Casinò, per i super consulenti «meglio privatizzare» Intanto salta il referendum sull’accordo ponte

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Casinò di Saint-Vincent, è arrivato il momento di decidere sulla gestione dei tavoli verdi e del Grand Hotel Billia: pubblica - come è ormai da tempo - o privata come era negli anni degli incassi d’oro? Un ritorno al passato, agli anni della Sitav, quando un contratto di concessione regolava i rapporti tra amministrazione pubblica e gestore privato.

Giovedì scorso, 14 marzo, i rappresentanti della Ernst&Young hanno illustrato l’analisi della società di consulenza - incaricata da Finaosta - ai consiglieri della maggioranza. E il responso è «meglio privatizzare».

La spa che gestisce la casa da gioco e la struttura alberghiera ha in cassa quasi 42 milioni (poco più della metà investiti in buoni del tesoro). Il 31 dicembre 2024 finirà il concordato (durato 5 anni) e la disponibilità economica potrà aumentare. D’altronde l’andamento dei ricavi è in aumento, sopra i 70 milioni per il 2023. Alla fine del 2024 ogni debito sarà estinto, compreso quello ai creditori chirografari (fornitori di prodotti e servizi) al 100 per cento e non all’80 come previsto

I politici giovedì si sono sentiti dire che sono 2 le possibili alternative gestionali: continuare con una società pubblica, oppure bandire una gara per affidare la gestione sia del gioco sia della parte alberghiera a un privato. I consulenti hanno eliminato la soluzione di un partner commerciale o finanziario, e non prendono in considerazione neanche l’ipotesi di una cessione dell’intera attività. Strada impossibile da percorrere: la concessione della casa da gioco, in deroga al codice penale che proibisce il gioco d’azzardo, è in capo alla Regione.

Niente referendumSul tavolo c’è anche la questione personale. E l’argomento degli ultimi giorni era il famoso accordo ponte. Si tratta del contratto relativo al solo anno 2024, ultimo della fase concordataria per la casa da gioco di Saint-Vincent. Prevede una «una tantum» al posto della quattordicesima mensilità e 6 giorni di ferie rispetto ai 12 congelati all’inizio del concordato. Un accordo del valore di circa 3mila euro per ogni dipendente.

A inizio febbraio, i dipendenti del Casinò - circa 300, fra tempi indeterminati, determinati e somministrati - avevano respinto la proposta avanzata dall'azienda su permessi, premialità e ferie, chiedendo delle modifiche.

La Fisascat Cisl lo aveva già firmato, mentre le altre sigle avevano deciso di sottoporlo a consultazione referendaria, che si sarebbe dovuta tenere in questi giorni, da ieri venerdì 15 a lunedì prossimo, 18 marzo. Invece, non si andrà al voto. Nell'incontro di giovedì mattina, 14 marzo, tra organizzazioni sindacali e amministratore unico del Saint-Vincent Resort & Casino Rodolfo Buat, l'Ugl Terziario Vda/Ulas ha deciso di sottoscrivere la sua bozza di verbale di accordo. Una scelta che Tommaso Auci, segretario Ugl terziario Vda e segretario generale nazionale Ulas, spiega così: «Non è nel nostro stile entrare in polemica ma le difficoltà emerse ad indire un referendum, sono diventate insormontabili dalle diverse visioni che liberamente e democraticamente sono emerse nella costituzione del comitato referendario già nelle ultime settimane. Siamo convinti che questo accordo non sia il massimo risultato sperato, visti gli introiti che ha raggiunto l'azienda, ma la speranza è che essi continuino sul percorso intrapreso e che si punti principalmente sul ricambio generazionale, visto l'età media dei dipendenti quando non si voleva minimamente pensare al futuro di questa azienda che crea reddito alle casse regionali».

«Per noi la via maestra da seguire è sempre stata quella referendum e abbiamo trovato giusto che i lavoratori democraticamente scegliessero se l'accordo ponte andava bene o no» dichiara dal canto suo Claudio Albertinelli, segretario regionale del Savt, nel commentare la mancata indizione del referendum. Tuttavia, «non ci sono state le condizioni per indirlo visto che solo 3 sigle sindacali» - Ugl terziario Vda/Ulas, Uilcom Uil e Savt - «su 6 volevano infine procedere in tal senso. Prendiamo dunque atto che 2 sigle», Ugl e Fisascat Cisl «hanno già firmato l'ipotesi di accordo. Noi ci confronteremo con i nostri iscritti e poi decideremo il da farsi».

«Sull’accordo ponte vi è una critica forte da parte dei lavoratori. Ecco spiegato perché Cgil, Uil e Snalc non hanno firmato». Tra i motivi del «niet» alla firma, spiega Vilma Gaillard segretaria generale Cgil, vi è «Il non ripristino della quattordicesima, delle ferie e della quota che viene versata nel fondo di previdenza, vengono visti dai lavoratori come una rinegoziazione al ribasso». Il referendum non c’è stato: «Per la Cgil continua a permanere la “non” firma dell’accordo ponte» conclude Vilma Gaillard.

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