BUON ANNO 2021…

Pubblicato:
Aggiornato:

Quello che ormai volge al termine è un anno veramente difficile anche per la sua anomalia. Chi ha ormai una certa età può ritornare con la mente a molti altri momenti difficili. Qualcuno ricorderà le cento lire di carta dei primi anni Settanta, gli anni di piombo o ancora la mafia all’attacco dello Stato. Ma anche la crisi morale e di costume che in alcuni momenti ha raggiunto livelli indecorosi. Il concetto di crisi è un concetto straordinariamente affascinante che attraversa tutta la cultura dell’Occidente dalla Grecia antica all’età contemporanea. Tucidide che riprende il concetto di crisi tanto da Ippocrate, in senso medico, come improvviso cambiamento dello stato del corpo, quanto da Sofocle, nel senso del teatro, ovvero come rappresentazione del trauma. Ma è la modernità ad essere diventata “l’età della crisi” di cui “lo spirito dell’Occidente ne è intriso”. Per citare il filosofo Mario Tronti: «…il cuore dell’Europa, che è il cervello dell’Occidente, questo spirito lo ha pensato, lo ha narrato, lo ha espresso in forme alte. La società armoniosa è un utopia confuciana a uso di un potere assoluto. La coesione sociale una caritas cristiana a uso del potere democratico.». Parole che non posso non condividere, eppure, è pur vero, che nella nostra realtà contemporanea il concetto di crisi, è ormai sempre più associato, quasi esclusivamente, alla dimensione economica o al limite socio-economica. Voglio dire che enfatizzando il ruolo dell’economia, della produzione, del mercato e di tutto ciò che vi è connesso, si finisce paradossalmente per perdere una parte di quella dimensione della crisi come stato più complesso e profondo. Per dirlo con le parole del fisico americano Thomas Kuhn: «la crisi si presenta quando vengono a coesistere vecchi e nuovi paradigmi, che lottano fra loro. La crisi allora è ponte e cesura, collegamento e discontinuità». Questa riflessione mi sembra particolarmente calzante in questo particolare momento. La crisi che attraversiamo oggi è, come abbiamo detto, una anomalia. Si tratta infatti di una crisi che ha un origine biologica, con un importante impatto socio-sanitario e solo in seconda battuta ha un impatto economico di cui percepiremo la reale portata solo nei prossimi anni. La domanda che sorge dunque spontanea è: come affronteremo questa crisi? Come una variabile indipendente, ovvero come un fatto a noi estraneo e entrato nelle nostre vite per ragioni del tutto indipendenti dalla nostra volontà; oppure come una crisi di paradigma? Non è una domanda da poco. Nel primo caso, più o meno faticosamente, ne usciremo cercando di tornare alla casella di partenza ancorché questo sia possibile. Tenderemo a isolare questa fase tra parentesi e tenteremo di considerala come un incidente e più o meno a breve come un non avvenuto. Nel secondo caso ci sentiamo invece coinvolti in un processo di trasformazione che questa fase potrebbe accelerare oppure addirittura generare. Sono due atteggiamenti molto diversi. Il primo tende alla rimozione e finirà per farci considerare che l’unica lezione che ne possiamo tirare è di ordine oserei dire “organizzativo”. La prossima volta non ci faremo cogliere altrettanto impreparati. Il secondo tende invece ad assumere questa fase come un’occasione per avviare, o al limite accelerare, alcuni possibili processi di trasformazione. Questo vale anche nel nostro piccolo; della nostra piccola realtà valdostana. Personalmente non credo in una particolare trasformazione del nostro modello economico, tuttavia credo, invece, che il nostro approccio potrebbe o forse dovrebbe evolvere, talvolta, persino radicalmente. Il nostro rapporto all’ambiente, al nostro paesaggio, alla risorse comuni, all’uso del suolo, alla cultura, al consumo, alla mobilità, al modo di fare turismo. Quest’ultimo in particolare, nella sua forma attuale è un modello non più sostenibile. Un modello puramente quantitativo non è più sostenibile, non oggi e tantomeno in futuro. L’evoluzione verso una nuova e assai più qualitativa fruizione del tempo e dello spazio, dei luoghi, delle culture, dei patrimoni materiali e immateriali dovrebbe essere oggetto di una riflessione collettiva così come altri elementi del nostro modello economico che possono avere un futuro importante come l’agricoltura. La fine di un anno e il sopraggiungere di uno nuovo sono per tutti motivo di riflessioni e auspici. La rubrica L’Air du Temps vi lascia augurandoci un 2021 più leggero e spensierato ma non per questo inconsapevole delle sfide e delle responsabilità che lo accompagnano.

Abbonamento Digitale La Valléè
Archivio notizie
Novembre 2024
L M M G V S D
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930