Addio a Renato Gini, ha salvato dall’oblio la memoria di tante vite
Era il 1931 ed Emilio Gini da Monteforte d’Alpone di Verona fu il primo della sua famiglia a diventare dipendente della Nazionale Cogne, carrettiere addetto al trasporto del minerale che da Colonna di Cogne passava per Acque Fredde di Gressan per essere calato fino allo stabilimento, dove i carri con i cavalli lo trasferivano al trattamento. Suo figlio Remigio, classe 1917, divenne giovane operaio nel 1934 nel comparto termico e Renato, nato ad Aosta il 12 gennaio del 1947, li seguì dopo il diploma di perito elettrotecnico conseguito ad Ivrea: era l’inizio degli anni Settanta. Fino al 2004 la storia della Cogne è stata pure la storia degli uomini della famiglia Gini, sino a quando Renato è andato in pensione da responsabile della sicurezza dell’intera fabbrica.
Per oltre settant’anni i Gini hanno sviluppato all’interno della grande azienda la cultura della precisione, meticolosi e attenti, responsabili ed affidabili. Renato in particolare aveva pure la grande capacità di ascoltare, di ricordare. Sin da bambino era assorbito dalle storie dei suoi vecchi, del Veneto della povertà, di Bassano del Grappa il paese della mamma Flora Ferraro, dell’Aosta di un tempo e della guerra, quella che aveva visto Remigio - sotto le armi dal settembre del 1938 - dal maggio 1940 con il Battaglione Bolzano sul fronte occidentale e poi da ottobre in Albania sul fronte greco-albanese dove passò momenti terribili, per passare in Montenegro e in Francia, dove l’8 settembre 1943 lo colse l’armistizio che fece lui un internato in diversi campi di prigionia in Germania sino alla liberazione da parte degli americani nel marzo del 1945. Rientrato a fine giugno del 1945 a Bassano, tornò ad Aosta alla Cogne e il 21 aprile del 1946 sposò Flora, la ragazza che aveva conosciuto prima di partire per l’Albania.
Renato Gini si sposò a sua volta nel 1973 con Ilda Centomo, insieme hanno cresciuto il loro ragazzo Stefano nato nel 1978 (fisioterapista e osteopata con studio a Borgnalle) ed insieme hanno cercato un rifugio in montagna. Così Pallais di Etroubles è diventata la loro casa da maggio a ottobre, il villaggio dalle case con le porte sempre aperte, dove Renato ha trovato tante amicizie, a cominciare da quella con Lucien Marguerettaz, classe 1913, un uomo che gli ricordava le storie di papà Remigio e con il quale instaurò un rapporto speciale. Proprio pensando al quaderno con le memorie del padre, quelle pagine che avevano condensato sette anni di naia e di guerra, Renato Gini decise che i racconti di Lucien dovevano essere preservati. Fu l’inizio di un lungo percorso che lo portò in tante altre case e che dopo l’incontro con Umberto Mattone costituì il primo nucleo di quello che sarebbe diventato “Soldats”, il libro di testimonianze dei militari valdostani nella Seconda Guerra Mondiale, pubblicato nel 2011.
Quella di raccogliere le storie fu una passione che per Renato Gini arrivò dopo altre. Amava la fotografia, la sua precisione lo portò all’intaglio del legno, frequentando dal 1984 al 1994 la scuola diretta dal maestro Carlo Jans, divenendone istruttore nel 1992 e partecipando a decine di fiere di Sant’Orso, dal 2004 con la pensione si avvicinò alla pittura, intraprendendo un suo personale percorso con diversi insegnanti. Poi arrivò quel momento in cui realizzò che il tempo per molti era prossimo alla scadenza e che quindi non si poteva lasciare un patrimonio di memoria destinato ad essere perduto. Si dedicò a raccogliere le storie, ad ascoltare e a trascrivere, a scendere a Torino periodicamente per recuperare i fogli matricolari dei soldati valdostani per collegare date e luoghi, per aiutare molti parenti che nel frattempo avevano saputo di questa sua disponibilità.
Grazie a Renato Gini tante storie sono uscite dal riserbo, da cuori che avevano preferito nascondere quei momenti tristi, quelle immagini di morte. Con lui gli anziani si sono rivelati, raccontando storie mai dette, tornando indietro negli anni, è stato un bel lavoro per l’entusiasta Renato, che poi ha voluto raccontare pure Pallais, quel villaggio che per lui è casa, un rifugio sicuro, tanto da intitolare il suo libro “Il Regno di Pallais”, una ricerca molto apprezzata, condita dalla sua simpatia, che traspare da ogni pagina, quasi visiva, immaginando lui e i suoi vecchietti, come il centenario Lucien Marguerettaz, davanti a un bicchiere di buon vivo.
Mercoledì 26 giugno Renato Gini sarebbe dovuto rientrare a casa dopo un intervento chirurgico perfettamente riuscito all’Ospedale di Aosta, invece un’improvvisa polmonite lo ha portato alla morte venerdì scorso. A noi che lo abbiamo conosciuto piace pensare, dopo averlo salutato mercoledì pomeriggio nella chiesa di Saint-Martin de Corléans, vicino a dove abitava, che sia andato nel regno di Pallais quello alto, più alto di tutti, a raccontare storie e ad ascoltarle.