Addio a Gabriele “Rambo” Vuillermin Ispirò tante pagine di Paolo Cognetti

Addio a Gabriele “Rambo” Vuillermin Ispirò tante pagine di Paolo Cognetti
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A Brusson e ad Ayas tutti ricordano Gabriele Vuillermin detto “Rambo” per la bandana, il basco, gli abiti militari che era solito indossare e per la corporatura robusta da gigante buono, morto prematuramente, a soli 58 anni, lunedì scorso, 16 agosto, dopo essere stato colpito da un malore nel suo alpeggio sopra Estoul, nella zona di Palasina. A nulla è servito l’intervento dell’elicottero. Lascia le sorelle Fernanda, Ines ed Ermina, la ex moglie Antonella Chiolino, che lavora alla Fromagerie Haut Val d’Ayas di Brusson, i tre figli Simon di 30 anni, Didier di 29, papà della piccola Margot, e Charlotte di 26.

Da sempre agricoltore e gestore di alpeggio, ultimamente non teneva più le bovine, ma lavorava sia d’estate sia d’inverno alla seggiovia, aiutando con disponibilità i più piccoli a scendere. A sua volta aveva un cuore un po’ da bambino. Personaggio originale, icona del montanaro per eccellenza - «Il mare non l'ho mai visto e non è che ci tenga particolarmente» aveva detto una volta in un'intervista radiofonica -, il volto scolpito dal vento e dal sole di alta quota di Gabriele era stato ritratto nel 2011 dal fotografo Luigi Gariglio per la mostra Alp_Age organizzata dalla Regione al Castello di Ussel. Amava la vita in alta montagna ma stava volentieri con gli amici, era burlone ma pure profondo. Era di cuore, disponibile ad aiutare chi viveva negli alpeggi vicini, a detta di tutti lascia davvero un vuoto. Era parte dei “breutzonet”, parlava di vecchie storie, della gente e della vita di una volta.

La figura di Gabriele Vuillermin ha ispirato lo scrittore Paolo Cognetti, suo grande amico, per la stesura de “Il Ragazzo Selvatico-Quaderno di Montagna”, saggio pubblicato nel 2013, dove un capitolo è dedicato a lui, e anche di “Le Otto Montagne”, premio Strega nel 2017, per il personaggio di Bruno.

Per lo scrittore milanese, amante della Val d’Ayas, era tra i tre amici più cari di Brusson, la prima persona che lo aveva accolto, facendogli conoscere la vita degli alpeggi. «Era molto socievole, gli piaceva stare in compagnia e fare amicizia, anche con i forestieri come me. - racconta Paolo Cognetti - Ci siamo conosciuti per caso, durante una passeggiata. Entrambi da soli, abbiamo iniziato a frequentarci a casa sua, io amo cucinare e ascoltare storie, lui raccontarle, ci siamo trovati. Sembrava uscito da un’altra epoca. Aveva scelto di vivere fuori dal tempo, lavorava in alta quota come 50 anni fa. Non gli piaceva stare a Brusson. Appena si scioglieva la neve, andava all’alpeggio per 5 o 6 mesi, in una zona molto aperta e soleggiata, oltre che panoramica sul Mont Nery e il vallone di Frudière. Un luogo che gli assomigliava. In casa non aveva l’acqua né il bagno, aveva una vasca fuori, galline e conigli. Non si è mai spostato dalla Val d’Ayas, tranne che per il servizio militare a Pinerolo, per un periodo di lavoro, sempre nell’agricoltura, a Brissogne, e per un breve giro a Milano 2 anni fa, ma aveva un amico in ogni paese della Valle d’Aosta. Il giorno delle Batailles des Reines tutti andavano a salutarlo».

La WildSide, casa di produzione che ad Ayas sta girando il film “Le Otto Montagne” tratto dall'omonimo libro di Cognetti, ha reso omaggio a Rambo, che collaborava attivamente con la troupe, facendo l’autista di fuoristrada, realizzando un quadro con la foto di Gabriele e con le loro firme, consegnato durante il funerale che è stato celebrato nella chiesa parrocchiale di Brusson mercoledì 18 agosto.

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