Da Châtillon alla Malesia insegnando calcio: la storia di Luigi Garofalo
Dalla Valle d’Aosta alla Malesia, il viaggio personale e professionale di Luigi Garofalo è di quelli da raccontare. Di mezzo ci sono tanti anni a Terni da preparatore atletico, un allenatore ceco che, dall’Africa, lo ha contattato tramite Linkedin per portarlo in Asia, un nuovo stile di vita e di lavoro a cui adattarsi in pochissimi giorni e la conoscenza di un calcio completamente nuovo.
Ma andiamo con ordine. Garofalo, classe 1982, è cresciuto a Châtillon (dove vivono tuttora i suoi genitori, che viene a trovare ogni volta che può) fino al 2007 quando, finita l’università a Torino, si è trasferito a Perugia per la magistrale. In quegli anni la Ternana di calcio aveva lanciato un concorso per la ricerca di due preparatori atletici per gli Allievi nazionali: Luigi fu uno dei vincitori e da lì ebbe inizio un percorso all’interno della società rossoverde che lo ha portato fino alla squadra di serie B nel 2013/14 agli ordini di Mimmo Toscano. Dopo due anni a Rieti in serie C, quest’anno il preparatore atletico valdostano si era ritrovato senza squadra, anche a causa di alcune vicissitudini che hanno fatto saltare la firma per il Foggia di mister Capuano, poi dimessosi a fine settembre.
Qui subentrano gli elementi più decisivi della storia: Tomas Trucha, allenatore della Repubblica Ceca con anni di esperienza in Africa, scopre i lavori di Garofalo su Linkedin e lo contatta per portarlo in Kenya, negli AFC Leopards. “Abbiamo parlato per diversi mesi, poi lui ha dato le dimissioni. - racconta Luigi Garofalo - Quando gli è arrivata la proposta dal Penang Football Club, in Malesia, mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere fare quell’esperienza all’estero. Io ho accettato, ma tra visti, permessi, burocrazia varia e una settimana di quarantena a Kuala Lumpur, sono arrivato a Penang il 21 febbraio”.
Giusto il tempo di conoscere il nuovo continente e la nuova società e il 3 marzo è iniziato il campionato di Super League, la serie A malese. “Volente o nolente, ho dovuto ambientarmi subito. Abbiamo già disputato 5 partite, molto ravvicinate, facendo 8 punti contro avversarie più blasonate di noi che siamo una neopromossa. Devo dire che ci ho messo un po’ a capire il loro modo di vivere la vita, che si ripercuote anche su come intendono il calcio: loro sono molto “easy”, mentre io sono più “elettrico” ed all’inizio mi arrabbiavo un po’. Ma è un gruppo che lavora molto e si mette a disposizione, accettando qualsiasi tipo di lavoro che propongo. Non pensavo, ma ho trovato un livello tecnico molto elevato, anche se i ritmi di gioco non sono come quelli che siamo abituati a vedere in Italia. Sta a me migliorarli con il mio lavoro”.
Un ruolo decisivo nel capire e nell’adattarsi al loro stile di vita “brasiliano”, come lo definisce Garofalo, lo ha avuto Trucha: “Il rapporto con lui è ottimo, mi lascia molta libertà dal punto di vista del lavoro fisico. Ha girato tanto e sa dove possono arrivare i giocatori, cosa posso chiedere loro. Ora che l’ho capito me la vivo meglio anche io”.
Sulla vita in Malesia, Luigi Garofalo ha un solo rimpianto: “Se avessi qui mia figlia, potrei starci a vita - confessa il 38enne di Châtillon - Si vive in modo rilassato e sereno, il costo della vita è bassissimo, ci sono infrastrutture importanti ma anche bellissimi luoghi da visitare, come Georgetown, la parte storica di Penang, che è patrimonio Unesco. E poi sono a 20 minuti dal mare. I ristoranti sono aperti, i servizi fruibili: manca solo la libertà di spostamento tra stati, oltre a dover stare in una bolla quando siamo in trasferta”.