Arside Amadio, il barista che inventò il Tapiro dell’Oriondé

Arside Amadio, il barista che inventò il Tapiro dell’Oriondé
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Arside Amadio aveva ancora la parlata tipica della Romagna. Pur avendo passato a Breuil Cervinia gli ultimi quarantacinque anni la sua voce metteva “a nudo” le origini di cui andava fiero. Accento inconfondibile, simpatia da vendere, ironico e allo stesso tempo molto elegante, Arside Amadio era riuscito in breve tempo a fare breccia tra gli abitanti della Valtournenche e a diventare un personaggio al Breuil, dove dietro al bancone del suo Bar Whymper - e pure al Ristorante La Nicchia, un piano più in basso - sapeva mettere insieme la professionalità e un cuore grande così.

Nato il 26 febbraio del 1958 a Cagli, in provincia di Pesaro e Urbino, era cresciuto a Riccione. A Rimini, invece, aveva frequentato la scuola alberghiera, dove era diventato cameriere provetto. Prima con l’amico Franco Gatti, grazie all’entusiasmo che si può avere solo da ragazzo, decise di lasciare il mare per fare qualche stagione in montagna. Dopo qualche esperienza in Svizzera era arrivato sotto la Gran Becca nel 1975, sicuro di poter racimolare qualche soldo da portare a casa dopo un’estate di lavoro. Invece, come spesso succede, il destino aveva scelto per lui una strada diversa. Si innamorò - ricambiato - di Chiara Meynet e così restò a Cervinia, tra quelle montagne che con un po’ di fantasia gli ricordavano gli anni dell’infanzia che aveva vissuto sull’Appennino che separa Umbria e Marche.

Arside e Chiara si sposarono nel 1983, dal loro matrimonio nacquero i figli Luca e Francesca, ora maestri di sci al Breuil. La famiglia si allargava, il lavoro continuava: da barista al Whymper - divenuto in fretta il bar “da Arside” - a maitre di sala a La Nicchia, lui non si lamentava mai e anzi raccoglieva sempre nuovi clienti che diventavo spesso amici. Inoltre metteva a frutto nuove idee, come quella di Radio Cervinia, la famosa emittente che contribuì a creare alla fine degli anni Settanta con Mario Guidetti e Rino Pascarella. Più tardi, invece, si ispirò alla trasmissione satirica Striscia la Notizia per inventare l’ormai celebre Tapiro dell’Oriondé.

Tutto iniziò al bar, con i clienti che si vantavano di essere saliti al Rifugio Duca degli Abruzzi (all’Oriondé, per l’appunto) a 2.802 metri di quota con tempi da ultratrailers navigati. Arside - da barista consumato - aveva fiutato l’esagerazione e per metterli alla prova organizzò la competizione goliardica nella quale i vincitori - chiaramente con rilevamenti cronometrici diversi rispetto a quelli ipotizzati davanti a un bicchiere di vino - venivano premiati con il tapiro di Canale Cinque.

Anche Arside partecipava alla gara, arrivando però tra gli ultimi. Non che non avesse le “physique du rôle”: sportivo a tutto tondo, preferiva alla corsa in montagna il tennis e il calcio. “Ma non potevo fare il calciatore, perché se mi fossi rotto una gamba avrei dovuto fare il cameriere”, ironizzava dal bancone del suo bar. La sua passione, però, era il ciclismo: con gli amici della Polisportiva Cervinia ha partecipato a tante edizioni della Nove Colli, la celebre granfondo che si sviluppa nella sua Romagna. Spesso e volentieri, durante le basse stagioni, inforcava la bicicletta e andava a caccia di strade inesplorate dove scatenare la sua immensa forza di volontà. Ha pedalato ancora la settimana scorsa, quando dentro di sé sentiva crescere un dolore sempre più difficile da sostenere. Ha trovato una salita con una pendenza a due cifre, ha messo il rapporto più agile che aveva e l’ha scalata tutta, fino in cima. Tornato a casa ha chiuso il Bar Whymper e si è fatto ricoverare all’Ospedale regionale “Umberto Parini” di Aosta, dove è mancato nella giornata di lunedì 19 luglio.

Nel pomeriggio di mercoledì la chiesa del Breuil ha ospitato i suoi funerali: tante lacrime sui visi dei partecipanti, che hanno salutato una persona che a Cervinia ha lasciato un vuoto che sarà difficile da colmare. Arside Amadio lascia la moglie Chiara Meynet, i figli Luca e Francesca, il cognato Antonello Meynet e la suocera Luciana Maquignaz.

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