Carlo Minuzzo, personalità da inventore con la passione per la campagna e la montagna
Una grande creatività, unita alla tenacia e alla voglia di sperimentare sempre delle nuove avventure senza risparmiare sforzi ed energie, ha portato Carlo Minuzzo ad avere una vita piena di relazioni sociali e a non fermarsi, neanche adesso che di anni ne ha ben novantatre.
Nato a Vallonara, paese dei “Sette Comuni” ora unito a Marostica, nelle montagne di Vicenza, il 15 settembre 1929, da Giuseppe Minuzzo del 1886 e Olinda Minuzzo di sei anni più giovane, con lo stesso cognome in quanto cugini, entrambi di Vallonara, ebbe sette tra fratelli e sorelle: Teresa del 1913, Maria del 1915, Agnese detta Marcella del 1920, Angelo detto Marcello del 1921, Giovanni Battista del 1925 e dopo di lui Antonietta detta Carla del 1931 e Ottavia del 1933, l’unica venuta al mondo in Valle d’Aosta.
In Veneto Carlo ha trascorso solo i suoi primi tre anni, di cui non conserva ricordi tranne il momento della partenza per la nostra regione, perché «eravamo in tanti e avevamo pure un tavolo che gli adulti hanno faticato molto a caricare sul treno». Il padre e le due sorelle maggiori, Teresa e Maria, si erano trasferiti circa un anno prima, nel 1931, quando Giuseppe trovò lavoro in un’impresa che si occupava delle sistemazioni alla strada nazionale nel tratto sempre complicato della Mongiovetta, tra Montjovet e Champerioux. Solo quando trovò una casa adatta ad una famiglia numerosa come la propria, fece trasferire la moglie Olinda e gli altri quattro figli. Inizialmente abitarono a Balmas di Montjovet, poi al borgo di Montjovet, da dove Carlo raggiungeva la scuola elementare nel bel fabbricato che per tutti era il «Palazzo» lungo la nazionale, dove ora è il Municipio. «Le prime tre classi le ho frequentate a Ruelle di Saint-Germain, poi la quarta al “Palazzo”. Eravamo in quaranta in classe, tutti tra il 1926 e il 1930, e avevamo due maestre. Poi mi spostai al Piccolo Seminario di Aosta, dove già era iscritto mio fratello Giovanni Battista.» La quinta elementare era propedeutica all’esame di ammissione per il Ginnasio (le attuali scuole medie), che frequentò ad Aosta per i primi due anni e successivamente venne espulso per il suo comportamento discolo, con un pessimo voto in condotta. A differenza sua, il fratello Giovanni Battista proseguì negli studi, passando al Seminario Maggiore dopo la quinta ginnasiale, fino ad indossare la tonaca.
A quegli anni trascorsi ad Aosta risalgono le prime amicizie che rimasero forti e stret-te per tutta la vita, come quella con il coscritto don Luigi Maquignaz, famoso prete alpinista scomparsa nell’agosto scorso. Sempre durante il soggiorno ad Aosta, quando aveva dieci anni, Carlo fu operato all’Ospedale Mauriziano, dove ora si trova il Palazzo regionale, alle tonsille con un intervento senza anestesia, come usava all’allora, e ricorda ancora ogni momento di quell’esperienza forte per un bambino, e perfino che in convalescenza lui e gli altri degenti aiutavano le suore a rifare le fasce.
Del Seminario Minore di via dei Capuccini, nella prima collina aostana, serba il ricordo di «quando suonava l’allarme per i bombardamenti e si doveva scendere nelle cantine a recitare il Rosario». «In estate però avevo appena il tempo di rientrare a Montjovet per partire a piedi su a Cervinia a lavorare, al famoso Hotel des Jumeaux dei Maquignaz, come lavapiatti e taglialegna. Lì in paese abitavano i nostri cugini marito e moglie Ernesto e Angela Minuzzo, anche loro con lo stesso cognome, che avevano l’unico negozio di alimentari e di panetteria: per me erano un punto di rife-rimento, insieme ai loro figli Giuliana, la famosa sciatrice azzurra, Lina e Giovanni.»
Una volta lasciata la scuola, nel periodo della guerra Carlo Minuzzo si ritrovò in famiglia a Montjovet, il lavoro non mancava, bisognava occuparsi di campi e prati e delle due vacche nella stalla, il cui latte veniva trasformato in casa in formaggi freschi, e delle galline che ogni giorno «ci consentivano di mangiare mezzo uovo a testa». «Tutti i campi allora erano ben tenuti e coltivati. Gli agricoltori - ricorda Carlo Minuzzo - avevano i pasti assicurati. Quando i tedeschi in ritirata dalla Francia attraverso il colle del Piccolo San Bernardo passarono da Mongiove, come si chiamava allora, razziavano il cibo lungo la strada. Sono passati anche da noi al borgo, ma per fortuna avevamo una cantina dove nascondere la roba da mangiare, con l’ingresso nascosto da un armadio.”
Nel 1946, arriva il momento di trovare un lavoro salariato e quindi Carlo Minuzzo, a diciassette anni, viene assunto dalla Edilmeccanica di Hône come aiutante saldatore. L’azienda si occupava di riparazioni e di attrezzature per i cantieri nell’edilizia. «Inizialmente aiutavo a saldare tenendo il pezzo, poi sono diventato saldatore a ossigeno. Da Montjovet a Hône mi spostavo prima in treno, poi con una bicicletta di seconda mano.»
L’anno successivo, tutta la famiglia si spostò a vivere a Verrès, per lavorare nella cascina dei «Fiorin» della famiglia Vicquery, in fondo al borgo. Il padre Giuseppe aveva preso in affitto cinque mucche, vendendo ogni giorno il latte al dettaglio e trasformando in burro e formaggi quello che avanzava. Si coltivava un ampio appezzamento di terreno raccogliendo frumento e granoturco, poi conferito al fornaio ed ogni fine mese dal conto veniva scalato il pane preso.
Impiegato all’Edilmeccanica, Carlo Minuzzo viene chiamato per il servizio militare negli Alpini nel 1950: prima il Car a Bra, poi a Torino e infine alla Cecchignola a Roma, dove ha frequentato il corso da meccanico e ha preso la patente. Quindi il ritorno a Torino, per concludere i diciotto mesi di naia alla Caserma Montegrappa.
Tornato nel 1951 a casa, trova il fratello Marcello - reduce dal Fronte Russo, uno dei pochissimi supersisti del Battaglione Sciatori Monte Cervino - impegnato in una nuova avventura imprenditoriale, quella de La Valdôtaine, il marchio che esiste ancora oggi, anche se trasferito da Verrès a Saint- Marcel. La distilleria produce liquori e grappe, contenute in bottiglie particolari, come quella a forma di Cervino per il genepy. Sono anni di grande crescita del settore, legato all’alcool in esenzione fiscale assegnato alla Valle d’Aosta ufficialmente autonoma dal 1948, tanto che nel giro di poco tempo si sviluppano le aziende esistenti e ne nascono parecchie altre. Per questo motivo Angelo Marcello è alla ricerca di un’autista e quel fratello fresco di patente militare è l’ideale. Così Carlo, rientrato alla Edilmeccanica, dopo un paio di mesi si licenzia per lavorare alla distilleria, distribuendo grappe e liquori in tutta la regione e facendo la spola con il Piemonte, anche due volte al giorno tra le prime ore del mattino e la mezzanotte, dove venivano acquistati l’alcool, le vinacce, il vino e anche le grappe, poi etichettate. Essendo destinata alla vendita la merce de La Valdôtaine - compreso il vino piemontese consegnato in damigiane a ristoranti, bar e privati - era sottoposta al dazio ma ben poco di dichiarava per non pagare la tassa e quindi a Carlo e Marcello Minuzzo non mancarono le divertenti peripezie per sottrarsi ai controlli.
Però nel 1953 per Carlo arrivò l’occasione del lavoro che lo condusse, dopo ventotto anni, nel 1982, alla pensione: quella di entrare come saldatore alla Sip, la Società idroelettrica piemontese, poi assorbita dall’Enel, nella centrale idroelettrica di Isollaz a Challand-Saint-Victor, dove studiando elettrotecnica mentre lavorava si specializzò sempre più, tanto da ottenere la qualifica di vice capo. «Avevo presentato la domanda di assunzione nel 1950 prima di partire militare, poi - i casi della vita - a Saint-Victor venne nominato parroco il 22 novembre 1952 di mio fratello Giovanni Battista, dopo l’ordinazione sacerdotale nel giugno 1951.» Scomparso nel dicembre 2020, rimase parroco a Challand sino al settembre 1973, quando divenne responsabile della parrocchia di Valpelline, che resse per quasi ventisette anni, sino al luglio 2000.
Fu quindi nella casa parrocchiale di Saint-Victor che Carlo andò a vivere insieme a don Giovanni Battista, lasciando Verrès, anche se non rinunciava alla sua passione per il cinema, scendendo a piedi fino appunto a Verrès, sperando sempre in un passaggio da parte delle poche auto che transitavano all’epoca. Arrivò quindi la decisione di costruire - e lo fece praticamente da solo dal 1962 - su un terreno acquistato dal suocero Raimondo Baudin, grazie al mutuo della Sip per i suoi operai, la casa a Sizan, compresi gli impianti elettrico e di riscaldamento. D’altronde nel 1958 - l’anno in cui venne ultimata la strada per Isollaz - si era sposato con Vittoria Baudin, nata proprio a Isollaz il 5 luglio del 1931 e mancata nell’agosto del 2007, conosciuta in paese un giorno che era rientrata per richiedere dei documenti, visto che lavorava come cameriera a Gstaad in Svizzera. Andarono ad abitare in un alloggio al secondo piano della casa parrocchiale, con cucina e camera da letto. Dopo la nascita di Daniela nel 1959 e in attesa dell’arrivo di Gabriella nel 1962 divenne urgente una nuova sistemazione e così arrivò la casa di Sizan, dove crebbe anche l’ultimo nato, Paolo, nel 1966.
Oltre al lavoro nella centrale di Isollaz, Carlo aiutava il fratello prete e pure la fami-glia nelle attività agricole. La «cure» di Saint-Victor aveva il suo «verger» con il frutteto e una bella vigna, dove i Minuzzo vendemmiavano ogni anno, così come aiutavano Raimondo Baudin nella vigna di Rabec, poco distante dalle cascate di Isollaz. Sempre con la voglia di migliorarsi Carlo Minuzzo frequentò i corsi istituiti dalla Regione per la potatura e il giardinaggio e quando don Giovanni Battista lasciò la parrocchia, il nuovo parroco, l’aostano Alberto Maria Careggio, futuro vescovo di Chiavari e di Ventimiglia e Sanremo, chiese a Carlo di occuparsi dell’orto, della vigna e degli alberi da frutto e da quel momento iniziò una nuova avventura che dura ancora oggi grazie alla figlia Gabriella: venne fondata l’azienda vitivinicola, con un contratto quindicennale e vennero apportate delle migliorie strutturali al vigneto della «cure». Ma Carlo non si fermava mai, così costruì un alambicco per distillare la grappa a fuoco diretto e, utilizzando il motore di una Lambretta, realizzò un argano e con un motore elettrico una macchina per schiacciare le mele e ricavarne aceto. Inoltre già il fratello don Giovanni Battista aveva le api, non molte, e lo smielatore, Carlo ne imparò i rudimenti, poi diventando amico di Bernardo Challancin di Saint- Victor, un vero grande appassionato, introverso e burbero, che si illuminava solo parlando delle api, con le sue arnie a Champoluc e a Vollon, prese anche lui la «malattia» dell’apicoltore, insieme all’altro grande amico Giuseppe Corradi di Verrès, fino ad occuparsi di una quarantina di arnie: come dimenticare quella volta che la figlia Daniela, durante la smielatura si tagliò un dito e corse dal papà Carlo che come prima cosa le domandò: «Non è mica caduto del sangue nel miele vero?».
Oltre che per la campagna - vigne, meleti, orto e api, più capre ed asini - la passione per la montagna conosciuta da ragazzo a Breuil-Cervinia è stato un legame forte per Carlo. Quando la figlia Gabriella ricevette in regalo un paio di sci e le lezioni per imparare, Carlo la portava una volta alla settimana a Gressoney e vedendo che a Gabriella piaceva, pensò di iscriversi insieme agli altri figli Daniela e Paolo ai corsi di sci, tanto da fondare insieme a un gruppo di amici lo Sci Club Challand nel 1972 - ora non più attivo - prendendo la patente per il pulmann in modo da guidare il mezzo nelle gite domenicali. Inoltre con il fratello Angelo aveva tentato, già negli anni Sessanta, di collegare la Val d’Ayas al vallone di Cime Bianche con un primo skilift posizionato a Saint-Jacques. Un progetto futuristico, che in realtà ha funzionato solo per un paio di inverni e Carlo era il tecnico addetto alla manutenzione dell’impianto.
Unico produttore con etichetta propria della Val d’Ayas, Carlo Minuzzo ha sempre supportato la figlia Gabriella nell’attività vitivinicola: attualmente l’azienda che gestisce ancora la «vigna del parroco» produce il Rabeca da un misto di uve della vigna di Rabec dei Baudin, il Pinot Noir, il Gamay, il Merlot e il Muller Thurgau. Inoltre ha visto nascere la Maison d’Hotes Victoret, che la figlia Gabriella ha voluto chiamare così in ricordo della mamma Vittoria che, a sua volta, portava il nome del patrono del paese.
D’altronde il suo dinamismo e la sua intraprendenza non potevano non essere trasmessi, come pure l’impegno nel sociale, che ha visto Carlo Minuzzo nella cantoria parrocchiale, promotore delle feste nei villaggi di Isollaz e Sizan, cuoco della Pro Loco, presidente del Consorzio di miglioramento fondiario “Bonod Bellavarda Barmes Jaccod” con tanti lavori promossi di bonifica, riordino fondiario, irrigazione a pioggia e viabilità rurale.
Carlo è oggi un nonno realizzato, con una famiglia numerosa ed allegra, sette nipoti (i figli di Daniela sono Alberto e Alessandra Trapani, quelli di Gabriella Carlotta e Davide Meggiorin, da Paolo ha avuto Rebecca, Benedetta e Gabriele), con la casa sempre piena tra parenti e amici, ai quali fare assaggiare i suoi piatti, talvolta a base della selvaggina che si è procurato personalmente andando a caccia. Quella di Carlo Minuzzo è quindi stata una vita molto ricca che, aderendo al territorio ed a tutte le attività che lo caratterizzavano, lo ha realizzato come persona, rendendolo talvolta un precursore e perfino un inventore e ponendo le basi per il futuro della propria famiglia, partita quasi un secolo fa con l’esperienza dell’emigrazione dal Veneto, dove lasciò la miseria per ricostruire tutto in Valle d’Aosta.