Ayas e Gressoney, numeri impietosi

Ayas e Gressoney, numeri impietosi
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Cali tra il 70 e il 90 per cento perfino nei negozi di generi alimentari, pochissime seconde case abitate, più nei giorni prima di Natale che in quelli successivi, un Capodanno spettrale, consumi in caduta libera soprattutto per i prodotti artigianali e per i generi legati alle feste. E’ questa la situazione che ha reso la seconda ondata della pandemia più deleteria della prima per le sue conseguenze sull’economia locale.

Uno Market-Crai di Champoluc, di proprietà di Luigi Fosson, ha registrato un arretramento del 75 per cento degli incassi nelle vacanze di Natale rispetto alla media degli anni precedenti, vendendo meno spumanti e champagne e con un notevole decremento nel numero di clienti. Alcuni turisti sono «saliti» prima di mercoledì 23 dicembre, dal 24 al 26 gli ingressi sono stati costanti, più numerosi giovedì 31 dicembre, calma piatta il primo gennaio 2021.

«Complessivamente il 2020 è andato meglio del 2019 grazie a marzo, aprile e maggio con il segno più, visto che circa 700 non residenti hanno trascorso il primo confinamento in Val d’Ayas, e anche a un’ottima estate e a un settembre migliore degli anni precedenti. - riferisce Luigi Fosson - Però l’autunno, e poi dicembre e la prima settimana di gennaio, sono stati investiti da una crisi mai vista. Il problema è farsi governare da chi non conosce la montagna. Per la Val d’Ayas, e le sue peculiarità territoriali, Aosta deciderebbe meglio di Roma e Ayas meglio di Aosta».

Stessa situazione è descritta da Paolo Alliod, Lo Pitit Masel di Periasc, ad Ayas, dove hanno raggiunto le seconde case «giusto 3 famiglie che hanno i figli iscritti allo Sci Club Val d’Ayas». Immaginando che la situazione sarebbe stata questa, la macelleria ha preparato minori quantità di carne e di specialità per le feste.

Meno 75-80 per cento anche per la macelleria Da Ennio e Stefany di Brusson, località dove «sono salite poche famiglie da domenica 20 dicembre a Natale, meno ancora per Capodanno». «Siamo sempre rimasti aperti per offrire un servizio ai residenti, però abbiamo acquistato meno paté, marmellate, funghi o altri prodotti freschi che sarebbero andati a male, e abbiamo preparato meno faraone e polli ripieni», puntualizza il proprietario Ennio Sarteur.

Dalla Val d’Ayas alla Valle del Lys la musica non cambia. Come dichiara Anna Welf di Alimentari Welf di Gressoney-La-Trinité, aperto dal 1960, «Vi è una differenza abissale rispetto agli anni scorsi, meno 90 per cento in meno di gente e di ricavi. Una ventina famiglie sono “salite” dal 20 al 24 dicembre, da Natale in poi sono tornate alle proprie residenze e non sono più salite. Il giorno in cui di solito lavoriamo di più è il 30 dicembre. Quest’anno è bastata una sola persona in negozio, di solito siamo in 4. Abbiamo acquistato meno freschi e specialità natalizie o di Capodanno, neppure i fornitori del resto le avevano. E meno superalcolici, che interessano di più gli stranieri».

«Abbiamo notato qualche turista tra domenica 20 e giovedì 24 dicembre, poi sono scesi per trascorrere il Natale in famiglia e non sono più risaliti», aggiunge Anna Vincent, gestore del Market Valdobbia di Gressoney-Saint-Jean. «Chi entrava in negozio dava la sensazione di stare attento a non spendere troppo. Sono tutti demoralizzati e con poca voglia di festeggiare. Nel mese di dicembre abbiamo calcolato un meno 70 per cento di incassi. Se non partirà lo sci, sarà dura arrivare a fine stagione senza neanche i fine settimana con i turisti».

Jessica Suquet, titolare di E’ Matte Alimentari di Fontainemore, di solito lavora parecchio con il turismo: «Prima di Natale qualcuno è arrivato da fuori Valle per controllare la casa, invece Capodanno è stato un mortorio. Abbiamo riscontrato una minore richiesta di prodotti locali, spumanti e dolciumi. Per il fresco ci siamo regolati come nei giorni in cui abbiamo solo i residenti. Rispetto al primo confinamento, durante il quale si era obbligati a rivolgersi al negozio di paese e in cui il Comune aveva previsto i buoni per le famiglie in difficoltà, abbiamo lavorato di meno».

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