“Non deve passare il messaggio sbagliato: inseguire record in montagna è pericoloso”
Il doppio record - Monte Bianco e Monte Rosa - nello spazio di 8 giorni ha fatto conoscere al mondo Manuel Merillas, ex sci alpinista spagnolo che tra giovedì 12 e venerdì 20 agosto è andato a ritoccare i primati di salita e discesa di 2 delle vette più rappresentative della Valle d’Aosta.
Gli exploit del portacolori del Team Scarpa non devono però fare pensare che imprese del genere siano alla portata di tutti. Paolo Comune, direttore del Soccorso Alpino Valdostano, proprio alla vigilia della seconda prestazione dell’atleta iberico aveva asserito durante una serata a Valpelline che “La larga diffusione di sport di corsa in montagna, come lo skyrunning o il trail running, sta mettendo in forte difficoltà il soccorso alpino, anche in Valle d'Aosta.” “Le gare non ci stanno aiutando - ha sostenuto Paolo Comune - e vi sono tante persone a piedi, in tutina, che vanno su e tornano giù. C'è un distinguo enorme tra una gara e quando sei da solo. La gara prevede un'organizzazione, la messa in sicurezza del percorso e una presenza degli addetti al soccorso dislocati in vari punti”.
Un discorso relativo ai trail che però può essere rielaborato anche per i record come quelli di Manuel Merillas. “Capisco la necessità di “fare” la prestazione sportiva. - evidenzia Paolo Comune - D’altra parte, tuttavia, è necessario che non passi il messaggio sbagliato, ovvero che si può salire e scendere dal Monte Bianco o dal Monte Rosa in poche ore”.
in faccia a nessuno”
Paolo Comune è chiaro nel trarre le sue conclusioni in merito alla questione di Manuel Merillas. “Spero che questo ragazzo abbia preparato bene le sue prestazioni, avvalendosi della collaborazione di esperti di montagna. Voglio chiarire una cosa: bisogna sempre rispettare le regole, anche quando si è un campione. Immagino che non abbia affrontato dei pezzi su ghiacciaio in cordata con nessuno, e questo sostanzialmente è un errore che può costare caro”.
Meglio lasciare perdere situazioni del genere, quindi? “Io dico solo che la montagna non guarda in faccia a nessuno. Puoi essere una guida esperta e sbagliare, puoi essere uno straordinario skyrunner e avere un incidente. Il rischio zero non esiste. Immagino che questo ragazzo abbia studiato i percorsi, sia andato in ricognizione su ogni centimetro del suo tracciato, anche perché senza farlo difficilmente avrebbe potuto fare dei tempi così. E’ stato bravo, senza dubbio, ma la gente deve capire che il rischio è alto. Una prestazione del genere non è alla portata di tutti, anzi direi l’esatto contrario: in pochi, pochissimi, possono provare a realizzare cose del genere. Il Cervino è più tecnico, Monte Bianco e Monte Rosa sono montagne più semplici da scalare e dopo i record delle scorse settimane non vorrei che anche altre persone, impreparate, si mettessero in testa di provare a salire e scendere un Quattromila in poche ore, con una tuta da runner e senza assistenza”.
alla montagna”
Paolo Comune è chiaramente dalla parte giusta, visto che ogni giorno - soprattutto in estate - deve fare i conti con i tanti, troppi incidenti che si verificano sulle nostre montagne. Pure Bruno Brunod, icona dello skyrunning, comunque non è troppo convinto dal nuovo approccio alla montagna che sta prendendo piede. “Forse adesso sono più vecchio e vedo le cose diversamente - spiega Bruno Brunod, che dal 1995 al 2013 ha detenuto il record di scalata del Cervino in 3h14’ poi migliorato dal catalano Kilian Jornet Burgada - però a mio avviso il modo di vivere la montagna è cambiato. Io sono cresciuto in altura, fin da bambino andavo in alpeggio e ho imparato a vivere in un contesto naturale diverso dagli altri. La montagna allora era una cosa di pochi, adesso è una sorta di moda. In questi ultimi anni ho visto gente che è stata sedentaria per 40 anni inventarsi ultratrailer e pretendere risultati in 6 mesi. Non è così che funziona”.
Bruno Brunod ha conosciuto, nella fase finale della sua carriera agonistica, il mondo dei trail. “La cosa che mi lascia perplesso è pensare che le gare di 20 chilometri adesso siano considerate corte, poco probanti. Sono tanti 20 chilometri in montagna, sono faticosi, e tutti dobbiamo ricordarcene. Vanno di moda le lunghe distanze, ma bisogna essere preparati al massimo per affrontarle. E anche quando si è al top della condizione il rischio zero non esiste e occorre esserne coscienti”.
Sulla prestazione di Manuel Merillas, Bruno Brunod sottolinea quanto “La differenza, oggigiorno, si fa soprattutto in discesa. Per raggiungere questi risultati bisogna essere dei fenomeni, e questo ragazzo sicuramente lo è, ma sul Rosa e soprattutto sul Bianco appunto in discesa è stato super”. Altri tempi e altri materiali rispetto ai record precedenti? “Può essere - conclude Bruno Brunod - e in un certo senso la ricerca che si compie per queste prestazioni può aiutare le aziende a sviluppare le linee di abbigliamento e di equipaggiamento per il futuro. Spero solo che si sia fatto aiutare da dai professionisti: quando ho realizzato il record sul Cervino, nel 1993, il percorso era stato tracciato dalle guide, che mi hanno aiutato in tutte le mie prestazioni. E non parlo solo di Valle d’Aosta, parlo in generale: dovunque sono andato mi sono affidato a chi conosceva quei luoghi meglio di me. Lavorando con queste persone, affidabili e capaci, ho costruito i miei record. Ricordandomi sempre che in montagna, anche se sei preparato al meglio delle tue condizioni, il destino non è sempre nelle tue mani”.