Ad Ayas negli alberghi pioggia di disdette per gennaio Negozianti disperati: “Inutile stare aperti senza turisti”

Ad Ayas negli alberghi pioggia di disdette per gennaio Negozianti disperati: “Inutile stare aperti senza turisti”
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Togliere i turisti a una valle che vive di turismo - e negare la possibilità stessa di varcare i confini dalle regioni limitrofe - senza considerare che la Valle d’Aosta ha dimensioni ridotte e un turismo interno quasi inesistente, equivale a decretarne la morte civile. E dà il la a una serie di paradossi, tra cui quello dei negozi che sono formalmente aperti, ma in cui non entrano clienti o ne entrano i due terzi di meno rispetto agli standard delle vacanze invernali. O quello degli hotel che non sanno se aprire o meno a prescindere dall’avvio della stagione sciistica. Questi ultimi, dall’idea iniziale di riaprire giovedì 7 gennaio, sono tutti fermi e in attesa di certezze dal Governo, non tanto per la possibile apertura degli impianti di lunedì 18 gennaio, quanto per la libera circolazione tra le regioni, e in particolare tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

«Gli alberghi e i bed and breakfast sono in una situazione di grave preoccupazione, solo quelli delle regioni più grandi potranno essere contenti dell’avvio della stagione sciistica.- dichiara la rappresentante Adava Elena Becquet - Tutte le prenotazioni per gennaio sono state cancellate o rinviate a data da destinarsi. E non si può procedere con l’assunzione degli stagionali. Alcune strutture pensano già di aver perso l’intera stagione».

«Abbiamo tenuto chiuso nelle vacanze poiché, essendo in zona rossa, avevamo anche i ristoranti chiusi, che per un bed and breakfast sono essenziali, non potendo i nostri clienti consumare i pasti in camera. Ora tutte le prenotazioni che avevamo a partire dal 7 gennaio sono state annullate o posticipate. - conferma Elisa Commod, proprietaria del B&B Petit Coeur, aperto nel 2012 con 5 camere a Champoluc - Abbiamo lavorato bene fino a settembre, mentre già ottobre e novembre - che di solito rendono, almeno nei fine settimana - sono andati male».

Liliana Burgay, proprietaria di Nouvelle Coiffure di Champoluc, in 35 anni di attività non aveva mai attraversato un periodo di crisi così lungo: «Sono passata da 500 euro al giorno di incasso a 50/60 quando va bene, un decimo della media delle vacanze di Natale in anni normali. Non sono saliti neppure i villeggianti delle seconde case, che il 20 dicembre avrebbero potuto ma, senza la molla dello sci, hanno preferito restare in città. Posso capire che il Governo di Roma non conosca e non capisca la montagna, però la Regione sa bene qual è la situazione nelle valli, ben diversa da quella del centro di Aosta dove un po’ di passaggio comunque c’è, e ciò nonostante non fa nulla in termini di ristori. Io ho ricevuto solo 400 euro a ottobre, pur tenendo sempre aperto, anche per offrire un servizio ai residenti. Sono più le spese che devo sostenere che i ricavi. La prospettiva che a gennaio si debba chiudere nei fine settimana è davvero sconfortante».

Secondo Susanna Romanelli, titolare da 25 anni di Marisport e Officine, negozio di articoli sportivi di Champoluc, le attività commerciali legate all’abbigliamento hanno un handicap in più: il magazzino, che è la voce di spesa più pesante. «Se gli alimentari possono acquistare e assumere il personale a seconda delle aperture e dei flussi di clientela, noi abbiamo effettuato gli ordini quasi un anno fa, in tempi non sospetti, e ora dobbiamo pagare i fornitori, che a loro volta devono pagare i produttori. - sottolinea - Abbiamo il negozio pieno di merce, ma non entra nessuno. E’ inutile avere la possibilità di aprire, se poi le persone non possono spostarsi da una regione all’altra».

Ha riaperto lunedì scorso, 4 gennaio, Emilio Crocetti, proprietario di Horizons di Brusson, perché nelle vacanze di Natale potevano stare aperti solo i negozi di articoli tecnici per lo sport, non quelli di abbigliamento: «Poco importa che io abbia anche tute da sci, la mia tipologia di esercizio doveva restare chiusa, anche se tendenzialmente vendiamo tutti gli stessi articoli. L’auspicio è che i ristori siano decisi in relazione ai mancati fatturati e non ai periodi di chiusura. Sarebbe stato meglio dare ai commercianti dei rigidi protocolli da seguire, senza impedire di lavorare. Così si è creata una grande confusione tra giorni di apertura e giorni di chiusura e non sempre sono comprensibili le motivazioni delle regole anti Covid. Anche il divieto di praticare lo sci alpinismo senza la guida, vigente solo in Valle d’Aosta, non mi trova d’accordo, poiché solo il 3 per cento di tutti gli interventi di soccorso riguarda questa disciplina e bisognerebbe piuttosto trovare nuovi motivi di attrazione per portare turismo, illuminando le piste anche di notte, non vietandone l’utilizzo perfino di giorno».

Anche dal fronte dei negozi di alimentari non tira una buona aria, come spiega Alex Fosson, proprietario della macelleria salumeria Fosson di Antagnod: «Riusciamo ad andare avanti perché abbiamo il macello e prepariamo la carne anche per le persone del posto. Certo, le vendite al banco sono crollate dell’80 per cento nelle vacanze di Natale: se di solito macellavamo 16 vitelloni per la vendita diretta, quest’anno ne sono bastati 2. Nel periodo da lunedì 7 dicembre a mercoledì 6 gennaio abbiamo solitamente realizzato metà dell’incasso annuale. Quest’anno ci siamo inventati le consegne a domicilio, pure fuori regione, ma non è stata una strategia risolutiva: abbiamo riscontrato che i clienti preferiscono venire in negozio per fare la spesa. A Antagnod nelle seconde case saranno salite solo poche famiglie, qualcuno che poteva permettersi di lavorare in “smart working”, sono numeri che non spostano l’ago della bilancia».

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