Sessant’anni fa «La tragedia di Monza»: cinque furono le vittime di Arnad e Issogne

Sessant’anni fa «La tragedia di Monza»: cinque furono le vittime di Arnad e Issogne
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Il 10 settembre di sessant’anni fa era una domenica. Quella mattina da Arnad partirono due auto - un’Alfa Romeo Giulietta e una Fiat 500: sulla prima guidata da Renato Janin presero posto Carlo Rolland, Rinaldo Girod ed Augusto Valleise, sulla seconda Renzo Girod con la moglie Armanda Duguet, sua sorella Franca Duguet e la loro cugina Claudia Polonioli, per tutti Dina.

La destinazione era Monza, per assistere al Gran Premio automobilistico di Formula Uno, e nessuno di loro poteva neppure lontanamente immaginare a quale terribile tragedia stavano andando incontro. A raccontare quel viaggio è Carlo Rolland, che all’epoca aveva diciott’anni e che ora vive a Pont-Saint-Martin, dopo un passato lavorativo all’Olivetti. «Arrivati a Cavaglià, la Giulietta di Renato si è fermata e malgrado fosse domenica abbiamo trovato un meccanico che ci ha aiutati. Il problema era la dinamo e quell’uomo in officina di ne aveva una rigenerata proprio della Giulietta. Così il nostro viaggio è proseguito, pensi Il destino: trovare proprio quel giorno, di domenica, quel pezzo particolare, altrimenti ci saremmo dovuti fermare ed organizzarci per tornare a casa.»

«Invece - continua Carlo Rolland - arrivati a Monza ci siamo riuniti con il gruppo di Renzo Girod e abbiamo pranzato nel parco, un picnic, mentre si svolgevano le gare minori, prologo della Formula Uno. Renato Janin che era veramente un grande appassionato di motori, oltre che essere stato concorrente sulle due ruote nell’“Aosta-Gran San Bernardo”, spiegò che posizionarci alle curve di Lesmo avrebbe potuto essere pericoloso e quindi lo seguimmo lungo il rettilineo che precedeva la curva di Vedano, l’attuale “parabolica”.»

Quando la gara partì il gruppo dei valdostani si accorse che gli spettatori assiepati lungo la recinzione erano troppi e quindi, per vedere meglio, chiesero di salire sul tetto di una Fiat 600 posizionata parallela al tracciato. «In effetti - ricorda Renzo Girod, che nel 1961 aveva ventotto anni, autotrasportatore, attualmente risiede ad Issogne - dopo il passaggio del primo giro, considerata la scarsa visibilità e la vicinanza delle auto, abbiamo parlato di aspettare il secondo passaggio e poi di spostarci sulla “parabolica”, di nuovo il destino. Non ne abbiamo avuto il tempo!»

Wolfgang Von Trips quella domenica a Monza, nella penultima gara della stagione, è alla ricerca del risultato che gli consenta il successo finale della Formula Uno. In stagione ha già vinto due volte - a Zandvoort il Gran Premio d’Olanda e a Aintyree quello di Gran Bretagna - e ha collezionato due secondi posti, tanto da essere al comando della classifica piloti con 33 punti, contro i 29 di Phil Hill, statunitense suo compagno di squadra alla Ferrari. Il tedesco Von Trips è un volto noto per gli appassionati valdostani di motori, visto che il 1° settembre del 1957, quattro anni prima, si è piazzato secondo assoluto nell’edizione conclusiva dell’«Aosta-Gran San Bernardo», alla guida di una Porsche 2000 superato negli ultimi metri dallo svizzero Willy Daetwyler su Maserati. Chissà se Von Trips e Renato Janin si sono incontrati ad Aosta oppure al Gran San Bernardo? Non lo sapremo mai…

Quello che conosciamo purtroppo è che, al secondo giro, la Ferrari di Von Trips si trova in quarta posizione e viene agganciata dalla ruota anteriore sinistra della Lotus del britannico Jim Clark, alla sua prima stagione in Formula Uno. L’auto del tedesco schizza quindi verso il terrapieno, capovolgendosi e volando in aria, ma di fatto l’inclinazione del terreno e la recinzione di bordo pista la respingono, facendola tornare indietro. Tuttavia le sue ruote anteriori sono riuscite per un tempo brevissimo a passare sopra la rete grigliata, lasciando a terra morti e feriti.

«Io - commenta Renzo Girod - ho fatto un volo di venti metri e mi sono rotto le mandibole e ferito alla testa. Mi sono salvato perché avevo abbassato la testa per vedere i passaggi attraverso le gambe di un uomo alto che si trovava davanti a me, sono così stato colpito in faccia. Sul colpo invece sono morti Augusto Valleise, Franca Duguet e Dina Polonioli.»

«All’arrivo delle auto di Von Trips e Clark - rammenta Carlo Rolland - le persone che si trovavano davanti a noi hanno gridato di stare attenti perché si erano toccate. Io ho sentito un forte colpo allo stomaco e sono stato catapultato all’indietro, tanto che mi sono trovato in fondo al terrapieno. Sul momento sono rimasto come intontito e non ho avuto nessuna reazione. Poi ho visto Armanda Duguet, con le braccia aperte, che cercava il marito tra i feriti ed i morti. Ricordo ancora oggi l’impronta della rete metallica stampata sul viso e sul petto delle persone colpite.»

La fotografia di Armanda Duguet disperata nel suo bel vestito estivo bianco della festa tra i morti ed i feriti fa il giro del Mondo e rimane ancora oggi l’immagine più eloquente e drammatica di quella che presto diventa «La tragedia di Monza». Il bilancio è sotto gli occhi di tutti ed è terribile, Wolfgang Von Trips è morto e con lui molti altri, anche se il primo bilancio è per forza parziale. Comunque, incredibilmente, la competizione non viene fermata e alla fine vince Phil Hill, gara e titolo mondiale.

«Siamo stati soccorsi in ritardo - dice Renzo Girod - senza neppure fermare la corsa. Sono venute a prenderci delle autoambulanze e sono stato trasportato all’Ospedale di Monza.» «Armanda è stata subito aiutata - evidenzia Carlo Rolland - e calmata con un’iniezione visto che era sotto choc. Così mi sono trovato da solo e ho cercato una cabina telefonica, da lì ho chiamato Attilio Girod che aveva uno dei pochi telefoni di Arnad per avvisare di quello che era successo. Una coppia mi ha poi aiutato ed accompagnato in auto all’Ospedale di Monza, dove all’obitorio ho dovuto riconoscere i miei amici morti. Sono stato pure intervistato dalla Rai per la televisione e, per fortuna, alla sera è andato in onda il servizio. Renato Janin, a casa sua, aveva già il televisore e così i suoi familiari vedendomi hanno avvisato subito mia mamma, che mi credeva morto. Peraltro Renato era ricoverato ed anzi le sue condizioni erano in miglioramento. In ospedale sono stati gentili perché hanno dato a me e ad Armanda un letto per la notte visto che eravamo rimasti noi due da soli.»

Le prime vittime valdostane a Monza furono quindi Augusto Valleise, venticinquenne falegname di Arnad, la diciottenne Franca Duguet e la ventinovenne Dina Polonioli, entrambe di Issogne. Domenica sera però alla triste lista si aggiunse Rinaldo Girod, cugino di Renzo, diciannovenne di Arnad impiegato all’Olivetti di Ivrea, ricoverato in condizioni disperate.

«Lunedì mentre ero a letto in ospedale - rammenta Renzo Girod - un ammalato vicino leggeva il giornale e ha commentato ad alta voce “Poverini questi valdostani». Così ho saputo quello che era successo, compreso il fatto che fosse morto pure mio cugino Rinaldo.»

«Lunedì - ricorda Carlo Rolland - da Arnad sono partiti in tre che avevano la patente, tra i quali Enrico Vaser, per recuperare le nostre due auto ed io sono rientrato con loro. Anche il nostro priore Donato Nouchy scese per portarci conforto. Appena rientrato a casa e abbracciato mia mamma, sono scoppiato in lacrime ed ho pianto per più di mezz’ora, tanta era la tristezza e la tensione che avevo dentro di me.»

Il dolore tuttavia era destinato ad ampliarsi. Martedì 12 a Monza più di cinquantamila persone parteciparono commosse ai funerali delle prime nove vittime riconosciute, tra le quali sfilarono i feretri di Augusto Valleise, Franca Duguet e Dina Polonioli. Poi i carri funebri partirono alla volta della Valle d’Aosta: mercoledì 13 le esequie ad Issogne di Franca e Dina, nella mattinata di giovedì 14 a Arnad il lungo corteo accompagnò Augusto Valleise e Rinaldo Girod al nuovo cimitero, dove furono i primi ad essere inumati (vedi foto d’antan a pagina 59). Tra le migliaia di partecipanti al rito funebre, figurava pure Amelia Mattaini, la moglie di Renato Janin, salita appositamente da Monza anche per rassicurare le due figlie, l’undicenne Mariolina ed Anna di sette, visto che il marito non era in pericolo di vita, anzi aveva una prognosi di trenta giorni, per la contusione cranica e le varie fratture. Quindi finita la funzione, Amelia Mattaini partiva per Monza accompagnata dal sindaco di Arnad nonché zio di Renato, Pietro Rolland. All’arrivo alle 17 al nosocomio lombardo veniva informata dell’improvvisa morte di Renato, avvenuta appena venti minuti prima.

Così Arnad continuava a vestire il lutto. Il funerale di Renato Janin portava altre migliaia di persone affrante nel nuovo cimitero domenica 17 settembre. D’altronde, l’imprenditore trentacinquenne di Barme, titolare di un’avviata azienda per la produzione di materiali edili, era assessore comunale dal 1956, eletto in consiglio a Arnad per tre mandati consecutivi, sin dal dopoguerra, dopo l’esperienza di lotta partigiana. Noto con il nome di “Ardito” era un coraggioso e lo aveva dimostrato soprattutto quando il posto di guardia al colle di Vert tra Challand e Arnad venne attaccato nella primavera del 1945: caduti i due partigiani che erano con lui, pur ferito ad una gamba riuscì a disimpegnarsi e a dare l’allarme. Lo stesso coraggio metteva nelle sue uscite in moto, come nelle competizioni, fino a quando non era diventato padre e aveva avuto l’idea di iniziare a produrre materiali per l’edilizia in un momento di forte espansione del mercato in Valle d’Aosta.

Con la morte di Renato Janin salì a sedici il numero delle vittime del tragico incidente di Monza, Wolfgang Von Trips e quindici spettatori. Parecchi altri dovettero aspettare mesi prima di ristabilirsi come appunto Renzo Girod: «Dopo una decina di giorni sono stato portato da Monza all’Ospedale Mauriziano di Aosta poi dopo un mese, visto che avevo sempre la febbre, mi hanno trasferito alle Molinette a Torino dove finalmente hanno riscontrato che avevo i denti incastrati nelle mandibole e perciò soffrivo tanto. Lì mi hanno operato».

Se la corsa di Formula Uno quella domenica 10 settembre non venne interrotta, non di meno l’incidente di Monza scatenò grandi polemiche sull’opportunità di simili eventi e sulla questione della sicurezza nelle gare automobilistiche, già eliminate dalle strade dopo la strage del 1957 alla Mille Miglia causata dalla Ferrari di Alfonso De Portago, con la morte di undici persone. Un altro aspetto incredibile della vicenda fu quello legato alle assicurazioni. «Fortunatamente - conclude Renzo Girod - trovarono i biglietti di entrata all’autodromo nella tasca della giacca di Renato Janin, così i parenti delle vittime hanno ricevuto degli indennizzi, anche se non molto elevati rispetto a quello che noi tutti avevamo perduto quella maledetta domenica a Monza.»

Ringraziamo per la preziosa collaborazione che permette di rinnovare a distanza di sessant’anni esatti il ricordo per un tragico evento che colpì profondamente la Valle d’Aosta e soprattutto lasciò nel dolore le comunità di Arnad e di Issogne, i due protagonisti di quella terribile giornata, Renzo Girod e Carlo Rolland, poi Augusta Champurney e Cesare Cossavella, che hanno raccolto le loro testimonianze, quindi Wilma Costabloz, Sergio Lateltin ed Augusto Valleise, che dallo zio scomparso a Monza ha ereditato il nome e l’arte del mestiere del falegname.

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