Delitto Betemps, dopo un anno l’omicidio è ancora un mistero
È trascorso ormai un anno, ma il killer - ammesso e non concesso che fosse uno solo - di Giuseppe “Pino” Betemps è ancora senza un volto e un nome. Il corpo ormai privo di vita del 72enne di Saint-Christophe era stato scoperto la mattina di martedì 19 ottobre nella cantina della sua casa a Marseillan. Il cadavere aveva numerose fratture, ferite e un cappio intorno al collo. Durante la perquisizione dell'abitazione di Giuseppe Betemps erano stati trovati anche 1.500 euro in contanti. Da qui l’ipotesi che l’autore del delitto cercasse dei soldi. Insomma, il movente più accreditato è quello di una rapina finita male. L'allarme era stato dato dai vicini di casa che erano intervenuti a prestare soccorso al fratello della vittima, Franco, 69 anni, ora ricoverato in una struttura per anziani. L'uomo, disabile, era stato trovato privo di sensi, infreddolito e denutrito, sulla porta di casa. Solo successivamente era stato scoperto in cantina il corpo di Giuseppe Bétemps. L’unico indagato per quel delitto - che aveva sempre respinto fermamente tutte le accuse - era Agnesi Saia, 62 anni, un piccolo impresario edile che abitava a Sorreley e che si è tolto la vita in casa con un colpo di arma da fuoco. Il cadavere di Agnesi Saia era stato rinvenuto nella serata di giovedì 11 agosto. Alla base del suicidio ci sarebbero state difficoltà economiche, come spiegato in un messaggio ritrovato dagli investigatori: la sua abitazione infatti era andata all'asta in primavera e, proprio il giorno prima di farla finita, Agnesi Saia avrebbe dovuto lasciarla. Al mattino, però, non si era presentato per lo sgombero.
Il coinvolgimento di Agnesi Saia nell’inchiesta della Procura sulla morte di Pino Bétemps era arrivato in seguito ad una perquisizione della sua casa dove gli inquirenti avevano prelevato tra l’altro 2 paia di scarpe con presunte macchie ematiche. «Agnesi Saia era assolutamente tranquillo - ricorda il suo avvocato Stefano Moniotto di Aosta - ed era sicuro di poter provare facilmente la sua estraneità all’omicidio di Pino Betemps. Non mostrava alcuna preoccupazione per quella vicenda giudiziaria. D’altro canto il nostro perito, il genetista torinese Marzio Capra, noto per la consulenza prestata nel processo sulla morte di Yara Gambirasio, aveva escluso qualsiasi collegamento tra le presunte tracce ematiche trovate sulle calzature sequestrate a Agnesi Saia e la vittima del delitto». Anche un primo esame con il Luminol, sostanza utilizzata dagli inquirenti per evidenziare tracce ematiche, non aveva confermato la presenza di sangue. Agnesi Saia sosteneva che si trattasse di macchie di fango e di olio, dato che aveva usato quelle scarpe in giardino. Peraltro nello scantinato dove è stato scoperto il corpo di Pino Bétemps non sono state rilevate tracce di Dna diverso da quello della vittima.