Condannato a otto anni per la feroce aggressione al macellaio Olindo Ferré
Il giudice dell’udienza preliminare di Aosta Davide Paladino ha condannato martedì scorso, 17 marzo, per tentato omicidio a 8 anni di reclusione Camillo Lale Demoz, 75 anni, l'impresario di Quart accusato di aver aggredito il macellaio di Charvensod Olindo Ferré, 68 anni. Il 1° ottobre 2018, secondo il pm Eugenia Menichetti, lo aveva gravemente ferito nel proprio capannone in località Séran con il manico di una zappa, al culmine di una lite scatenata dall'alcol. Olindo Ferré aveva riportato gravi lesioni alla testa e Camillo Lale Demoz era stato posto ai domiciliari l'11 gennaio 2019. Il giudice ha inoltre disposto il pagamento di una provvisionale, come risarcimento, di 100mila euro a ciascun danneggiato. I familiari si sono costituiti parte civile con l'avvocato Maria Rita Bagalà. Il processo si è svolto con il rito abbreviato. La difesa, rappresentata daglii avvocati Viviane Bellot e Antonio Rossomando, aveva chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove, sostenendo che «Sulla scena del crimine c'era una terza persona, ci sono tracce genetiche di un terzo contributore che non è stato identificato».
Il confronto tra accusa e difesa si è basato sull’esame di tracce, di sangue e di altri reperti rinvenuti sul manico di una zappa sequestrata nel capannone e su alcuni indumenti dell’imputato. Per la Procura, l’attrezzo era stato usato per colpire il macellaio al culmine di una lite dalle cause ignote, ma «Verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza». Il perito del Pubblico ministero, il biologo Paolo Garofano, aveva corroborato tale visione, riferendo di tracce da colluttazione. Il genetista torinese Marzio Capra, incaricato dagli avvocati Viviane Bellot e Antonio Rossomando, difensori di Camillo Lale Demoz, aveva invece ricondotto al contatto, e non alla proiezione durante l’aggressione, le macchie di sangue, sostenendo che l’imputato fosse arrivato lì quando la pozza di sangue vicino alla vittima si era già formata, pertanto dopo l’aggressione. In sostanza, per la difesa dell’imputato il «Dna colloca sulla scena del crimine un terzo contributore, mai individuato».
Olindo Ferré quel giorno era andato a Quart per trattare l’acquisto di bestiame con degli allevatori. Il gruppo era stato raggiunto da Camillo Lale Demoz, quindi l’impresario e il macellaio si erano spostati nel capannone. Olindo Ferré era stato casualmente trovato in fin di vita riverso sul pavimento del fabbricato nel tardo pomeriggio da una persona di passaggio che ha chiamato i soccorritori del 118. Quindi l’arrivo della Polizia con l’avvio delle delle indagini. Nell'ordinanza con cui ha disposto gli arresti domiciliari, il gip Giuseppe Colazingari annota che Camillo Lale Demoz ha colpito il macellaio Olindo Ferré «Con la zappa e relativo manico, come si desume dagli esiti degli accertamenti della Polizia scientifica». Il giudice osserva poi che «I colpi sono stati inferti con estrema violenza e hanno provocato la frattura del cranio oltre che una notevole perdita ematica». Per il Gip la condotta di Lale Demoz è stata «Gravissima, posta in essere con estrema violenza e brutalità». Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni.
Olindo Ferré è a casaOlindo Ferré dopo la violenta aggressione subita non ha più potuto condurre una vita normale. E’ stato ricoverato in diverse strutture sanitarie e ora è tornato nella sua abitazione. «Papà, che ha compiuto miracolosamente da pochi giorni 70 anni, - racconta la figlia Simona - è ritornato a casa grazie alla dedizione completa di sua moglie e all'aiuto dei fratelli, degli amici, dei figli e dei nipoti. Pur essendo migliorato in maniera inaspettata dal 1° ottobre del 2018, necessita della presenza costante di una persona di riferimento, perché non ha il senso del pericolo, del tempo e dello spazio. L’impaccio motorio e l’afasia sono un ulteriore ostacolo alla sua autonomia». Simona Ferré aggiunge che «In questi giorni, in cui la nostra comunità è così duramente provata dall'emergenza sanitaria, di cui papà è totalmente inconsapevole, la nostra preoccupazione è rivolta a lui e a tutte le persone in situazione di fragilità».
La famiglia Ferré coglie ancora una volta l'occasione per ringraziare «L’unità del 118, i neurochirurghi, l’équipe della Rianimazione di Aosta e gli operatori dell’unità sub intensiva di Piacenza, che gli hanno salvato la vita. Siamo grati anche agli operatori della struttura di Saint-Pierre e di Montescano, in provincia di Pavia, che con pazienza gli hanno dato una nuova vita. Ringraziamo, infine, l’équipe del Centro Alzheimer del J.B. Festaz di Aosta per la professionalità, l'umanità e l'amore con cui lo hanno assistito».
Per quel che riguarda la sentenza, la famiglia esprime «Al momento piena soddisfazione per la condanna a 8 anni del signor Camillo Lale Demoz , ma si riserva di leggere le motivazioni del giudice».