Champorcher, raccolta di firme contro il trasferimento della coop Lou Dzeut: “Perdiamo un pezzo di identità”

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«No al trasferimento della cooperativa Lou Dzeut». Sta sollevando un polverone a Champorcher la notizia dello spostamento a Donnas della sede operativa della cooperativa che ha rilanciato la tessitura artigianale della canapa sugli antichi telai di legno. Lou Dzeut si è infatti aggiudicata il bando promosso dal Comune di Donnas per l’assegnazione (per 6 anni, rinnovabili per altri 6) dei locali al secondo piano dell’Ancienne Maison Communale. Ma a Champorcher - dove la cooperativa ha sempre operato - c’è chi si oppone alla decisione. Un gruppo di persone - tra cui l’ex assessore comunale Fausta Baudin, che sottolinea come la notizia abbia provocato «sgomento e delusione a Champorcher» - ha preso carta e penna e redatto una lettera aperta alla cooperativa stessa, ai consiglieri regionali e a quelli del Comune di Champorcher. E’ inoltre stata avviata mercoledì scorso, 12 luglio, una raccolta di firme che - rimarca ancora Fausta Baudin - «sta già raccogliendo una notevole quantità di adesioni e che proseguirà nei prossimi giorni».

«Apprendiamo dai giornali locali, con amarezza e delusione, che la cooperativa di tessitura della canapa “Lou Dzeut”, nata proprio con il proposito di mantenere viva una lavorazione tradizionale tipica, riconosciuta anche dalla Regione, sul territorio di Champorcher, e di favorire l’occupazione in un paese di montagna a rischio di spopolamento, ha deciso di trasferirsi a Donnas. - si legge nella lettera redatta da un gruppo di cittadini tra cui figurano i nomi, oltre che di Fausta Baudin, di Gianluca Crescio, di Aurelio Danna e degli ex sindaci Alessandro Glarey e Celestino Savin - Veniamo anche a conoscenza che la sua sede legale, ma non quella dove avverrà la produzione, sarà ancora a Champorcher e che quando i lavori di restauro dell’ecomuseo saranno terminati, lo gestirà la cooperativa, insieme ad un punto vendita (probabilmente il locale soprastante l’ecomuseo). Ci dispiace, come a molte altre persone, abitanti e turisti affezionati al paese, sapere, da terzi, che le cose siano già decise. Sicuramente la fondatrice della cooperativa, nel 1989, Maria Gontier, che si era tanto impegnata, anima e cuore, per tenere viva questa attività si rivolterà nella tomba a vedere trasferito altrove un vero e proprio tesoro della nostra comunità».

«Dalla fine degli anni Novanta del Novecento, la “maison de Thomas", acquistata per volontà dell'ex sindaco Pierino Danna e già restaurata nel 2005 per la parte museale (stalla e cucina), pareva essere destinata a laboratorio tessile, proprio gestito da "lou Dzeut". - prosegue la lettera - Tanti soldi pubblici, fondi del Comune ed europei, sono sta utilizzati negli anni per interventi sulle strutture Ecomuseo, “maison de Thomas”, e per studi, filmati e catalogazione dei manufatti. Non si deve poi dimenticare che una gran parte delle entrate della cooperativa proviene dalla Regione che sostiene le lavorazioni tipiche della Valle, in base alla legge n. 44 del 1991, che cita tra le altre “la lavorazione della fibra di canapa a Champorcher”. Proprio per questa precisa definizione geografica della lavorazione tipica (“A Champorcher”), che non si deve cambiare, non deve esserci delocalizzazione della produzione. Sarebbe un colpo basso per la comunità di Champorcher che annullerebbe un pezzo importante della sua identità culturale; si cancellerebbero idealmente decenni di un’eccellenza artigianale, sminuendo la particolarità e la storicità della nostra “teila dè meison”, attestata fin dal Medioevo (nel censimento del 1858 i tessitori di canapa a Champorcher erano ben 69). Non vogliamo veder stravolta la nostra tradizione, la nostra cultura immateriale, il patrimonio di conoscenze plurisecolari delle donne e degli uomini di Champorcher e perdere un’importante risorsa turistica».

«Per questi motivi, e per la generale situazione di declino socio-economico in cui viviamo, esprimiamo sdegno e preoccupazione, - conclude la lettera - soprattutto per il futuro dei giovani che si trasferiscono con sempre maggiore frequenza altrove. Chiediamo un confronto pubblico con la cooperativa “Lou Dzeut”, con l’Amministrazione comunale e con l’Assessorato regionale alle Attività produttive, soggetto principale che sostiene le attività tradizionali della Valle, per rivedere insieme una decisione che non ci piace, e per valorizzare veramente la “teila de meisón”, anche per rispetto a quanti l’hanno finora lavorata, nel tempo».

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