Corpi senza vita restituiti dal ghiaccio Giordano Donà è solo l’ultimo caso

Corpi senza vita restituiti dal ghiaccio Giordano Donà è solo l’ultimo caso
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Squadre di esperti soccorritori lo avevano cercato per giorni dopo la sua scomparsa il 28 marzo del 2019, Giordano Donà, alpinista biellese di Occhieppo Inferiore, del quale non si aveva più avuto traccia dopo un'ascensione che aveva il Monte Breithorn come obiettivo, a oltre 4mila metri tra Italia e Svizzera.

Giovedì 10 agosto scorso un corpo senza vita, assieme a dell'attrezzatura da montagna, è stato trovato nella zona del Piccolo Cervino ed è stata avanzata l'ipotesi che si trattasse di Donà.

Venerdì scorso la conferma è nella parole della figlia Marina attraverso i social: «Comunico che il mio caro papà Giordano è stato ritrovato in questi giorni e che solo in questo momento dopo tutti gli accertamenti del caso è stata confermata la sua identità. Anticipo inoltre che per sua volontà non verrà svolta alcuna funzione. Ringraziamo tutti per la comprensione e per la delicatezza che ci è sempre stata dimostrata. Sono passati ormai più di quattro anni dalla sua scomparsa ma l'affetto di tutti è sempre tangibile. Grazie di cuore».

Quello di Giordano Donà è solo l’ultimo caso di cadaveri «restituiti» dai ghiacci. I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale - con conseguente scioglimento dei ghiacciai - stanno aumentando la possibilità di tali macabri ritrovamenti.

A fine luglio di quest’anno la polizia svizzera ha ripreso in mano il caso di un escursionista tedesco che era scomparso quasi quattro decenni fa mentre scalava il ghiacciaio del Teodulo nelle Alpi meridionali.

Per via dello allo scioglimento del ghiacciaio, i resti dell’escursionista sono stati ritrovati da altri due alpinisti che si trovavano a Zermatt.

Hanno individuato gli elementi chiave per riportare il corpo alla luce: uno scarpone e un rampone.

La polizia ha diffuso una foto della scena del ritrovamento, dove mostra un singolo scarpone da trekking rosso spuntare dalla neve, luogo in cui l’escursionista ha incontrato la sua tragica fine. Le autorità hanno condiviso ulteriori dettagli attraverso un comunicato stampa: «Nel settembre 1986, un alpinista tedesco di 38 anni è stato dato per disperso dopo non essere tornato da un’escursione in montagna. Le ricerche non diedero alcun esito. Il 12 luglio 2023, alcuni alpinisti hanno scoperto resti umani e diverse attrezzature sul Teodulo.

L’intero ritrovamento è stato trasportato al reparto di medicina legale dell’ospedale vallesano di Sion, dove è stato esaminato in collaborazione con la sezione di identificazione forense della Polizia cantonale vallesana. Un confronto del DNA ha stabilito che si trattava effettivamente dell’alpinista scomparso dal settembre 1986».

Giusto un anno fa, ad inizio agosto del 2022, Complici le scarse precipitazioni invernali e l’ondata di caldo, il ghiacciaio Stockji (3.092 metri), nelle Alpi svizzere, non lontano dal Cervino, aveva restituito i resti mummificati di una persona morta da almeno 30 anni. Erano stati 2 francesi - Luc Lechanoine (55) e Vincent Danna (50) - a trovare il cadavere mentre percorrevano l’Haute Route, l’itinerario alpinistico che collega Chamonix con Zermatt. Arrivati nella località elvetica hanno avvisato la polizia del Canton Vallese, che insieme alla magistratura aveva avviato le indagini per risalire all’identità del corpo sulla base delle segnalazioni dei dispersi in montagna mai ritrovati. “Abbiamo fatto un bel po’ di slalom tra i crepacci. La montagna in questo momento è resa difficile dalla siccità. A un certo punto abbiamo tolto i ramponi per scendere sulla morena ed è lì che, su una lingua glaciale, sono apparsi diversi effetti personali”, aveva detto Luc Lechanoine al quotidiano svizzero Le Matin. “Da vicino, ho scoperto uno scheletro in qualche modo mummificato, danneggiato, ma completo”. “C’era uno zaino blu e rosso, una delle braccia era ancora in una cinghia.

C’era anche un bastone da sci o da camminata di marca Leki, rosa e nero”, un modello nato nel 1974, “un pile fucsia e una rudimentale piccozza, spezzata in tre. Indossava scarponi in cuoio e dei ramponi con cinghie in pelle, materiale più vecchio del resto. Era in jeans, quindi non proprio attrezzata per la montagna. Lei o lui doveva essere solo. È difficile dire per quanto tempo quel corpo fosse lì. Direi tra i 30 ei 40 anni, forse di più: anni Ottanta visti i colori fluo”.

Sempre la scorsa estate a 3.090 metri di quota, la fusione del ghiacciaio del Ventina, a Cervinia, aveva restituito un ordigno, verosimilmente un proiettile d'artiglieria della Seconda Guerra Mondiale. In parte ossidato, misurava 30 centimetri di lunghezza e 5 di diametro. Era stato un escursionista a segnalare il ritrovamento ai carabinieri, rendendo necessario l'intervento degli artificieri dell'esercito.

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