Corte dei Conti, i consiglieri restano al loro posto

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«Non l'abbiamo bevuta e adesso presentiamo il conto». Se il presidente del Consiglio Alberto Bertin «Ha conservato un minimo di rigore morale che lo ha reso celebre in tutti questi anni - quando era all'opposizione - applichi sulla sua stessa persona le sue lezioni e tragga da solo le conseguenze rassegnando le proprie dimissioni per non aver esercitato il dovuto controllo e il suo ruolo di arbitro imparziale». E’ la protesta di Fratelli d'Italia Valle d'Aosta, dopo aver appreso che la Regione ha avviato tramite uno studio legale di Torino, impegnando la somma di 127.000 euro il procedimento per il recupero delle somme (capitali interessi e spese) dei 18 politici (tra cui 6 attuali consiglieri regionali) condannati dalla sentenza Casinò della Corte dei Conti a risarcire 16 milioni di euro per il finanziamento illecito di 140 milioni alla Casa da gioco di Saint-Vincent.

«Parallelamente - prosegue Fratelli d'Italia - abbiamo appreso che il Presidente del Consiglio non ha avviato le procedure previste dagli articoli 5, 7 e 8 della legge regionale 20 del 2007 in tema di incompatibilità sopravvenuta» che definisce «Incompatibili i consiglieri che hanno un debito liquido ed esigibile e sono stati legalmente messi in mora», perché «Per la Regione - ma non ci è dato ancora sapere da parte di quale ufficio o persona» la sentenza della Corte dei Conti «è stata impugnata in Cassazione e quindi non è ancora esecutiva».

«Peccato che la delibera di Giunta numero 1.244 del 4 ottobre - sparita stranamente dai radar dalla banca dati consultabile dal pubblico - asserisca il contrario e cioè che “la pendenza del ricorso alla Corte Costituzionale e dei ricorsi per Cassazione non sospende l'esecutività della sentenza”», concludendo che «Quello che viene considerato esecutivo per dare ad un avvocato di Torino per 127 mila euro l'incarico di recuperare i denari a 18 persone non viene ritenuto motivo altrettanto valido per dare il via all'applicazione di una norma prevista in una legge regionale».

«Non sappiamo - conclude il partito - se il presidente Bertin sia un replicante inconsapevole di decisioni altrui atte a favorire una dilatazione dei tempi utile ad evitare o rimandare fino alle calende greche l'incompatibilità di alcuni soggetti coinvolti».

La spiegazione di Bertin

«Può sembrare un paradosso, ma la situazione è questa: si tratta di una vicenda che non ha nessuna implicazione politica, ma è essenzialmente giuridica». Così il presidente del Consiglio regionale della Valle d'Aosta Alberto Bertin, risponde a Fratelli d'Italia che lo accusa di non aver applicato le procedure per incompatibilità sopravvenuta nei confronti dei 6 attuali consiglieri condannati dalla sentenza della Corte dei Conti sull'affaire Casinò.

«Sono 2 le norme cui fare riferimento in merito alla questione. Oltre alla legge regionale 20 del 2007, a cui fa riferimento Fratelli d’Italia, che stabilisce l'incompatibilità con la carica di consigliere regionale per coloro che, per fatti compiuti quando erano amministratori della Regione, sono stati - con sentenza passata in giudicato - dichiarati responsabili verso la Regione e non hanno ancora estinto il debito», secondo Alberto Bertin bisogna tenere conto anche «del Codice di giustizia contabile che, all'articolo 177, comma 2, statuisce che la sentenza è passata in giudicato se non vi è ricorso in Cassazione», precisa il Presidente, ricordando che «Come riferito dall'Avvocatura regionale la sentenza della Corte dei conti risulta impugnata in Cassazione da tutti i soggetti interessati e pertanto non si può ritenere come definitiva». E quindi «l'iter di pronunciamento della decadenza non può essere avviato».

Il presidente del Consiglio Valle precisa inoltre che non possono coesistere 2 cause di incompatibilità e «In questo caso, la disposizione di riferimento non è quella generica relativa alla lettera “v” dell'articolo 5 della legge regionale 20 del 2007 - “coloro che, avendo un debito liquido ed esigibile verso la Regione, sono stati legalmente messi in mora” -, bensì quella specifica relativa alla lettera “q”: disposizione che, nel caso di specie, si applica in quanto trattasi di fatto compiuto da persone nella loro qualità di consiglieri regionali, che hanno approvato un atto che è stato poi oggetto di sentenza di condanna da parte della Magistratura contabile».

Altra cosa è la procedura esecutiva, ossia le azioni di recupero delle somme dovute, che sono di competenza dell'Avvocatura regionale: «Infatti secondo l'articolo 373 del Codice di procedura civile - conclude Alberto Bertin - il ricorso per Cassazione, che non fa passare in giudicato la sentenza, non sospende però l'esecuzione della stessa, ma è il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata che può, su istanza di parte, disporne la sospensione».

Fratelli d’Italia non ci sta

«A smontare giuridicamente le nostre tesi saranno, del caso, soggetti terzi non certo il Presidente Bertin. Può anche darsi che questo accada e allora, in attesa della pronuncia della Cassazione, che ci auguriamo in ogni caso sia più rapida possibile, ci accontenteremo dell'opinione della gente che, su questa vicenda, è passata da tempo in giudicato». Controreplica via social Fratelli d'Italia al presidente del Consiglio regionale della Valle d'Aosta Alberto Bertin. Per il partito è tutto solo «Un bell'escamotage per guadagnar tempo sperando di tirarla per lunghe» e «una vergogna perchè permette a dei soggetti che sono stati condannati con sentenza immediatamente esecutiva e che non hanno rifuso la Regione nei tempi stabiliti di rimanere al loro posto come se niente fosse fino a quando la Cassazione avrà espresso il suo giudizio».

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