A Tavagnasco la straordinaria storia del geologo Luca Bindi che ha trovato in natura i “quasicristalli” ritenuti solo artificiali

A Tavagnasco la straordinaria storia del geologo Luca Bindi che ha trovato in natura i “quasicristalli” ritenuti solo artificiali
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Un progetto avversato dalla comunità scientifica e inficiato dall’incredulità degli esponenti della Nasa, un viaggio avventuroso in una remota regione della Russia per verificare l’attendibilità delle teorie, un eclatante successo finale che ha aperto inediti scenari di studio e indagine per la ricerca. E’ questa l’incredibile esperienza vissuta dal geologo toscano Luca Bindi, titolare della cattedra di Mineralogia e Cristallografia dell’Università di Firenze, direttore del dipartimento di Scienza della Terra all’ateneo e ricercatore di geoscienze al Cnr, ospite giovedì 18 novembre scorso alla Confraternita del Gesù per presentare il suo libro “Quasicristalli - L’avventura di una scoperta”, incentrato sul racconto della spedizione da lui stesso organizzata nel 2012, assieme al collega Paul Steinhaldt dell’Università di Princeton e al Cnr, alla volta della Russia Orientale, lungo il fiume Kathyrka, sotto i monti Koryak. Qui si sarebbero dovuti trovare campioni di quasicristalli originatisi in natura, cosa che avrebbe rivoluzionato l’attuale convinzione che si potessero ottenere solo in laboratorio.

«l quasicristalli - ha spiegato Luca Bindi, intervistato dalla giornalista Paola Principe - sono solidi cristallini il cui schema atomico costituisce un reticolo di punti aperiodico, ogni cella ha configurazione differente dalle celle tutt’intorno. Si sono ottenuti solo artificialmente, in esperimenti di laboratorio. La domanda che mi sono posto era se potessero esistere anche in natura, sotto determinate condizioni geologiche, e la risposta è stata incredibile». Sì perché, nonostante il contrastante e duro parere contrario dei ricercatori della Nasa, coinvolti nella spedizione assieme ad un team russo, Luca Bindi è riuscito ad appurare che il quasicristallo rinvenuto nei fanghi argillosi del fiume avrebbe avuto un’origine extraterrestre, trasportato sulla Terra da un meteorite precipitato sul nostro pianeta circa 15.000 anni fa e proveniente dalla cintura asteroidale tra Marte e Giove, dove si è formato 4,5 miliardi di anni fa. Una scoperta rivoluzionaria, che ha messo a tacere ogni tentativo di discredito, consegnando il ricercatore italiano ai fasti del Premio Presidente della Repubblica nel 2015 e del Premio Aspen nel 2018. «Abbiamo conseguito un importante riconoscimento internazionale, - ha ricordato Luca Bindi - si sono aperti nuovi scenari di ricerca, ora siamo appoggiati da tutti e possiamo continuare a indagare, ci hanno addirittura omaggiati in una serie televisiva di Netflix».

Un’avventura straordinaria, anche se massacrante, in cui si sono alternati momenti di grande sconforto e stimoli a continuare nel duro lavoro di ricerca, nella convinzione di essere nel giusto. «Quando il Caltech dimostrò l’origine extraterrestre del reperto fu per me il momento più bello, che mi fece dimenticare i disagi patiti dai duri attacchi della Nasa di tre anni prima. Adesso possiamo anche usufruire di materiale un tempo secretato inerente le prime esplosioni nucleari, fenomeni che parrebbero favorire la creazione di quasicristalli». Luca Bindi non è nuovo alle visite a Tavagnasco, presente alle passate edizioni delle Giornate Mineralogiche organizzate dall’Ami. «Tavagnasco è sempre riconoscente verso chi si pone come ambasciatore del sapere. - ha dichiarato il sindaco Giovanni Franchino - E’ un onore avere Luca Bindi qui con noi». Un sentimento ricambiato dal professore, che ha rimarcato come un profondo legame lo unisse a Tavagnasco, basato su un forte rapporto umano e comunitario. «E’ motivo di vanto, per me, l’evento del 2014 che ha portato ben 1.028 studenti entusiasti della materia alla palestra comunale del paese», ha concluso il geologo.

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