Bimba morta dopo 4 visite, i periti: «Aveva delle possibilità di guarigione»
Non imperizia ma fretta e superficialità nella valutazione del caso clinico. Sono le conclusioni a cui sono giunti i consulenti del Tribunale di Aosta Cinzia Immormino e Antonio Francesco Urbino nella perizia sul decesso di Valentina Chapellu, causata da una grave complicanza batterica dell'influenza A, il 17 febbraio 2020, dopo che la piccola era stata visitata e dimessa per 4 volte al Pronto Soccorso dell’Ospedale Beauregard. Indagati per omicidio colposo, in relazione alla responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, risultano i medici Adriana Bobbio, 45 anni, di Sarre, Catherine Bertone, 48 anni, di Aosta, e Marco Aicardi, 37 anni, di Verrayes. L'incidente probatorio, che si è svolto giovedì scorso, 16 dicembre, è stato disposto dal Gip del Tribunale di Aosta. Dalla relazione dei periti emerge come non sia possibile attribuire pienamente una diretta conseguenza fra l'operato dei sanitari che hanno avuto in carico la bambina di 17 mesi e la sua morte, ma sottolineano che sussistono chiari profili di colpa, determinati da negligenza e imprudenza da parte del medico che la visitò durante l'accesso al pronto soccorso del Beauregard l'11 febbraio 2020. Si tratta di «Colpa lieve» attribuita a Marco Aicardi, in quanto un «Evento così drammatico era effettivamente raro e quindi non si può pensare» che abbia «Agito nonostante la previsione dell'evento».
Adeguate «Diagnosi e terapia avrebbero influito in termini significativi sulla sopravvivenza, ma anche nel determinismo del decesso». Dalla consulenza, emerge che al momento delle 2 visite precedenti all'11 febbraio, svolte da Adriana Bobbio e Catherine Bertone, è molto probabile che la bambina fosse già affetta da influenza A, in quel momento senza la sovrainfezione batterica che ne ha causato la morte. L'11 febbraio le sue condizioni erano sufficientemente gravi da indicare un periodo di osservazione prolungato e un eventuale ricovero, in cui eseguire esami ematochimici e strumentali. «Sicuramente - sottolineano i periti - si poteva impostare una terapia che avrebbe dato maggiori possibilità di sopravvivenza alla bambina».