Ancora senza Università otto anni dopo la demolizione delle caserme dedicate agli eroi del Battaglione Aosta Ferdinando Urli e Vincenzo Zerboglio: uno scempio
Il 19 marzo del 2015 iniziarono gli interventi di demolizione del complesso delle caserme Testa Fochi di Aosta. Per chi ama le statistiche da allora sono trascorsi 8 anni e mezzo, oppure 103 mesi o ancora 3.100 giorni e quanto avrebbe dovuto derivare da quella assurda distruzione - cioè la costruzione della nuova sede dell’Università della Valle d’Aosta - non è ancora terminato, anzi qualcuno ha già messo le mani avanti e ha parlato di un rinvio dell’apertura a 2024 inoltrato, perché mancherebbero i collegamenti tecnologici, tra le varie cose.
La manifestazione di oggi, sabato 21, dedicata al centenario della Sezione Valdostana degli Alpini è quindi anche l’occasione per rammentare quello scempio, non condiviso da molti ma approvato all’unanimità da chi all’epoca sedeva in Consiglio Valle. La demolizione di 2 grandi fabbricati sanissimi strutturalmente e ricchi di storia, come le caserme dedicate agli eroi del Battaglione Aosta Ferdinando Urli e Vincenzo Zerboglio, con il senno di poi avrebbe potuto essere evitata, come tanti desideravano, perché la soluzione più semplice sarebbe stata un bel progetto di ristrutturazione, magari architettonicamente audace, in grado - vista la qualità delle costruzioni - di offrire una nuova sede all’Università con una spesa di molto inferiore e soprattutto con tempi di gran lunga più brevi, quattro anni al massimo.
Come spesso avviene si è scelta la strada più tortuosa. Sono state state distrutte le 2 caserme, contenitori di storia e di memoria, e poi anziché dare avvio al progetto completo dell’architetto Mario Cucinella si è tagliato quanto approvato a metà. Così è nato un solo “transatlantico” come lo chiamano gli aostani, quello su via Monte Solarolo, mentre il dirimpettaio su via Monte Vodice non si farà mai, così come il collegamento sulla vecchia piazza d’armi che avrebbe dovuto completare un intervento comunque importante per la città, anche se in molti non lo hanno mai condiviso.
Su quello che era il terreno occupato dalla caserma Urli oggi si trova un triste parcheggio, attraversato sul lato lungo dalla nuova ed inutilizzata pista ciclabile. In questi giorni sono comparse delle bandierine tricolori che, in qualche modo, ricordano quella struttura piena di vita, in grado di ospitare quasi 500 soldati. Gli aostani ancora rammentano quegli alpini alle finestre a fumare e a guardare le ragazze passare, le più belle accompagnate dai fischi di apprezzamento. Cose che oggi potrebbero fare scattare delle denunce, ma che all’epoca le signorine aostane accettavano con piacere tenendo gli occhi bassi.
Tutto è stato distrutto nel 2015 per niente. Con delle scelte diverse, più economiche e meno complicate, già da anni avremmo a disposizione una nuova sede dell’Università aperta e funzionante nelle 2 grandi caserme. La loro funzione sociale sarebbe rimasta quella di struttura al servizio della comunità e non avremmo perso il ricordo delle generazioni di alpini che di corsa salivano e scendevano le imponenti scale interne in pietra. Un luogo dove i giovani avrebbero studiato e si sarebbero formati senza perdere di vista il passato, la memoria anche tragica di molti avvenimenti. Basti ricordare, tra i tanti, che fu in quel luogo che si formarono gli uomini del Battaglione sciatori Monte Cervino prima della partenza per la Grecia e la Russia, un reparto che in ogni occasione viene citato ad esempio nella storia militare italiana.
Eppure è stato cancellato tutto, compreso il monumento che al centro del cortile celebrava il Quarto Reggimento Alpini con la famosa dicitura “In adversa ultra adversa”. Voci - sembra purtroppo fondate - narrano che i pezzi del monumento siano finiti non si sa dove, comunque per ora del monumento e della sua ricollocazione nessuno sa nulla. D’altronde se si sono resi necessari oltre 8 anni per arrivare ad avere una sede non ancora agibile (prima mancavano gli arredi, ora i cablaggi, in futuro chissà cosa altro) non dobbiamo stupirci, come non dobbiamo stupirci del fatto che, avendo dimezzato il progetto nel nuovo Ateneo, già oggi sia evidente che quanto costruito non sarà sufficiente per accogliere l’attività dell’Università della Valle d’Aosta e che quindi dovranno per forza essere mantenute le sedi attuali. Un’assurdità dopo l’altra, malgrado le decine di milioni di euro spesi finora.