Courmayeur, pochissimi gli hotel aperti “La nostra categoria è la più penalizzata”

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A Courmayeur qualche albergo ha deciso di restare aperto. Mosche bianche, se si considera che nel paese più “in” di tutta la Valle d’Aosta la situazione delle strutture ricettive è desolante, come nel resto della regione d’altronde. Alessio Berthod, titolare dell’omonimo albergo in via Puchoz e responsabile Adava di zona, ospita alcuni agenti della Polizia Stradale ormai da dicembre e in virtù di questa lunga prenotazione ha deciso di rimanere a disposizione di altri possibili clienti. Pure Nicola Stazzi e Paola Olla dello Chalet Plan Gorret hanno voluto resistere. “Dal 18 dicembre siamo qui, soprattutto per il ristorante. L’occupazione delle camere è di circa il venti per cento, abbiamo qualche cliente di passaggio per lavoro. Il vero problema è che la continua incertezza, non sappiamo in che situazione saremo la prossima settimana. Con il servizio di asporto e consegna a domicilio del cibo è stata reinventata l’azienda, tutto sommato a Natale e Capodanno abbiamo lavorato bene. Quello però è un periodo particolare, dopo sopravvivere è più difficile. Abbiamo deciso di restare soprattutto per il personale: ne abbiamo curato la formazione per anni, perderlo adesso dopo tutti i sacrifici fatti nel corso degli anni sarebbe un colpo duro da digerire, più pesante della pandemia”.

Dal canto suo Alessio Berthod è più pragmatico. Nonostante la sua struttura sia aperta, non fatica a dire che “Questo inverno non si riaprirà. Senza stranieri, con gli italiani bloccati a casa almeno fino a metà febbraio, che senso ha? La verità è che la stagione è da buttare e che i ristori non sono stati sufficienti”. Alessio Berthod parla pure della categoria degli albergatori valdostani come “Quella più penalizzata in assoluto in Italia. Ristoratori e maestri di sci qualcosa hanno potuto combinare così come i nostri colleghi di altre regioni, considerato che in Veneto, in Lombardia e in Piemonte dalle città si poteva andare in montagna senza oltrepassare i confini regionali. Questa è la discriminante, non l’apertura o meno degli impianti di risalita, che ormai passa in secondo piano”.

Alessandra Garin ha fatto un ragionamento diverso: dopo l’apertura di giovedì 7 gennaio scorso l’Auberge de la Maison di Entrèves chiuderà domani, domenica 17. “In famiglia siamo ottimisti, riaprire dopo le feste voleva essere un segnale per noi in primis e per tutti i nostri collaboratori. Abbiamo avuto qualche soggiorno per motivi di lavoro e sperato nella ripresa del turismo, ma obiettivamente le condizioni per continuare non esistono e abbiamo deciso di fermarci”. Un bilancio di questi dieci giorni di attività? “Per certi versi positivo, almeno a livello umano. Rivedere lo staff ha dato a tutti un senso di normalità. Però a un certo punto bisogna guardare i numeri, che hanno confermato che andare avanti così non aveva senso”.

Come l’Auberge de la Maison, pure il Royal ha aperto e chiuso, peraltro in uno spazio di pochissimi giorni: la stagione invernale è durata da venerdì 18 a lunedì 21 dicembre scorsi e come ammette la direttrice Veronica Revel Chion difficilmente riprenderà nelle prossime settimane. “Non si sono più presentate le condizioni per ripartire. Nei decreti del Governo non si parla specificatamente del settore alberghiero, che però non può sopravvivere con le condizioni in atto. Lo stato di emergenza è stato prorogato fino a fine aprile, pensare già adesso all’estate mi pare la cosa più sensata”.

Situazione ancora diversa a Le Massif: la società di gestione - la Ihc - aveva previsto di aprire giovedì 7 gennaio. “Abbiamo posticipato il tutto a data da destinarsi. - commenta Elisabetta Serafini, addetto stampa della società milanese - Contiamo di aprire a febbraio, anche se la data precisa ancora non c’è: nei prossimi giorni, dopo aver letto nel dettaglio il nuovo Dcpm, prenderemo una decisione”.

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