Cri sampietro

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Ben 5 canonici si susseguirono per circa 50 anni dal termine della seconda Guerra Mondiale agli anni Novanta nel Consiglio del Comitato Regionale della C.R.I.

Hanno portato la propria esperienza e la propria competenza alla Croce Rossa: don Giuseppe Péaquin, consigliere dal 1946 al 1965; don Camillo Rosset, consigliere dal 1970 al 1974; don Ferruccio Brunod, consigliere dal 1974 al 1979, don Adolfo Bois consigliere nel 1979 e don Antonio Proment, consigliere dal 1985 al 1991.

I dati sono stati gentilmente forniti dalla segreteria del Vescovado che li ha tratti dal Bollettino Diocesano e da «Le Clergé valdôtaine de 1900 à 1984 - Notices Biographiques» di Alberto Maria Careggio, Imprimerie Valdôtaine, 1985.

All’interno del Comitato CRI la presenza dei canonici è stata importante per il loro legame con il territorio, per la conoscenza delle situazioni di difficoltà, per l’attenzione al tema dell’educazione e della cultura.

Dal 1800 le parrocchie dei paesi valdostani furono centro di gravitazione per gli abitanti e si preoccupavano per l’istruzione nelle scuole, per l’attività di assistenza e per l’attività sportiva.

Nel suo libro «Le Alpi» edito da Il Mulino, lo storico valdostano Marco Cuaz afferma «Come nell’assenza totale di strutture ricettive furono all’inizio solo i parroci a poter offrire condizioni di ospitalità minimamente decorose e svolgere nei confronti degli escursionisti stranieri la funzione di guida e di accoglienza».

Un articolo dell’avvocato Désiré Lucat, tratto da un numero de «Le Val d’Aoste» del 1911, segnalava la presenza di 548 scuole elementari ripartite tra i 73 Comuni valdostani (diventeranno 74 nel 1952).

Si trattava per lo più di scuole di scuole a «frequentazione facoltativa» sorte grazie all’iniziativa e all’autofinanziamento dei contadini, dei parroci e degli ordini religiosi.

Nel 1920 il nuovo ispettore scolastico Don Gioanetti comunicò l’intenzione di sopprimere, in quanto antieconomiche, 15 scuole di villaggio suscitando la reazione della Ligue Valdôtaine ed aprendo una polemica di vaste proporzioni nella quale alla problematica delle scuole di villaggio si affiancò la questione del francese.

François Gabriele Frutaz scriveva sul Duché d’Aoste il 29 marzo 1922: « …en plein XXième siècle quelques individus étrangers à notre Vallée cherchent à se substituer à tout un Pays, à en effacer la langue, les écoles, les institutions, à passer l’éponge sur milles ans d’histoire…»

Altre sono le sfide oggi: come restituire, terminata la pandemia, le lezioni, gli scambi umani, le spiegazioni mancate, il tempo sospeso ai nostri bambini e ai nostri ragazzi? Queste perdite definiscono nuove vulnerabilità, cui potrà rivolgersi l’impegno dei volontari CRI.

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