Alla riscoperta degli antichi “secret”
Nell’ottica della rivalutazione del patrimonio etnico-antropologico di Ayas, l’assessore al Turismo Corinne Favre ha ideato una conferenza, che si è tenuta sabato scorso, 12 marzo, all’auditorium MonterosaSpa di Champoluc, su “I Secret - Formule di guarigione in uso in Valle d’Aosta”: la ricercatrice Fiorenza Cout ha raccontato uno degli aspetti meno noti della cultura alpina. Per scrivere l’omonimo saggio, pubblicato nel 1999 e disponibile in italiano solo nelle biblioteche e in libreria nell’edizione francese, Fiorenza Cout ha fatto ricerche in tutta la Valle d’Aosta, cercando di parlare con chi era depositario in ogni Comune dei “secret”, che in Bassa Valle si chiamano “preghiere”. «Inizialmente dovevo fare capo al parroco o al sindaco per poter incontrare le persone che avevano questo dono. - ha spiegato Fiorenza Cout - Posso dire di essere fiera di aver sdoganato le formule di guarigione. All’inizio, quando andavo a presentare il libro, notavo timore e sospetto perfino nel pubblico, come se si trattasse di magia nera. In realtà in queste persone si notano una particolare vicinanza al mondo divino e la capacità di donare senza chiedere nulla, sicuramente non soldi, soprattutto quando questo era esplicitato nella stessa formula. Tradizionalmente si ringraziava la persona detentrice del “secret” con un pezzo di formaggio o di burro, o con 2 cucchiai di caffè da macinare. Spesso erano persone che già nel 1999 avevano tra gli 80 e i 90 anni e che oggi non ci sono più. Non è un obbligo trasmettere la formula. Se si ritiene che nessuno sia adatto a ricevere il dono, essa può anche andare persa. A volte il “secret” deve restare in famiglia. Non basta avere la formula perché funzioni, dev’essere stata donata dall’alto. Di solito si andava da una persona del proprio villaggio, talvolta la pratica avveniva per telefono».
Un tempo si conoscevano e si rispettavano queste pratiche, che erano un aiuto per calmare il dolore in caso di cadute o scottature o per fermare un’emorragia, e facevano parte delle consuetudini del villaggio. Poi il benessere, la chiesa e la medicina ufficiale hanno un po’ cancellato la tradizione, bollata come qualcosa che non serve o addirittura non fa bene. Pare addirittura che le donne che nel Medioevo avevano subito processi per stregoneria avessero tali formule. E’ innegabile però che siano parte integrante del bagaglio culturale della Valle d’Aosta.