Alessando Paroncini, il commerciante di legna e carbone che si appassionò al collezionismo

Alessando Paroncini, il commerciante di legna e carbone che si appassionò al collezionismo
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Passo veloce, Sandro Paroncini solcava con leggerezza e sveltezza le vie del borgo di Sant’Orso. Difficile stargli dietro perché ad Alessandro, classe 1928, avevano insegnato che il tempo è denaro e che perdersi in inutili chiacchere non serviva proprio a niente. Nato a Arvier, il 26 aprile del 1928 appunto, perché il papà Santino dalla Val Brembana era salito in Valle d’Aosta per occuparsi delle vaste partite di legname che i boschi dell’alta valle, dalla Valgrisenche alla Val Veny, offrivano alle segherie tra gli anni Venti e gli anni Quaranta. Esperto nella costruzione delle teleferiche per il trasporto a valle dei tronchi, Santino Paroncini lavorava in proprio, spesso in accordo con la famiglia Corgnati che deteneva una sorta di monopolio sulle foreste da Morgex in su.

Fu proprio Sandro - secondogenito dopo Adolfo del 1924 e prima di Franco del 1933, Ilde del 1941 e Valerio del 1945 - ad affiancare il padre nella sua attività che, dal taglio dei boschi, passò a quella di commerciante di legna da ardere e di carbone. Il deposito era al bordo del Buthier, in fondo all’attuale via Esperanto a due passi dall’Arco di Augusto. I Paroncini - commercianti di legna, di carbone e di carbon coke, di kerosene - in breve tempo diventarono i maggiori fornitori della città, organizzando pure trasporti in tutti gli altri paesi, anche lontani, come Gressoney, dove il carro trainato dai cavalli arrivava dopo ore di strada.

Ad organizzare papà Santino con i suoi figli Adolfo e Sandro, poi alcuni operai, ma era Sandro che conosceva tutto e tutti ad Aosta. Ricordava, con una memoria prodigiosa, scala per scala chi abitava nei diversi fabbricati perché al tempo la legna da ardere e il carbone venivano consegnati a domicilio, le grosse forniture con i carri, quelle piccole - la stragrande maggioranza - con le ceste e i sacchi, su e giù da quelle scale, e poi via di corsa al deposito per un nuovo carico e altri clienti.

Sandro Paroncini, entrando nelle case degli aostani, cominciò a conoscere le belle cose, mobili e oggetti, così crebbe in lui la passione per il passato. Divenne collezionista e creò all’ultimo piano della sua casa di via Esperanto quello che lui chiamava “il mio museo”, una stanza piena di testimonianze della Valle d’Aosta del Settecento e dell’Ottocento, con preziosi album di fotografie, palette del burro, calamai scolpiti in legno e in pietra ollare, peltri con il rarissimo stemma del Ducato di Aosta, lanterne, orologi. Di ogni cosa ricordava da dove veniva e così rammentava pure i volti e le figure di coloro che, ormai scomparsi, gli avevano permesso di salvaguardare una memoria materiale che sarebbe sicuramente andata dispersa.

All’inizio degli anni 2000 l’impresa dei Paroncini chiuse, rimasero le vaste rimesse coperte e l’ufficio dove tante interminabili partite di belote erano state giocate. Sandro continuò a solcare con passo rapido il pavé del borgo e ogni sera lo si poteva incontrare per la quotidiana passeggiata in compagnia degli amici. Fino a che non ha mollato e così lunedì scorso, 16 ottobre, Sandro Paroncini è passato nella dimensione della memoria.

Sandro Paroncini ventiquattrenne nel 1948 a fianco dell’Arco d’Augusto con un imponente tronco trasportato ad Aosta e, sotto, in occasione del suo novantacinquesimo compleanno il 26 aprile scorso

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