giovani che sentono di avere la passione per la montagna che vorrebbero affinare: "Prepararsi seriamente, crederci e soprattutto lavorare intensamente su se stessi prima ancora che creare competizione con gli altri. Per ultimo un consiglio: guardare con attenzione il film “Cars - Motori ruggenti”, la storia del guidatore giovane e spavaldo che se la deve vedere con un vecchio pilota che riesce a sconfiggerlo. Il segreto? L'umiltà del vecchio pilota. Vincere una gara non significa essere subito campione del mondo. Si vince con la testa e con i piedi ben piantati per terra."

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