Dall’amore per gli animali all’evocativa storia della casa di famiglia a Châtillon

Dall’amore per gli animali all’evocativa storia della casa di famiglia a Châtillon
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Dopo “Delle verità” edito da Manni nella collana Pretesti, lo scrittore Daniele Gorret di Châtillon, le cui opere sono pubblicate dalle migliori case editrici e che vanta recensioni sulle principali testate giornalistiche italiane, torna in libreria con una poesia nell’antologia "Bellezza senza vanità. Poesie d'amore per gli animali", curata per Macabor da Claudia Manuela Turco, e con il libro "Le contemplanze" edito da Pequod. Lo abbiamo intervistato per capire di cosa trattano le sue ultime fatiche letterarie.

Nell'antologia "Bellezza senza vanità. Poesie d'amore per gli animali" il suo nome compare accanto a quelli di Dacia Maraini, Vivien Lamarque e René Corona. Come è nato questo progetto e perché le hanno chiesto di partecipare con la poesia "Il passero a terra"?

«L’invito a questa antologia è giustificato, credo, dalla presenza assidua di figure animali in tutti i miei libri. Il componimento “Il passero a terra” fa parte di un testo per ora inedito in cui ogni lirica evoca e in certo modo “resuscita” una cosa o un animale o una persona cara scomparsa, tutti oggetti del mio ricordo da me vissuti come altrettante reliquie da venerare. Mi pare interessante evidenziare che il ricavato delle vendite dell’antologia “Bellezza senza vanità” sarà devoluto al “Parco Rifugio per animali in difficoltà” di Udine».

Più in generale, cosa pensa di ciò che la curatrice dell'antologia definisce "L'umanità degli animali e l'animalità dell'uomo"?

«Il presupposto del libro mi pare sia che fra tutto quanto vive su questa Terra esiste comunanza di destino e debba quindi esserci qualche tratto di solidarietà. Ogni creatura è tale in quanto capace di provare, in forme diverse, piacere e dolore. In questo senso possiamo “sentire” gli animali come fratelli terrestri molto simili e insieme molto dissimili rispetto a noi; in questo senso possiamo osservare in ogni animale qualche forma di empatia verso di noi ed ogni animale può offrirci la sua particolarissima dose di umanità. E questo senza costringere i nostri animali ad assumere comportamenti scioccamente umani, cosa che non dimostrerebbe molto rispetto nei loro confronti. Avvertendo, invece sì, questo intreccio di destini ci si può sentire solidali con il dolore universale in qualunque forma esso si manifesti. Qualcuno ricorderà la celebre lirica di Umberto Saba dedicata ad una capra, componimento in cui il poeta avverte nel “volto” e nel lamento dell’animale qualcosa di familiare: “Quell’uguale belato era fraterno / al mio dolore”. E si può pensare che essendo tutti imbarcati sullo stesso pianeta, rispettarlo un pochino di più potrebbe rientrare nell’interesse comune: l’“arca” è stata costruita per salvarci dal diluvio, non per provocarlo. D’altronde, è questa una cosa che ho sentito fortemente fin da piccolo e che non mi ha mai abbandonato».

Cosa ha ispirato, invece, "Le contemplanze" edito da Pequod?

«All’origine c’è la storia, remota e insieme per me vicinissima, di un edificio, quello in cui ho vissuto a Châtillon dalla nascita fino all’età adulta. Fu nell’anno dei miei vent’anni, ovvero il 21 marzo 1971, che quella casa in via Martiri della Libertà fu travolta da un crollo e dal conseguente incendio e che l’appartamento in cui viveva la mia famiglia restò gravemente danneggiato. Qualcuno in paese ricorda ancora quel fatto di cronaca. L’episodio per me traumatico è poi stato rivissuto narrativamente e poeticamente, e con gli anni si è sedimentato nella memoria e trasfigurato in questo libro. Protagonista del racconto è proprio la casa che nel corso di un secolo, il suo secolo, il Novecento, si racconta richiamando fatti e figure della storia di una famiglia e della Storia del Paese. Nei diversi capitoli - ognuno dei quali è ambientato in una stanza della casa e cioè sala, cucina, camera da letto, cantina e soffitta, evoco personaggi ed oggetti che lì hanno abitato o che lì sono stati ospitati. Ognuno ha la sua voce che torna a dialogare grazie ad una sorta di rito evocatore per cui tutto ciò che non c’è più magicamente risorge per il breve spazio di una notte. L’editore Pequod, con cui ho pubblicato altri due libri nel corso degli ultimi anni, ha creduto nel testo e gli ha dato vita in un’edizione che a me pare anche graficamente molto bella».

Sono previste presentazioni online edlle sue pubblicazioni?

«No, non prevedo presentazioni on-line, cosa che mi è estranea per innumerevoli ragioni. Se mai sarà possibile incontrare i lettori, lo farò “dal vivo” in libreria o in qualche altro luogo fatto di realtà in cui poter avere di fronte persone reali».

Sta lavorando a nuovi libri?

«Scrivo, o riscrivo, tutti i giorni. Le nuove pagine, quindi, non mancano. Si tratta di lavorarci su e di proporle a editori convinti del loro valore. Non tutto, giustamente, dipende dall’autore. In particolare, il testo cui sto dedicandomi è il tentativo di dar voce agli organi del nostro corpo, sentiti come altrettanti esseri senzienti, capaci a modo loro di parlarci. Almeno, ci sto provando».

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