False testimonianze durante il processo Geenna Udienza preliminare per i quattro finiti nei guai

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Si è chiusa martedì scorso, 28 settembre, con la richiesta di 3 riti abbreviati e di 1 patteggiamento l'udienza preliminare per l'inchiesta per falsa testimonianza aperta nel dicembre scorso, dopo la trasmissione degli atti del processo Geenna da parte del presidente del Tribunale di Aosta Eugenio Gramola. Hanno scelto il rito abbreviato l'ex dirigente del Casinò de la Vallée Valter Romeo, difeso dall'avvocato Oliviero Guichardaz, e i fratelli Daniele e Luciano Cord, assistiti dall’avvocato Filippo Vaccino.

Ha presentato istanza di patteggiamento, invece, Pasqualina Macrì, difesa anche lei dall'avvocato Filippo Vaccino. Il processo è poi stato rinviato a martedì 18 gennaio.

Era stato lo stesso Tribunale di Aosta, a termine del processo di primo grado a segnalare indizi del reato a carico dei 4 testimoni accusati di non aver detto la verità durante il dibattimento. Il fascicolo era stato affidato al pm Luca Ceccanti. Gli indagati hanno sempre respinto le accuse.

Le ipotesi di reatoAlessandro Giachino, all'epoca collega di Valter Romeo - poi divenuto direttore delle pubbliche relazioni al Casinò di Montecarlo - e nel settembre 2020 condannato a 11 anni per associazione mafiosa nel processo Geenna, si offrì per provare a vendere un orologio Bulgari da 2.500 euro che il manager voleva cedere. Quell'orologio però passò a Marco Fabrizio Di Donato - uno dei vertici della locale di Aosta per il gup di Torino, che lo ha condannato a 9 anni - e da allora Valter Romeo non lo ha più rivisto, senza incassare denaro. Dai colloqui tra Marco Di Donato, Alessandro Giachino e il ristoratore Antonio Raso (condannato a 13 anni) emerge che volevano «Consegnarlo a Rosario Strati in pagamento di un debito pregresso». Valter Romeo «È risultato così intimorito» da Marco Di Donato e «Dai suoi sodali» da «Non avere neppure il coraggio di interpellarlo» e per «Evitare qualsiasi problema al riguardo ha addirittura preferito, a distanza di anni dall'accaduto, rispondere genericamente e con reticenza alle domande» in aula, sostiene la magistratura.

Invece i fratelli Cordì, secondo il Tribunale di Aosta, hanno ricevuto «Un preciso avvertimento di natura mafiosa» dal gruppo Raso-Di Donato, che chiedeva loro di affidare a un cognato di Raso dei lavori edili. Sentiti come testimoni hanno però riferito di una situazione di «Assoluta normalità» mantenendo fede al «Codice d'onore 'ndranghetista». La vicenda di Pasqualina Macrì riguarda la somma di 100 euro ricevuta - dopo l'arresto di suo figlio Luigi Fazari - da parte di Antonio Raso, per il tramite della madre, sua vicina di casa a San Giorgio Morgeto. Il passaggio di denaro è una forma di «Assistenza agli affiliati detenuti» - è ancora la convinzione dei giudici - ma la testimone ha voluto far credere al tribunale che fosse destinato «Alle brioches dei figli del Fazari».

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