Cuore di pietra e cuori di cemento

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La montagna si esprime e accoglie chi vuole omaggiarla.

La natura è immensa forte, impietosa, ma al tempo stesso fragile ai piedi del Monte Bianco, come testimonia anche l’artista francese Saype che ha creato un immenso affresco “La grande dame”.

Come tutte le sue opere è visibile solo nella prospettiva dall’alto, oltre i 2.300 metri del Pavillon dove è dipinto con vernice biodegrabile di gesso e carbone.

Un abbraccio tra due donne, nonna e nipote, generazioni al cospetto del tempo e dei cambiamenti; la più giovane, la generazione nascente, punta il dito sul Monte Bianco, il più simbolico testimone del tempo che passa, mutando non solo l’aspetto, ma anche l’idrologia, creando conseguenze sul micro clima, generando preoccupazioni per la sopravvivenza futura. Per una volta è la vetta che si fa simbolo di ciò a cui dobbiamo prestare attenzione, per una volta dobbiamo alzare lo sguardo oltre noi stessi e guardare in alto, verso il cielo e verso il futuro.

Un’opera effimera, di un pioniere di un nuovo tipo di arte, a metà tra land art e street art, l’opera più alta mai realizzata da Saype, che testimonia e accende un faro sul ghiacciaio che si ritira, sulla necessità di tutela alla natura.

Salendo più in alto dell’opera stessa si può ammirarla prima che l’erba e il potere della natura la cancellino, come per ogni effetto dell’uomo.

Anche questa tecnica riporta essa stessa a dovute riflessioni, sui cambiamenti dolci che gli uomini possono apportare alla natura, senza forzarla, stravolgerla, mortificarla.

Vincerà la natura questa volta, che fra qualche settimana fagociterà le due donne “denuncia” e le porterà nel profondo della terra; tuttavia non sempre questo accade, a volte dighe, costruzioni, aberrazioni rimangono piantate per sempre, come schegge, nel paesaggio terrestre.

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