A Bard il punto sui ghiacciai valdostani: «Sono come una malattia cronica, da monitorare continuamente»
In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, sabato scorso, 11 dicembre al Forte di Bard, si è tenuto il convegno «I ghiacciai valdostani: risultati delle ricerche e dei monitoraggi condotti nel 2021», evento promosso da Associazione Forte di Bard, Regione e Fondazione Montagna Sicura (FMS), di cui Guido Giardini e Jean-Pierre Fosson sono, rispettivamente, presidente e direttore generale. Nel corso del convegno i partner aderenti alla Cabina di Regia dei Ghiacciai valdostani (CRGV) hanno riferito sulle iniziative istituzionali di monitoraggio sui ghiacciai, dai dati rilevati alle indicazioni climatiche, fino alle iniziative di ricerca e alle attività di gestione di situazioni di rischio glaciale. Oltre a essere risorsa idrica importantissima, i ghiacciai sono tra i più sensibili indicatori climatici. Il loro costante arretramento conferma l’attuale trend di aumento delle temperature e la fragilità dell’ecosistema in cui viviamo. La Valle d’Aosta ha un terzo della superficie glaciale a livello nazionale, con circa 180 ghiacciai, di cui 5 «sorvegliati speciali»: lo sperone della Brenva che evidenzia crollli di roccia che influiscono sui ghiacci, il seracco Whymper (Grandes Jorasses), il Planpincieux, il ghiacciaio Cherillon in Valtournenche e il lago glaciale di Grand Croux, a 2.690 metri di quorta in Valnontey.
In particolare, è stato presentato «sottoZERO», il primo report annuale sull’evoluzione nell’ultimo ventennio della criosfera (l’insieme di tutti i territori in cui si trova l’acqua allo stato solido) in Valle d’Aosta a cura della CRGV, disponibile sul sito di Fondazione Montagna Sicura, che da ora in poi avrà una cadenza annuale. E’ composto da 14 indicatori, suddivisi in 5 macro-aree: ghiacciai, rischio glaciale, permafrost, risorsa idrica nivale e meteo. Nel 2020 sono stati contati 184 i ghiacciai superstiti, dai 216 che erano nel 1999, con 32 ghiacciai persi in 21 anni. Nello stesso intervallo di tempo, si sono persi 34 chilometri quadrati di superficie glaciale, pari a una riduzione di 1,6 chilometri quadrati all’anno (meno 22 per cento). Nel 2020 le fronti dei ghiacciai osservati si sono ritirate mediamente di 15 metri: un altro anno negativo, seppur meno sfavorevole degli anni precedenti (meno 21 metri). Anche il bilancio di massa (che esprime le variazioni di volume di un ghiacciaio tramite le differenza tra l’accumulo nevoso invernale e la fusione estiva di neve e ghiaccio) ha avuto il segno meno nel 2020. Il suolo ad alta quota (3.100 metri di quota, Colle Superiore delle Cime Bianche) in estate si è scongelato fino a una profondità di 6,7 metri: il 34 per cento in più della media (5 metri era la media nel periodo 2008-2020). Indicativa del caldo in alta quota è la temperatura della vetta del Cervino, più 1,12 gradi: era meno 3,75 il valore medio del periodo 2011-2020. In generale, il 2020 è stato di 1,1 grado più caldo della media 2002-2020 (più 0,6 l’estate). Le precipitazioni medie regionali sono risultate inferiori al solito: meno 21 per cento di precipitazioni totali annue e meno 25 per cento per la cumulata annua di neve fresca.
I cambiamenti osservati a livello alpino includono il ritiro dei ghiacciai, la degradazione del permafrost e la diminuzione della permanenza del manto nevoso al suolo, che hanno impatti diretti su territori e popolazioni di montagna, dall’aumento dei rischi naturali agli impatti sull’economia e il benessere di intere regioni (disponibilità delle risorse idriche e vulnerabilità del turismo invernale).
«E’ come se fosse una malattia cronica, da monitorare continuamente», ha dichiarato Guido Giardini. «Il cambiamento climatico porterà delle opportunità - più caldo in città, più flussi in montagna - ma anche un aumento del rischio. Occorre modificare, ognuno per la propria parte, gli stili di vita e aumentare la resilienza dei popoli di montagna, a partire dalle nuove generazioni e dai progetti con le scuole».
Al convegno sono intervenuti anche Ezio Marlier, presidente delle guide alpine - «E’ fondamentale che continuino tali studi glaciologici, che offrono dati che sono uno strumento essenziale per capire come adeguarci a questi cambiamenti repentini» - e Paolo Comune, direttore del Soccorso alpino valdostano, che ha ricordato il migliaio di interventi l’anno con l’elicottero, che nel periodo invernale ha anche l’unità cinofila.
«Questo approfondimento sul tema dei ghiacciai e sugli effetti del cambiamento climatico ci dice dove stiamo andando e fornisce alla politica dei dati per riparametrare politiche e investimenti pubblici», ha concluso l’assessore regionale al Turismo Jean-Pierre Guichardaz. «Come dimostra anche il nuovo progetto di funivia Pila-Couis, che percorrerà un dislivello di 923 metri in 13 minuti, il cambiamento climatico tenderà a rendere sempre più difficile la pratica dello sci e a innalzare la quota del turismo sciistico, che vale un terzo del Pil regionale».