A quasi cento anni si è spento Dante Verdi decano dell’Avis, ex combattente e reduce
Martedì scorso, 21 dicembre, nella chiesa dell’Immacolata ad Aosta, parenti, amici, conoscenti e donatori di sangue dell’Avis hanno salutato per l’ultima volta Dante Verdi. Per pochi mesi non ha tagliato il traguardo dei 100 anni, essendo nato a Fabriano, in provincia di Ancona, il 25 maggio 1922. È mancato nella Casa di riposo J.B. Festaz nella serata di sabato 18, dopo che la sua tenace fibra aveva resistito per giorni al progressivo logoramento di quella mente che, invece, in occasione del 99esimo compleanno, si era rivelata ancora lucida. In quella lieta occasione, alcuni membri del Direttivo della Sezione Avis di Aosta, con il presidente Aldo Meinardi, lo avevano festeggiato in qualità di decano dei donatori di sangue. Dante Verdi, infatti, è stato un entusiasta avisino iscritto dapprima alla Sezione di Milano quale socio benemerito e poi a quella di Aosta, totalizzando una settantina di donazioni, l’ultima delle quali all’età di 63 anni, il che è sinonimo di salute di ferro e di un carattere autenticamente altruista. In quella circostanza Dante Verdi aveva sottolineato come donare il sangue lo avesse fatto sentire bene fisicamente e moralmente. Si era detto onorato della attenzione dimostrata nei suoi riguardi e fiero di far parte di quella che aveva definito «… l’Associazione più bella di tutte» sottolineando la grande importanza racchiusa nel gesto della donazione.
Oltre a un trascorso da volontario del sangue, Dante Verdi aveva anche un passato da ex combattente e reduce, simboleggiato da una bustina grigioverde ornata di nastrini delle medaglie per le campagne di guerra effettuate che durante i funerali è stata posta sul feretro. Infatti, giovane perito agrario impiegato alla Banca d’Italia, quando fu chiamato alle armi aspirava a diventare alpino. Invece, ironia della sorte, fu assegnato ad un Gruppo ippotrainato del 155esimo Reggimento artiglieria della Divisione “Emilia”, di presidio alle Bocche di Cattaro in Montenegro. Rievocava con una risatina i grotteschi approcci con i cavalli, animali con i quali lui, come altre reclute, non aveva dimestichezza. Fortunatamente le sue conoscenze topografiche gli avevano consentito di rimanere al Comando a Igalo, nei pressi di Hercig Novi - italianizzato in Castelnuovo -, risparmiandogli così gli orrori della guerriglia e della controguerriglia. Dopo l’armistizio riuscì ad imbarcarsi per l’Italia e fece parte del rinato Esercito regio cobelligerante a fianco degli Alleati. Come artigliere scelto capopezzo combatté a Montelungo con il 1° Raggruppamento motorizzato italiano, vedendo un amico cadergli accanto, e poi in altre località del centro Italia. Dopo la liberazione di Bologna e in forza all’11° artiglieria del Gruppo di Combattimento “Mantova”, ottenne il congedo per sostenere gli esami all’Università di Perugia.
Nel dopoguerra Dante Verdi era tornato al suo impiego alla Banca d’Italia. Le sue sedi di lavoro furono Milano, dove abitò per quasi 30 anni, e Aosta. Con la moglie Luciana Cattarossi, sposata il 3 giugno 1989, figlia di Giuseppe Cattarossi, un maresciallo maggiore degli alpini udinese, azzurro di atletica leggera - tra i primi a formare l’allora Scuola Centrale militare di alpinismo di Aosta -, ha costituito una coppia particolarmente affiatata.