«Non solo ragioni economiche dietro la fuga dei medici dalla Valle d’Aosta»
Le defezioni sono ormai all’ordine del giorno ed a queste - riguardanti sia i medici che gli infermieri - si aggiungono eventi inaspettati, come la morte improvvisa dell’urologo Renato Bertolin, oppure programmati, come l’arrivo della pensione: è di questa settimana quella dell’ortopedico Riccardo Zimara. Si tratta per lo più di scelte di vita, di scelte come quella del bravissimo primario di Urologia Sandro Benvenuti di andare a lavorare in un ospedale modernissimo - quello della Versilia, in un reparto di eccellenza - vicino alla sua residenza di La Spezia, come spinto dalle stesse motivazioni ha lasciato il primariato di Oculistica Roberto Orsi, altro medico di alto livello, neo primario a Torino dell’Ospedale Maria Vittoria. Numerosi sono gli addii già annunciati che metteranno sicuramente in crisi reparti che avevano raggiunto un’elevata efficienza come Urologia, Ortopedia, Oculistica, senza contare il Pronto Soccorso dove da mesi la situazione è critica.
Quindi cosa fare? Come provare ad arginare un problema che comunque il numero chiuso delle Università italiane di medicina ha reso nazionale e chiaramente non solo valdostano. La ricetta - secondo Carlo Poti, responsabile della struttura di Medicina nucleare, nonché referente dell’Anpo, l’Associazione Nazionali Primari Ospedalieri in Valle d’Aosta - è quella di sviluppare le eccellenze cliniche e di dare la possibilità di carriera ai giovani, per fare in modo che la nostra regione diventi più attrattiva nelle professioni medico sanitarie.
«La questione del reclutamento, e di tutte le strategie per l’attrattività verso di noi, cioè l’Ospedale “Umberto Parini” e l’Ospedale Beauregard, è una cosa che stiamo valutando sia in ambito politico che aziendale. - spiega il dottor Poti - Come Anpo, abbiamo delle opinioni al riguardo che sono abbastanza in linea con l’azienda Usl della Valle d’Aosta, ma ritengo giusto sottolineare che questo problema, ovvero quello di un mercato del lavoro in ambito sanitario che produce più domanda che offerta, è una tendenza nazionale e non solo valdostana, visto che la scarsità di medici riguarda tutte le regioni italiane.»
Comunque questa fuga di medici dalla Valle d’Aosta esiste o no?
«Detta così suona male. Certamente è un problema generale e non solo della Valle d’Aosta. Con i nostri piccoli numeri due medici che vanno via fanno molto più rumore di trenta medici che fanno la stessa cosa in Lombardia o in Piemonte. Non la metterei proprio in termini di fuga, direi più che altro che è un fenomeno diffuso in tutta Italia e che qui in Valle d’Aosta, in una realtà più piccola, viene notato da tutti.»
Che cosa comporta la perdita di medici per la Valle d’Aosta?
«Comporta il fatto che se non si metteranno in atto delle contromisure allora non si riuscirà a lavorare come tutti noi vorremmo. Chi rimane è sottoposto a ritmi di lavoro più pressanti e questo non va bene in termini di qualità del lavoro. Perciò ne stiamo parlando e vogliamo trovare delle soluzioni, il prima possibile però, in modo da risolvere la situazione in tempo senza aspettare che sia troppo tardi.»
Se il problema dell’attrattività riguarda tutta Italia, dove vanno questi medici?
«Vanno nel posto dove stanno meglio, alcuni anche all’estero, soprattutto i giovani medici. Noi non dobbiamo impedire loro di andare a fare esperienza, ma dobbiamo fare in modo di essere competitivi. Perciò sarebbe bello se un giovane medico che è stato all’estero scegliesse di tornare in Valle d’Aosta perché qui trova le stesse condizioni di eccellenza. Allo stesso modo per i medici che si specializzano in Italia bisogna studiare delle opportunità affinché scelgano per lo stesso motivo la Valle d’Aosta, ovvero perché qui esistono le condizioni per lavorare bene.»
La questione economica, come sostiene l’assessore Roberto Barmasse, è così fondamentale?
«È importante però non è l’unico problema. L’assessore Barmasse ha fatto questa affermazione tuttavia quando lo abbiamo incontrato abbiamo analizzato anche tutto il resto. Penso che Roberto Barmasse sappia benissimo che non è l’unico problema. Non deve passare il messaggio che come medici siamo dei mercenari e che pensiamo solo ai soldi. L’aspetto economico non va trascurato - ad esempio nella Provincia di Bolzano un medico percepisce in media mille euro netti in più che in Valle d’Aosta - ma c’è soprattutto il resto: ovvero la possibilità di carriera, l’opportunità di lavorare in centri di eccellenza per sviluppare tecniche all’avanguardia o per compiere interventi chirurgici particolari. Non possiamo fare di tutto all’Ospedale di Aosta perché non siamo un policlinico, piuttosto bisogna sviluppare dei reparti di eccellenza per attrarre dei professionisti capaci, in sostanza l’attrattività è una strategia multifattoriale ed è quella da seguire.»
Come referente del sindacato cosa si aspetta dalla politica nei prossimi mesi?
«Noi siamo già in assoluta sintonia con l’assessore Barmasse, perché lui conosce molto bene questi argomenti ed insieme a noi si sta impegnando per trovare delle soluzioni. Stiamo facendo fronte comune tra azienda Usl, sindacato e politica. Siamo solo all’inizio comunque se il buongiorno si vede dal mattino, siamo convinti che da quanto abbiamo impostato arriverà a risultato positivo.»
Quali tipi di eccellenze potrebbe avere la sanità valdostana?
«Queste sono strategie che l’azienda Usl della Valle d’Aosta valuterà caso per caso. Ciascun direttore di struttura ha degli ambiti di interesse, ognuno ha il suo. Fare un elenco non avrebbe molto senso. Si tratta di un processo di miglioramento continuo.»
Cosa ne pensa dell’esame di conoscenza della lingua francese, è davvero un ostacolo?
«È un argomento molto delicato, non va amplificato e nemmeno sottovalutato. E’ una questione di rilevanza costituzionale e quindi seria e importante, e noi come Valle d’Aosta abbiamo le nostre particolarità. Posso solo dire che, avendo letto certe critiche sulla verifica di conoscenza, a mio avviso la prova di francese non dovrebbe diventare un fattore selettivo che escluda i professionisti. Bisognerebbe dare la possibilità ai medici che scelgono di venire nella nostra regione di studiarlo il francese prima di escluderli, magari attraverso la frequentazione obbligatoria di specifici corsi. E’ un argomento che non si può illustrare in poche righe.»
In sostanza, come bisognerebbe agire nell’attuale situazione della sanità valdostana?
«L’obiettivo è quello di rendere attrattiva la Valle d’Aosta dal punto di vista sanitario. Fondamentale è la possibilità di carriera. Poi quella di ricevere una formazione di alto livello. Per un medico il fatto di lavorare in Valle d’Aosta deve essere un’occasione per imparare e quindi per migliorarsi. Questo significherebbe appunto sviluppare delle eccellenze, lavorando ai massimi livelli, in modo che un giovane medico cresca sia a livello professionale che personale. E solo così potremmo trattenere chi già lavora ad Aosta, migliorando pure il clima all’interno dell’Usl valdostana. E’ quello in cui crediamo tutti, anche se siamo consapevoli che molto può essere ancora fatto, quindi ribadisco che l’incentivazione economica è importante e necessaria, ma non è l’unico o il preminente aspetto di questa ampia problematica.»