Andrea Alborno, documentarista e maestro di Yoga “La natura è un unico flusso vibrante di energia”

Andrea Alborno, documentarista e maestro di Yoga “La natura è un unico flusso vibrante di energia”
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Noi siamo quello che fotografiamo e filmiamo? Molto probabilmente sì, nel senso che - consapevolmente o no - qualsiasi nostra scelta, sia dell’immagine da riprodurre che di come riprodurla, sono in relazione alla nostra sensibilità, alla nostra immaginazione, al nostro mondo interiore, al nostro passato e alla nostra capacità di vedere oltre l’immagine stessa, cioè - in pratica - con ciò che siamo noi. Questa chiave di interpretazione si presta molto bene per comprendere l’arte fotografica, e ora anche video documentaristica, di Andrea Alborno, 58enne residente a Pila di Gressan, e quindi lui stesso. Si tratta di un professionista dell’immagine apprezzato a livello nazionale e internazionale, i cui lavori sono stati pubblicati su prestigiose riviste come National Geographic Traveller, Geo, Airone e Animan, per citarne alcune, in 20 anni in viaggio attraverso il mondo dove ha realizzato particolari reportages in diverse nazioni.

Da oltre 30 anni è anche un insegnante qualificato di Yoga - dopo che per lungo tempo ha seguito gli insegnamenti del monaco vietnamita buddhista zen Thich Nath Hanh - e autore del libro pubblicato nel 2018 “Tantra: dallo Yoga dei sensi al senso dello Yoga”. Nella nostra regione è probabilmente più conosciuto proprio per i seminari di questa disciplina orientale che ha tenuto negli scorsi anni. In queste settimane sta terminando i filmati estivi dedicati a particolari ambienti della Valle d’Aosta e agli esseri viventi, animali e vegetali che li abitano, ma non con l’occhio del documentarista scientifico bensì con quello del cultore della Grande Madre, cioè dello studioso di questa tradizione millenaria che rappresenta per lui una sorta di Yoga della Vita stessa.

«Mi occupo oggi di documentari per la Rai ed altri committenti quali ad esempio alcuni Comuni valdostani. - spiega Andrea Alborno - Tra i temi trattati, quelli naturalistici mi appassionano molto. Infatti ho appena finito di girare alcuni video per la Rai regionale dedicati ai laghi della nostra Valle e al sottobosco. Tra gli specchi d'acqua trattati il lago di Lod ad Antey-Saint-André, il lago di Villa e quello d'Arpy. L'idea non è tanto quella di illustrare scientificamente le specie viventi che trovano il loro habitat accanto al lago o nel suo interno, bensì di posare, attraverso le immagini video, uno sguardo attento anche sull'insieme, dove le specie vegetali e animali fanno parte di un unico flusso di energia e di vita; qui alla competizione darwiniana si sostituisce la collaborazione tra le specie viventi. Ciò è tanto più evidente nel documentario dedicato al sottobosco dove si evince che i funghi, anche quelli velenosi per gli esseri umani, vanno rispettati perché aiutano gli alberi d'alto fusto a creare un network sotterraneo deputato allo scambio di informazioni e nutrimento all'interno della foresta. Il bosco, come sostengono le ultime scoperte in botanica, si rivela così non tanto un insieme di tante unità separate, bensì un solo essere composto di innumerevoli sotto-entità tra loro comunicanti e collaboranti».

«Questa visione moderna - prosegue Andrea Alborno - si rivela molto vicina allo sguardo sulla realtà che i maestri della tradizione tantrica indiana avevano più di mille anni fa: un flusso vibrante all'opera dal microbo alla galassia, un continuum di energia-spirito e materia interdipendenti che solo i nostri sensi separano e la nostra mente vuole classificare. Per quanto riguarda l'aspetto didattico ed etologico mi ha dato la sua collaborazione, con successo e con soddisfazione reciproca, Ronni Bessi, nome d'arte per l'invisibile AlbeRonnolo». Tramite la visione di questi filmati viene proposta inoltre una nuova prospettiva per le prossime escursioni nei nostri ambienti naturali, non più “semplici” passeggiate ma sempre più occasioni di immersione multisensoriali negli stessi. E tutto questo non solo per rigenerarsi ma anche per sentirsi parte di un Tutto dimenticato, per rispettarlo ancora di più soprattutto nelle sue parti razionalmente incomprensibili eppure, come le altre, necessarie.

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