Aroa Moreno Durán, La Bajamar (Literatura Random House)
Dopo aver scoperto, la settimana scorsa, il finalista italiano e francese del Premio letterario Grand Continent, continuiamo la presentazione delle opere finaliste, tra le quali verrà proclamata la vincitrice domenica 18 dicembre a Courmayeur. Questa settimana andremo alla scoperta delle opere in gara in lingua spagnola e polacca.
Aroa Moreno Durán, La Bajamar (Literatura Random House)
“La bajamar” è il secondo romanzo della scrittrice spagnola Aroa Moreno Durán (nata nel 1981), che ha già pubblicato raccolte di poesie e biografie. Il romanzo si apre con un evento che segnerà il resto della storia, una sorta di canale attraverso il quale tre generazioni di donne si infilano inevitabilmente una dopo l'altra. Tutto inizia con una madre e il suo bambino in un villaggio basco all'inizio del XX secolo. La corrente di un fiume scorre, ruvida, ripida e mortale quando un altro bambino spinge il ragazzo che non sa nuotare. Poi arriva la tragedia: "Con la bassa marea, su un letto di fango, il bambino giace a faccia in giù e con le mani aperte sul terreno nero". In Luce d’Agosto (1932), William Faulkner afferma, attraverso la voce di uno dei suoi personaggi, che i morti sono più pericolosi dei vivi, perché l'uomo "è dai morti che non può fuggire, dai morti che giacciono tranquillamente da qualche parte e non cercano di trattenerlo". Si scopre che la morte del ragazzo, inaspettata e doppiamente raccontata all'inizio e alla fine del romanzo, segna non solo il destino della madre che lo ha visto spirare tra le sue braccia, ma anche quello della figlia, della nipote e della pronipote a cui verrà trasmesso il lutto. Perché non si può sfuggire ai morti.
La qualità maggiore del libro è lo stile nervoso e laconico, che permette un approccio ellittico alla storia, mai fredda, raccontata dai suoi tre protagonisti. L'autore riesce a dare forma a una storia piena di intensità per la durezza dell'esperienza, ma soprattutto per ciò che provoca nel lettore. Improvvisamente, il lettore si commuove per gli eventi familiari che gli vengono rivelati, eventi che sono stati nascosti, taciuti per molto tempo. È proprio questo silenzio che l'autore sa plasmare attraverso le parole, dosando le informazioni, tacendo quando necessario, generando un'atmosfera di tensione, irrespirabile nella minuscola casa. In genere, quando una persona che proviene dalla poesia scrive un racconto, enfatizza le immagini, trascurando la narrazione pura. Provenendo dalla poesia, il merito di Moreno Durán è duplice: nella persuasione e nella verosimiglianza della sua narrativa e anche nell'attenzione al linguaggio, che in nessun momento cede alla faciloneria.
Mateusz PakuLa, Jak nie zabiem swojego ojca i jak bardzo tego zaluje (Nisza)
Mateusz Pakula è uno stimato drammaturgo polacco, “Come non ho ucciso mio padre e perché me ne pento” è la sua prima opera in prosa. Questa storia intima racconta la morte del padre dell'autore, o meglio il processo della sua morte per cancro al pancreas. Una morte lunga, lenta e dolorosa. Il libro di Pakula non è omogeneo ma contiene elementi di diario, dramma e intervista. La struttura di questa storia è disordinata e riflette questa esperienza traumatica.
Un libro sul dolore fisico e sulla morte nella Polonia contemporanea. Onesto, intimissimo, grottesco, brutale, triste e terribilmente divertente. È il diario della morte di un padre, la storia di una famiglia in una situazione limite. È anche un testo che parla di istituzioni in crisi, di una Chiesa e di un servizio sanitario al collasso. Il libro di Pakula è una risposta polemica all'idea comune che la sofferenza nobiliti. È anche un libro fortemente antireligioso, che vede nella Chiesa cattolica la fonte dell'ipocrisia polacca. Nel quasi-diario di Pakula, troviamo altre questioni su cui la Chiesa cattolica ha influenza in Polonia, come i diritti LGBT, l'aborto legale, le questioni relative al corpo e alla riproduzione.
Lo sfondo di questa storia è la vita quotidiana, il lavoro, i rapporti familiari e... la pandemia, dato che il libro si svolge dall'aprile 2019 all'agosto 2020. Pertanto, la storia presentata è molto universale, in quanto riguarda l'esperienza generazionale della perdita dei propri cari durante la pandemia. Ma è anche la storia universale di una famiglia polacca, con nonne traumatizzate dalla guerra, zie devote, fratelli che votano a destra, visioni del mondo divergenti. Perciò è anche una storia di tenerezza e intimità inondata di rabbia, impotenza, disperazione e collera.
L'idea del Premio Grand Continent nasce dal Groupe d'études géopolitiques de l'Ecole Normale Supérieure di Parigi, che pubblica dal 2019 la rivista Le Grand Continent, diretta da Gilles Gressani, grazie a una collaborazione esclusiva con la funivia Skyway Monte Bianco e al sostegno del Consiglio Valle, dei Comuni di Courmayeur e di Aosta e del Geie Tmb, Gruppo Europeo di Interesse Economico del Traforo del Monte Bianco. Ulteriori informazioni nel sito all’indirizzo https://3466.eu/.