Confcommercio rilancia: «Interventi urgenti a sostegno delle aziende»

Confcommercio rilancia: «Interventi urgenti a sostegno delle aziende»
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Graziano Dominidiato, presidente della Fipe-Confcommercio Valle d’Aosta, prima lancia l’allarme e poi sollecita un deciso intervento della Giunta regionale perché si faccia carico della lenta ma inarrestabile agonia della piccola distribuzione, dei negozi di vicinato e di paese, dei bar e dei ristoranti che in molte nostre piccole realtà sono gli unici luoghi di socializzazione.

«La salute dei cittadini è il principale valore da preservare - ricorda Graziano Dominidiato - ma è anche vero che il Governo italiano ha sempre annunciato che alla chiusura delle attività coinvolte sarebbe seguito un intervento a sostegno di queste aziende. Non ci risulta che questo sia avvenuto causando l’agonia, se non la cessazione, di numerose attività. A tal proposito chiediamo che la Giunta regionale sensibilizzi il Governo centrale, perché intervenga a sostegno dei nostri piccoli commercianti e imprenditori che stanno lottando con le unghie e con i denti per restare aperti».

Affitti e stipendi ai dipendenti ma ristoranti e bar vuoti, negozi deserti, merce che resterà nei magazzini e che probabilmente deperirà. «E’ la dura vita dei piccoli commercianti, dei ristoratori, degli esercenti. Chi sopravvivrà alla seconda e alla terza ondata?» si chiede Adriano Valieri, direttore generale di Confcommercio Valle d’Aosta, ricordando che la situazione è drammatica con tante aziende che non riusciranno a riaprire.

«Chiediamo l’aiuto ed il sostegno concreto della Giunta regionale - ribadisce Adriano Valieri - perché faccia comprendere al Governo centrale che il sistema Valle d’Aosta si regge su una miriade di piccole imprese nonostante Roma privilegi alcuni settori, dimenticando quelli che rappresentano la continuità quotidiana dei servizi ai turisti ed ai residenti».

Le grandi catene commerciali nazionali, i franchising e i colossi delle piattaforme di vendita online guadagnano, mentre i piccoli negozi del territorio muoiono. In silenzio. Per Confcommercio-Fipe Valle d’Aosta è tempo che la Giunta regionale faccia sentire forte la sua voce.

«Il lockdown, del resto, - evidenziano il presidente Graziano Dominidiato e il direttore Adriano Valieri - ci ha insegnato che non tutte le attività commerciali, da quelle di vendita al dettaglio a quelle di ristorazione, hanno subito lo stesso contraccolpo nei mesi di chiusura totale. E la situazione, a distanza di mesi, non è cambiata molto».

Secondo Confcommercio-Fipe Valle d’Aosta «La Giunta regionale deve sapere e far sapere al Governo centrale che quella dei commercianti e dei pubblici esercizi è una guerra doppia: oltre alla battaglia contro il virus, c’è la lotta per sopravvivere alla crisi. Se il lavoro è un diritto, le tutele al riguardo sembrano essersi perse navigando a vista, tra un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’altro».

In merito alla drammatica situazione in cui versano le aziende, Confcommercio-Fipe Valle d’Aosta chiederà anche di intervenire nei confronti del Governo centrale a Carlo Sangalli, presidente nazionale dell’Associazione, e a Lino Stoppani, presidente della Federazione nazionale pubblici esercizi.

L’esito del questionarioUn grande punto interrogativo sulla possibile ripresa. E’ quello che emerge dalle risposte al questionario promosso da Confcommercio-Fipe Valle d’Aosta al quale hanno aderito le aziende valdostane. I mesi di isolamento hanno lasciato ferite profonde anche se per il terziario è stata l’occasione per accelerare un cambiamento che finora aveva affrontato solo in parte. La paura della crisi infinita potrebbe essere fatale per molte aziende, per altre invece è un incentivo per sfruttare tutte le possibilità offerte dal digitale al fine di riuscire a sopravvivere.

«Si tratta - sottolinea Adriano Valieri, direttore generale Confcommercio Valle d’Aosta - dei primi dati concreti sulle conseguenze dei Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri messi in campo per affrontare il Covid-19 che “fotografano” lo stato d’animo dei nostri imprenditori».

Al sondaggio hanno risposto 350 aziende di cui il 38 per cento delle ditte individuali, il 17 per cento delle società di capitali ed il 45 per cento delle società di persone, delle quali il 61 per cento non intercetta la domanda turistica. Altro dato significativo è connesso all’88 per cento degli intervistati che si rivolge prevalentemente a una clientela nazionale.

Il 61 per cento non vende sui mercati esteri i propri prodotti o servizi a dimostrazione che la maggior parte delle aziende attive nel terziario realizzano il proprio fatturato in Italia.

«Come dimostrano i risultati del sondaggio - evidenzia Graziano Dominidiato, presidente di Confcommercio-Fipe Valle d’Aosta - le nostre aziende operano prevalentemente al servizio della comunità valdostana ed in questo senso un ruolo sociale di grande importanza lo svolgono i negozi di prossimità. Perciò i bar e i ristoranti di paese ma soprattutto il sondaggio mette anche in luce la valenza sociale dell’operato degli imprenditori che hanno dimostrato una grande attenzione nei confronti dei propri dipendenti».

Infatti tra le azioni svolte dagli imprenditori che hanno aderito al questionario rispondendo alla domanda «La situazione di emergenza che impatto avrà sulla gestione dei dipendenti?» solo il 23 per cento ha detto di ipotizzare la possibilità di licenziare, mentre il 30 per cento pensa ad una riduzione dell’orario di lavoro. Il 35 per cento ha fatto o farà ricorso alla cassa integrazione guadagni ed il 12 per cento ipotizza soluzioni diverse.

Tutto questo con la consapevolezza che la ripresa dell’attività a pieno regime o in regime parziale non saprà quando potrà avvenire (69 per cento) mentre il 31 per cento manifesta l’ipotesi di tornare alla normalità nei primi mesi del 2021.

Sul piano economico finanziario le risposte al questionario dimostrano il calo di fatturato e la carenza di liquidità. Spiega Adriano Valieri: «Il 38 per cento degli intervistati lamenta di aver registrato un mancato fatturato superiore al 50 per cento, un altro 38 per cento ha perso tra il 30 e il 50 per cento, il 17 per cento tra il 20 e il 30 per cento. Inoltre il 76 per cento ha già fatto ricorso al credito bancario. Ciò significa che tutte le aziende non sono in grado di ripartire se non c’è un massiccio intervento finanziario della Regione o dello Stato. Dobbiamo ricordare ed aver presente che la perdita di fatturato significa carenza di liquidità che equivale all’impossibilità di pagare fornitori e acquisti creando un circolo vizioso pericoloso il cui sbocco significa la messa in liquidazione o la chiusura di centinaia di aziende e ridurre sul lastrico migliaia di famiglie».

La perdita di fatturato è data dall’83 per cento dalla riduzione delle vendite, il 5 per cento dalla mancanza di fiere e manifestazioni commerciali o congressuali, il 12 per cento dalle cancellazioni degli ordini.

Per far fronte alla crisi di liquidità il 55 per cento degli aderenti al questionario ha detto di avere la necessità di finanziamenti variabili dai 25mila ai 100mila euro, il 16 per cento avrebbe bisogno dai 100mila a 500mila euro per proseguire l’attività e il 4 per cento oltre 500mila euro. Solo il 15 per cento ha sostenuto di aver una necessità inferiore a 25mila euro.

Il questionario ha messo anche in evidenza le preoccupazioni per la ripresa dell’attività nel rispetto delle norme di sicurezza per evitare i contagi Covid.

Il 75 per cento prevede di dover ridurre il numero di clienti che potranno essere serviti contemporaneamente. Per questo l’11 per cento degli intervistati sostiene di star progettando una piattaforma di vendita online, mentre il 26 per cento ne ha già una. Il 57 per cento non usufruisce né pensa ad eventuali servizi online.

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