Anche in montagna la «city tax» come a Venezia? «Per il turismo servono investimenti, non tasse»

Anche in montagna la «city tax» come a Venezia? «Per il turismo servono investimenti, non tasse»
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Tassa sulla montagna? No, grazie. E’ quasi unanime il parere degli albergatori della Valle d’Aosta sulla proposta, lanciata nei giorni scorsi dal presidente degli albergatori delle Dolomiti, Walter De Cassan, durante la 74esima assemblea nazionale di Federalberghi: introdurre un ticket d’ingresso, come è stato fatto a Venezia: «Per entrare negli immensi parchi americani si paga una tassa, e si potrebbe istituirne una in tutta la zona Dolomiti Unesco, magari anche soltanto di 1 euro, i cui proventi vadano a finanziare la mobilità, la promozione e tutta una serie di iniziative volte a valorizzare questo territorio».

Ipotesi che, inutile dirlo, ha sollevato moltissime polemiche.

«Il tema della “city tax” portato all’attenzione delle cronache a seguito della decisione dell’Amministrazione comunale di Venezia di introdurla in città e ripreso dal presidente di Federalberghi Belluno in occasione dell’Assemblea nazionale che fa capo agli albergatori ed alle strutture ricettive, per proporne una sua applicazione sul territorio dolomitico, è un argomento da trattare con attente riflessioni. - dichiara l’assessore regionale al Turismo, Giulio Grosjacques - La montagna con la sua natura, le sue bellezze e la cultura dei suoi popoli deve offrirsi all’ospite ed al visitatore come un luogo accogliente e rigenerante. Valutare di imporre dei vincoli di carattere economico per poterla frequentare impone agli amministratori locali estrema cautela. Nella nostra regione, al momento, non si pone il problema della limitazione degli accessi, poiché i numeri e le presenze turistiche non sono tali da giustificare un intervento di questo tipo. Sarà tuttavia necessario monitorare costantemente le presenze turistiche sul nostro territorio, soprattutto nelle località maggiormente frequentate e nei luoghi protetti, per valutarne l’impatto ambientale e la conseguente sostenibilità. Questa raccolta dati viene già svolta, ad esempio, nel Parco del Gran Paradiso con il monitoraggio dei flussi turistici con il metodo dei “big data”. Questo progetto studia i movimenti della presenza dell’uomo all’interno delle aree protette per garantirne un’ottimale fruizione turistica nel rispetto delle caratteristiche naturalistiche delle aree stesse. Questa è la strada da percorrere per poi ottenere degli elementi oggettivi, sui quali riflettere, per assumere le decisioni opportune che non dovranno necessariamente essere quelle di introdurre una tassa sulla montagna». Sulla stessa linea di pensiero Luigi Fosson presidente dell’Adava, l’associazione di categoria che raduna gli operatori della ricettività turistica. «Per ciò che riguarda la stagione invernale, - afferma Luigi Fosson - anche se quest’anno abbiamo riscontrato un aumento di presenze, per il momento non si pone il problema del sovraffollamento, poiché la stagione risulta comunque ben distribuita lungo tutti i mesi interessati. Per quanto concerne l’estate abbiamo ancora margini di crescita, e dovremmo cercare di ampliare la nostra offerta per meglio distribuirla nell’arco temporale, puntando come già ribadito in altre occasioni, sulla destagionalizzazione. In questo modo tutti potrebbero godere delle nostre montagne, e dei benefici che regalano».

Una proposta interessante e sicuramente da approfondire. E’ questa l’opinione del referente Adava di Courmayeur, Alessio Berthod. «Potrebbe essere applicata in situazioni specifiche come ad esempio a Courmayeur in Val Veny e Val Ferret dove l’applicazione di una tariffa d’uso andrebbe a generare delle entrate interessanti da investire in servizi e progetti finalizzati allo sviluppo, mantenimento e tutela delle valli stesse. Tariffe d’uso che dovrebbero giustamente escludere chi paga già la tassa di soggiorno ed eventuali residenti in valle d’Aosta», precisa l’albergatore.

«Già la stagione estiva si è accorciata molto anche in montagna, e l’estate è poco sfruttata, se si aggiungesse anche una tassa, scoraggeremmo ulteriormente i turisti. - sostiene Jeannette Bondaz, referente Adava per la città di Aosta - A mio avviso, sarebbe un ulteriore limite per non aiutare i territori. Personalmente, almeno nella situazione attuale, non andrei ad aggiungerei altri costi. Quello che servirebbe in realtà sono politiche di aiuto per i giovani, per aiutarli e rimanere a lavorare in Valle d’Aosta. Al momento, per quanto possa valutare, nella nostra regione c’è ancora ampio margine di crescita».

«Come amministratore pubblico, penso anche ai costi che dovrebbero sostenere gli uffici preposti per effettuare i controlli, in un momento storico in cui c’è già carenza di personale. - aggiunge Davide Perrin assessore di Torgnon e rappresentante Adava per Torgnon, Antey, Chamois e La Magdeleine - Mi pare azzardato fare un paragone con Venezia, dove sicuramente si può parlare di usura delle infrastrutture da parte di una moltitudine di turisti. Senza contare che anche a livello di immagine, introdurre una tassa, non sarebbe il massimo per la nostra regione».

«A livello turistico trovo l’idea controproducente. Non è di sicuro il momento per introdurre una tassa sulla montagna. - sostiene Herman Buchan referente Adava la zona di Ayas - Per pagare anche solo 1 euro, la gente potrebbe decidere di andare al mare. Vorremmo promuovere le montagne ed essere interessanti e accattivanti per i nostri ospiti. Tutto questo non potrebbe avvenire introducendo un’ulteriore tassa che sarebbe comunque difficile da gestire da tanti punti di vista. Una simile soluzione credo possa funziona a Venezia dove la gente pensa di pagare per salvare la città, ma è difficile applicare nelle località di montagna. Paghiamo già tante tasse in Italia, per il turismo non servono altre tasse, servono investimenti».

Infine secondo Carlo Motto Ros, referente Adava di Saint-Vincent, è difficile valutare se la proposta che arriva dalle Dolomiti sarebbe adattabile alla Valle d’Aosta. Il rischio: rendere certi luoghi sempre più elitari.

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