Danni da cinghiali, petizione per estromettere i cacciatori dalla gestione del problema
La questione della proliferazione dei cinghiali dalle zone montane, di collina e di campagna verso le fasce abitate dei piccoli Comuni eporediesi - e oggi pure di quelli più grandi - è un problema periodico e finora irrisolto. I suidi si muovono in gruppi, in cerca di cibo, causando danni gravi a poderi, orti, campi e proprietà private, quando non addirittura incidenti lungo le strade provinciali. Le scorribande arrivano a rovinare pure diversi ettari di terra, messi a soqquadro nella loro ricerca di radici commestibili e resi poi impraticabili per i pascoli per via dell’azione delle loro zanne. Per gli allevatori e per gli agricoltori è un esborso monetario non indifferente ripristinare in continuazione i prati devastati, con costi spesso evasi di tasca propria. La scorsa primavera è così sorto in Piemonte un movimento spontaneo trasversale di opinione chiamato Comitato Amici degli Ambienti Rurali Piemontesi (Coaarp), formato da coltivatori, cittadini, esperti di scienze forestali, agronomi, ambientalisti, animalisti e sindaci, diffusosi presto tra le varie province piemontesi e finalmente arrivato anche in Canavese. I Comuni di Andrate, Settimo Vittone e Nomaglio - in attesa che almeno altri 15 Comuni seguano lo stesso esempio -, la cui economia si basa prevalentemente sull’agricoltura e sull’ecosistema boschivo, hanno aderito alla petizione promossa dal Coaarp e inviata in Regione in merito a un nuovo modo di affrontare la soluzione dell’emergenza cinghiali.
Tale documento prevede un approccio sistemico a una conclamata calamità che va oltre la sfera dell’agricoltura e una presa di posizione contro l’attività venatoria chiamata a “regolamentare” il contenimento di questi animali. Evidenziate le criticità della proliferazione dei cinghiali (distruzioni di coltivazioni agricole, invasione di sedi stradali, squilibri nell’avifauna nidificante a terra e in generale nel mondo della biodiversità, pericolo di diffusioni epidemiche e rischi sanitari di varia natura), il Coaarp chiede la gestione professionale dell’emergenza da parte degli enti pubblici che vada oltre il mero (e spesso insufficiente) indennizzo dei danni subiti e soprattutto l’estromissione dalla gestione dei cacciatori, in quanto, secondo il comitato, questi non avrebbero interesse a risolvere il problema, dato che l’immissione sul territorio dei suidi sarebbe stata appunto intesa a scopi venatori; la richiesta di carne di cinghiale viene scoraggiata dal movimento, perché renderebbe legittimo l’aumento della popolazione dei cinghiali a scopo economico.
Il sindaco di Borgofranco Fausto Francisca, rimasto estraneo all’invito ad aderire al movimento ma da sempre attivo nel cercare di trovare una soluzione all’emergenza cinghiali, molto sentita nel suo Comune, ha invece rimarcato una presa di posizione a favore dell’attività di caccia. «Gli agricoltori qui sono sempre più esasperati dai danni inferti sul territorio da questi animali e la sicurezza sulle strade è messa a repentaglio dalla presenza dei suidi. - evidenzia il primo cittadino - Mi sembra piuttosto che le battute di caccia concordate non siano state fatte con la dovuta efficacia. Dovrebbero essere in numero maggiore per poter contenere la proliferazione dei cinghiali, ormai non più stanziali ma sempre più portati a muoversi in branco anche verso le fasce abitate».