Calcio, il sogno del Sudtirol modello per la Valle d’Aosta
Il sogno concretizzato dal Sudtirol domenica scorsa a Trieste con il successo che ha consentito alla squadra altoatesina la promozione in serie B era lo stesso sogno coltivato da molti valdostani negli anni Novanta: quello di avere una squadra di calcio che si chiamasse Valle d’Aosta e che rappresentasse la nostra regione ad alto livello nello sport più seguito in Italia. Una società leader, impegnata nella costante valorizzazione del settore giovanile, con un occhio alla promozione turistica, garantita da un veicolo promozionale unico come il calcio.
Un obiettivo raggiungibile come dimostra la recente storia del Sudtirol, invece fallito miseramente in Valle d’Aosta, dove non solo non esiste neppure più una società leader nel capoluogo ma dove addirittura si prospetta l’assurdo abbandono del nostro stadio Mario Puchoz.
Basti pensare che l’avventura del Sudtirol è iniziata nel 1995 in Promozione, con la vittoria senza sconfitte e il passaggio in Eccelenza, poi nel 2000 l’approdo in serie C2, quindi nel 2010 il passaggio in Prima divisione e domenica il successo finale per la serie B, dopo una cavalcata entusiasmante e un testa a testa altrettanto entusiasmante con il Padova.
La squadra chiaramente indossa i colori dell’Alto Adige, il rosso e il bianco, e logicamente cerca di impiegare il più possibile di giocatori altoatesini. Gioca le sue gare interne allo Stadio Druso, costruito nel 1930, che si trova a poca distanza dal centro storico e che invece di essere abbattuto è stato oggetto di interventi, come quelli che 2019 al 2021 hanno visto la conservazione della sola storica facciata e la creazione di moderni spazi, con l’eliminazione della pista di atletica, così da portare - addirittura in anticipo sui tempi - la capienza da 3.500 a 5.500 posti a sedere, in ottemperanza alle prescrizioni della serie B.
Nel rappresentare quindi l’intero territorio della Provincia autonoma di Bolzano, il Sudtirol in poco meno di trent'anni si è imposto quale realtà calcistica di riferimento in Alto Adige, grazie alla consapevolezza generale che un progetto del genere - in un contesto che vede negli sport invernali le attività comunque di riferimento - sarebbe stato un toccasana anche per il turismo. La serie B sarà infatti una vetrina eccezionale per Bolzano e la sua regione, tutti i fine settimana sulle televisioni italiane ed internazionali. A cio si aggiungono le migliaia di tifosi che seguono i club in trasferta, un fattore che dovrebbe tradursi in un aumento dei pernottamenti, già stimato prudenzialmente nel 5 per cento. A Chiavari ad esempio quando l’Entella militava in B, avevano fatto un calcolo: ogni euro speso dal Comune per la squadra, ne portava 4. Comunque tutti in Alto Adige sono convinti che la partecipazione del Sudtirol alla serie B avrà un importante ritorno a livello turistico, con ricadute economiche rilevanti per il territorio.
La società che finora fatturava 5 milioni di euro, ha già raddoppiato il suo bilancio, visto che solo i diritti televisivi ne porteranno altri 6. Chiaramente aumentano in modo esponenziale pure le spese ma la programmazione attenta del Sudtirol e della comunità che lo circonda e lo sostiene, credendo nel calcio come elemento di promozione turistica e di promozione sociale, darà sicuramente dei buoni risultati, quindi l’esatto contrario di quanto è successo in Valle d’Aosta, dove tutto è stato perduto, quando addirittura le condizioni per realizzare il sogno di una squadra che rappresentasse l’intera nostra regione erano di gran lunga migliori di quelle del Sudtirol: loro ora sono in serie B, l’Aosta in terza categoria.
fa festa con Carlo Rivetti
Carlo Rivetti, cittadino onorario di Courmayeur e storico protagonista della straordinaria avventura del Courmaosta di hockey in serie A, è dall’estate 2021 il patron del Modena, altra società che domenica ha festeggiato la B. Con un investimento di 4 milioni di euro Carlo Rivetti ha rilevato il club, che vanta 28 stagioni in serie A e che sotto la guida di Attilio Tesser è già tornato nella cadetteria. Il quartiere generale delle aziende di Carlo Rivetti è dal 1983 a Ravarino, paese a una ventina di chilometri da Modena, dove l’imprenditore biellese ha sviluppato marchi famosi, come Stone Island, recentemente ceduto a Moncler. In parecchi periodi dell’anno comunque Carlo Rivetti è a Courmayeur, nella casa di famiglia all’inizio della Val Ferret, e fu proprio ai piedi del Monte Bianco che venne coinvolto nel 1990 come presidente della locale squadra di hockey: dalla B2, dopo 2 stagioni di B1, nel 1993 approdò in serie A, diventando Courmaosta, giocando nel capoluogo ed ottenendo 2 terzi posti consecutivi. Un bel ricordo che proprio Carlo Rivetti ha sottolineato nelle sue recenti interviste.