A Pontey l’ultimo saluto al maestro Giovanni Lavoyer

A Pontey l’ultimo saluto al maestro Giovanni Lavoyer
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La scuola, l’amministrazione comunale, la parrocchia, l’associazionismo, il carnevale, il presepe. Non c’è un settore della vita comunitaria di Pontey che non abbia avuto Giovanni Lavoyer tra i suoi protagonisti. L’ultimo saluto a quello che per tutti, in paese, era “il Maestro”, viene dato oggi, sabato 10 aprile, alle 10, in quella chiesa parrocchiale che si trova proprio di fronte alla casa in cui è sempre vissuto con la sorella Emilia. Una chiesa che - sempre insieme ad Emilia - ha contribuito con un impegno straordinario a mantenere bella e accogliente per tutti, braccio destro dei vari parroci che si sono succeduti in tanti anni.

Aveva 96 anni Giovanni Lavoyer, quando ha chiuso gli occhi per sempre nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi, 7 e 8 aprile. Eppure, da amante della vita, continuava a fare progetti concreti per il futuro, da qui a vent’anni, come l’idea di vedere realizzata la strada per raggiungere il suo “mayen” a Gimiod: a chiunque andasse a trovarlo tirava fuori il faldone con tanto di foto, disegni e progetti che conservava gelosamente nel suo studio.

Nato il 13 agosto del 1924 - secondo dei cinque figli di Vincenzo Aristide Lavoyer e Marietta Bich - è stato per tutta la vita maestro elementare formando generazioni di “pontesan”. Preciso ed esigente, era il classico maestro di una volta, che insegnava di tutto e che sapeva trasmettere ai propri alunni l’amore per il territorio e per le tradizioni del paese, prima di tutto per il patois di cui - innovatore per l’epoca - cercava anche di fare apprendere la corretta grafia. Vividi in questi giorni sono tornati nella memoria di tanti i ricordi delle uscite alla ricerca del muschio per il presepe da fare a scuola e dei giorni trascorsi a preparare - sotto la sua guida - il fantoccio del Ferpafrapa, ideato proprio da lui, che poi veniva bruciato al culmine dei festeggiamenti del Carnevale.

Uomo di servizio, è stato amministratore comunale per quarant’anni, vicesindaco dal 1970 al 1980 e assessore dal 1980 al 1985 nella Giunta guidata dal sindaco Francesco Verthuy, concludendo la propria carriera politica come consigliere nel 2005. Fu tra i promotori della nascita, nei primi anni Ottanta, del locale consorzio di miglioramento fondiario, di cui è stato lo storico presidente.

«Era un punto di riferimento per Pontey, è una grande perdita per la nostra comunità. - commenta il sindaco Leo Martinet - Anche io sono stato suo alunno, lui seguiva in particolare le classi quarte e quinte».

Ad andare a scuola con il maestro Lavoyer è stato pure Rudy Tillier, sindaco dal 2005 al 2020. «Siamo stati la sua ultima classe prima che andasse in pensione, nella prima metà degli anni Ottanta. - conferma Tillier - Era un insegnante rigoroso ma che sapeva stimolare l’interesse dei suoi alunni spaziando in diversi argomenti e coltivando sempre le tradizioni. Strenuo difensore del patois, è stato tra i promotori della partecipazione della scuola di Pontey a tante edizioni del Concours Cerlogne. Il più bel ricordo che ho di lui è legato proprio all’edizione del Concours che si è svolta a Pontey nel mese di maggio del 2017: lo premiammo per il suo impegno nella diffusione del francoprovenzale. Salendo su quel palco, davanti a tutti quei bambini, era emozionatissimo».

Con l’allora parroco don Pio Aguettaz, fu lui a introdurre a Pontey la tradizione del presepe in chiesa, passando poi il testimone a Serafino Servodidio, che ha affiancato per tanti anni occupandosi con particolare cura della disposizione delle centinaia di personaggi. «Era straordinariamente preciso, ho imparato tanto da lui. - dice Serafino Servodidio - Era una brava persona e sono molto dispiaciuto per la sua scomparsa. Ora sarà sicuramente in paradiso». Memoria storica del paese, collaborò alla stesura del volume “Pontey - Storia e immagini di una comunità”.

Uomo impegnato e rispettato in pubblico, era dolce e affettuoso in famiglia. «Noi pronipoti ricordiamo le bellissime estati alla “montagnetta” di Gimiod, la casa senza corrente elettrica che si raggiungeva solo a piedi, con il gelso centenario su cui ci arrampicavamo. - ricorda la pronipote Noemi Epiney - Lo zio Giovanni e la zia Emilia ci viziavano. Lui era appassionato di fotografia e ci scattava tante foto che sono rimaste come bellissimi ricordi».

Amante del buon cibo e del buon vino, grande raccontatore di storie e di aneddoti, uomo di fede e di notevole apertura mentale come tutti i suoi fratelli, aveva la casa pieni di libri e di enciclopedie. Ma pure di tanti quaderni dei suoi alunni, che custodiva come un piccolo tesoro. Aveva delle arnie a Pontey e produceva il miele lui stesso.

Nel 1996 era scomparso suo fratello maggiore Marcello, che è stato per tanti anni - fino al 1972 - parroco a Issime.

Lascia il fratello Camillo, le sorelle Carmela ed Emilia e i nipoti Gianni e Vincenzo Epiney e Silvana e Paola Lavoyer.

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