Bocciata la proposta di legge popolare per l’elezione diretta del Presidente
Quel quesito non è ammissibile. La commissione regionale per i procedimenti referendari, riunita nel tardo pomeriggio di ieri, venerdì 8 aprile, ha bocciato la proposta di legge di iniziativa popolare, da sottoporre a eventuale referendum propositivo, per la modifica della legge elettorale della Valle d'Aosta, proposta dal comitato per la riforma elettorale, trasversale a diverse forze politiche, che proponeva l'elezione diretta del Oresidente della Regione e della Giunta. La proposta era stata sottoscritta da 277 persone e depositata alla segreteria generale del Consiglio Valle il 25 gennaio. La commissione era composta da Raffaele Caterina, Elisabetta Palici Di Suni Prat e Francesco Dassano.
«La commissione ha motivato l'inammissibilità in un corposo documento di 12 pagine. - spiega il presidente del Consiglio regionale, Alberto Bertin - Il nodo centrale su cui si fonda la delibera risiede nel fatto che il procedimento aggravato di approvazione delle leggi in materia elettorale trova la sua disciplina nell'articolo 15 dello Statuto speciale: le 'leggi statutarie' non possono essere sottoposte a referendum propositivo, posto che l'unico referendum ammissibile è quello già previsto dallo Statuto, ossia il cosiddetto referendum confermativo». La commissione ha rilevato che le leggi statutarie, che non sono leggi ordinarie, hanno una «forza passiva peculiare», ossia una capacità di resistere all'abrogazione con legge ordinaria.
«Sorpresa e preoccupazione» esprime il comitato per la riforma elettorale della Valle d'Aosta, che aveva depositato la proposta di legge. «È una decisione sorprendente visto che il tema dell'ammissibilità alla procedura di referendum propositivo di norme elettorali era già stato esaminato in passato dalla commissione e, con decisione del 6 giugno 2007, era stato ammesso il referendum propositivo su ben quattro proposte di legge regionale di iniziativa popolare in materia elettorale» si legge in una nota. Per questo, la decisione è giudicata «un grave passo indietro in materia di strumenti di democrazia diretta» e il comitato «intende valutare la possibilità di un ricorso contro un provvedimento che crea un grave precedente negativo».
Ora le opzioni sono due: o «emergerà la disponibilità di un congruo numero di consiglieri di avanzare la proposta», da sottoscrivere da almeno un terzo dei consiglieri. In alternativa, saranno raccolte le firme di almeno 2.000 elettori.